Programma dal 14 al 22 settembre 2024

Letture: Isaia 50,5-9a / Salmo 114 / Giacomo 2,14-18

Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

 

Dal Vangelo secondo Marco (8,27-35)

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».

Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.

Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 14 18.30
  • Vivi e defunti fam. Dovadola e Ruffini e secondo le intenzioni di Maria Teresa

+ Forni Vilma e Semeraro Giacomo

Domenica 15 10.30 + Martini Giovanni
Lunedì 16
Martedì 17 8.00 Vivi e defunti famiglia Dovadola Ivano
Mercoledì 18
Giovedì 19
Venerdì 20 8.00 + Gagliardi Bruno, Resta Albertina ed Elodia
Sabato 21 18.30
  • + Antonio
Domenica 22 10.30 + Barelli Giulia, Luigi e Alfredo Mondini

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Settembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 15

XXIV del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 (oratorio) e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (oratorio) : S. Messa nel campo dell’oratorio

Ore 20.30 (oratorio) : Giochi senza quartiere

Lunedì 16 Ore 20.30 (Cattedrale di Faenza) : Incontro interdiocesano con S.E. Mons. Castellucci sul tema “La Chiesa italiana nella fase profetica”
Venerdì 20 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario
Sabato 21

S. Matteo Ap.

S. Messa prefestiva ad orario

Ore 7.00 (Piazzale stazione) : Partenza del pellegrinaggio organizzato dall’ufficio diocesano pellegrinaggi in collaborazione con la parrocchia e l’Associazione “Don Orfeo” alla Certosa della Farneta e Lucca sulla tomba di padre Costa.

Domenica 22

XXV del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 7,1-10 Lc 7,11-17 Lc 7,31-35 Lc 7,36-50 Lc 8,1-3 Mt 9,9-13

Vivere il mistero – Circa sei secoli prima di Gesù il Deutero-Isaia aveva tratteggiato l’identità del Servo di Yhwh in quattro carmi (Is 42,1-4.5-9; 49,1-6; 50,4-9.10-11; 52,13-53,12). Nel terzo carme, di cui oggi la liturgia legge una parte cospicua (Is 50,5-9), il Servo di Yhwh mostra la massima fiducia in Dio che gli ha affidato una missione. Profeticamente annuncia la figura di Gesù, che totalmente fiducioso in Dio Padre, svela la propria missione attraverso la profezia della sua passione, morte e risurrezione (Vangelo, Mc 8,27-35). Si tratta del vertice teologico del secondo Vangelo, dove viene presentata la figura del Maestro e quella del vero discepolo. Questa identità del Messia sconcerta Pietro che ha appena fatto la confessione di fede su Gesù: «Tu sei il Cristo». Il dialogo intercorso tra Pietro e Gesù può rappresentare la difficoltà di ogni cristiano ad accogliere le proposte del Maestro. Gesù risponde a Pietro e a ogni discepolo, di ogni tempo e luogo. Indica a Pietro il bisogno di riprendere dall’inizio la strada del discepolato («Va’ dietro a me...») per ritornare a pensare secondo Dio e non secondo g[i uomini. La sapienza di Dio è infinitamente superiore alla sapienza degli uomini (cf. 1 Cor 1,17-31). A chi vuol essere discepolo Gesù formula un invito: rinneghi se stesso – secondo il pensare degli uomini – e impari ad avere il coraggio di restare anche non capito e solo a causa della sua fede. Il testo di Mc 8,27-35 è costituito da due brani (Mc 8,27-30: la confessione messianica di Pietro; Mc 8,31-33 il primo annuncio della passione) con l’aggiunta di un primo frammento di un terzo brano (Mc 8,34-35: condizioni per la sequela; il brano intero sarebbe Mc 8,34-38). Con questa scelta, la liturgia vuole esplicitare il concetto di Messia, professato da Pietro, come Messia sofferente al seguito del quale possono andare solo coloro che accettano la sua logica. Gesù non interroga i teologi competenti (cf. gli scribi) e neppure i membri di gruppi o movimenti impegnati (cf. farisei, sadducei, zeloti, ecc.). Interroga i discepoli perché essi sono sempre a fianco a Lui (cf. Mc 3,14: «Ne costituì dodici perché stessero con lui»). Sono testimoni non solo di ciò che Egli dice o opera, ma anche di ciò che Egli è. Purtroppo anche il discepolo che confessa la sua fede in Cristo, come Pietro, può subire il fascino dell’ideologia (bisogna sempre vincere, mai essere sconfitti). A costui Gesù ingiunge di ricominciare la strada del discepolato («Va’ dietro a me, satana!»). Il vero discepolo del Messia che soffre, muore e risorge, è colui che sa avere gli stessi pensieri e sentimenti di Cristo («Rinneghi se stesso»). Può accadere che umanamente il cristiano possa apparire un perdente («chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo»), ma la scelta operata è la migliore («la salverà»). Quando il cristiano, invece, si realizza con puri criteri umani («chi vorrà salvare la propria vita»), fa la scelta peggiore («la perderà»). (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Con la riforma tridentina, il Rituale Romanum di Paolo V recepisce sostanzialmente questo modello del nord Italia e ne propaga ovunque la diffusione, nel resto della Penisola e in tutte le diocesi del mondo. Nei numeri 7-9 dei Praenotanda del Rituale del 1614, vengono richiamate solamente le caratteristiche più importanti del confessionale, «sedes confessionalis». Per prima cosa ricorda che il luogo proprio «sacramentalis confessionis», cioè della «confessione sacramentale», è la chiesa oppure l’oratorio pubblico o semipubblico. La seconda preoccupazione è quella di ricordare che il confessionale delle donne dev’essere sempre collocato in un luogo aperto e visibile. Anzi si premura di sottolineare che le confessioni delle donne non si ascoltino fuori dal confessionale, se non per un grave motivo. Quelle degli uomini, invece, si possono ascoltare anche in case private («in aedibus privatis»). Infine, aggiunge che il confessionale sia munito di una grata fissa e modicamente forata, che deve stare tra il confessore e il penitente. A queste indicazioni possiamo ricordarne altre due per il sacerdote: la prima è quella di usare, sopra la talare, la cotta e la stola viola; la seconda, è di alzare la mano destra verso il penitente prima delle formule di assoluzione. Questo modello tridentino di confessionale farà fatica a trovare un luogo adatto per la sua collocazione nelle chiese costruite precedentemente alla stessa riforma e spesso apparirà come un elemento sovrapposto o estraneo all’architettura esistente. Le indicazioni del Rituale Romano, comunque, resteranno tali, o solo con qualche modifica, fino al Concilio Vaticano II. Degli sviluppi successivi a Trento vogliamo richiamarne solo alcuni, perché ulteriormente capaci di perdere il prezioso e antico simbolismo legato al luogo della celebrazione. La struttura del confessionale, infatti, subisce progressivamente degli arricchimenti e trasformazioni. Quasi subito, il vano del sacerdote viene chiuso nella parte inferiore da uno sportello e in quella superiore spesso da una tendina o da due ante, che di fatto rende il ministro non visibile da fuori. Successivamente, il posto riservato al penitente, costituito inizialmente da un inginocchiatoio e da un’assicella collocata sotto la grata della parete divisoria per poggiare le mani, si trasforma a sua volta in un vano che rimane sempre aperto ma arricchito di cornici e decorazioni per aumentare la riservatezza del sacramento. Ma l’elemento più rilevante è costituito dall’aggiunta del secondo vano per il penitente, posizionato in modo simmetrico sull’altro lato della sede del confessore. Risulta così una struttura «tripartita»: due vani per i penitendi con al centro la sede per il ministro. La conseguenza, però, è la scomparsa della significativa caratteristica dell’orientamento del penitente all’altare e quindi all’Eucaristia, punto finale dell’itinerario penitenziale. [11 continua]

Programma dal 7 al 15 settembre 2024

Letture: Isaia 35,4-7a / Salmo 145 / Giacomo 2,1-5

Loda il Signore, anima mia.

Dal Vangelo secondo Marco (7,31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 07 18.30 + Adolfo, Adriana e cg. Marangoni
Domenica 08 10.30 + padre Antonio Costa

+ cg. Ferro Almerigo e Costantin Rina

Lunedì 09
Martedì 10 8.00 + Anselmo e Lea
Mercoledì 11
Giovedì 12
Venerdì 13 8.00 + Cervellera Alessandra e Geminiani Desolina
Sabato 14 18.30 Vivi e defunti fam. Dovadola e Ruffini e secondo le intenzioni di Maria Teresa

+ Forni Vilma e Semeraro Giacomo

Domenica 15 10.30 + Martini Giovanni

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 08

XXIII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10,00 (città) : Corteo storico con benedizione del Palio sul sagrato della chiesa.

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa.

Ore 12.30 (oratorio) : Pranzo dell’ospitalità.

Ore 18.00(oratorio) : 48° Palio del timone

Lunedì 09 Ore 19.00 (oratorio) : “Cibi dal mondo” A tavola con le diversità culturali presenti sul territorio.

Ore 21.00 (oratorio) : “Arte migrante Imola”

Venerdì 13 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario

Ore 21.00 (oratorio) : Musica live con alcune “band”

Sabato 14

Esaltazione della Santa Croce

S. Messa prefestiva ad orario

Ore 21.00 (oratorio) : Serata in ricordo di don Orfeo Giacomellii

Domenica 15

XXIV del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 (oratorio) e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (oratorio) : S. Messa nel campo dell’oratorio

Ore 20.30 (oratorio) : Giochi senza quartiere

La festa della Ripresa (ovvero un invito alla partecipazione)

Sabato 7 settembre alle ore 18.00 inizia la “Festa della Ripresa”

Tutti gli appuntamenti della festa sono riportati nel volantino a parte.

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 6,6-11 Lc 6,12-19 Lc 6,20-26 Lc 6,27-38 Lc 6,39-42 Gv 3,13-17

Vivere il mistero – Durante i riti esplicativi del sacramento del battesimo, il celebrante, toccando bocca e orecchi del battezzato, compie il rito dell’«effathà» (= apriti). La liturgia ha preso questa parola dall’episodio della guarigione del sordomuto, narrata nel Vangelo odierno: Mc 7,31-37. Otto secoli prima di Gesù, Isaia aveva profetizzato alcuni «segni» della presenza di Dio in mezzo al suo popolo (prima lettura, Is 35,4-7a). Tra questi avvenimenti di salvezza o «segni», Isaia elenca il recupero della vista per i ciechi, dell’udito per i sordi, della deambulazione per gli zoppi e della parola per i muti. La guarigione del sordomuto non è dunque un avveni mento miracoloso-terapeutico soltanto. Prima di tutto è l’adempimento di una profezia e questo dato ha un’importanza molto grande nella fede biblica perché il Deutero-Isaia aveva dimostrato l’esistenza di un solo Dio, Yhwh, proprio attraverso questo argomento: nessuna divinità pagana profetizza e ciò che è profetizzato avviene (cf. Is 44,6-7). Ln secondo luogo, il miracolo è segno della messianicità di Gesù. In Lui convergono le profezie. Gesù è un discendente di Davide, compie i miracoli, morirà in croce per il perdono dei peccati degli uomini. Risorgerà. Ciò che Gesù, compie, dunque, è un gesto che rivela sé stesso dove egli manifesta la propria identità messianica. Il miracolo, poi, rivela in terzo luogo la capacità di Gesù di dare la salvezza all’uomo, restituendo la persona al suo stadio originale. Infine, il miracolo di Gesù svela la presenza di Dio nella storia e la sua volontà di guidare la storia secondo il suo volere, pur nel rispetto della Libertà umana. Il ciclo letterario di Mc 6,30-8,26 è una lunga preparazione, attraverso la narrazione di miracoli e di discussioni, alla grande e centrale confessione messianica di Pietro in Mc 8,27-30 (Mc 8,27-35 è il Vangelo di domenica prossima). Il Lezionario, invece, ha scelto Mc 7,31-37 come unico testo preparatorio alla confessione apostolica. Mc 7,31-37 è un testo più antico dello stesso Vangelo di Marco. Ha origini palestinesi (vedi l’espressione aramaica effathà). Poiché viene svelata la parola segreta di guarigione (effathà) significa che il brano è stato tramandato in una comunità greco-cristiana in aperta polemica con la «magia» ellenistica, che custodiva in un segreto assoluto la parola di guarigione. Il viaggio stranissimo di Gesù (Tiro, Sidone, mare di Galilea, Decapoli) potrebbe indicare la sicurezza dell’avvenimento e l’insicurezza del luogo dove è avvenuto. Il verbo «aprirsi» viene adoperato nel Nuovo Testamento nove volte per indicare di norma l’apertura alla conoscenza, attraverso le Scritture, del Gesù Risorto. Il commento, poi, al miracolo è fatto dalle parole presenti nel racconto della creazione: «Ha fatto bene ogni cosa» // «E Dio vide che ciò era buono». Un modo semplice per alludere alla divinità di Gesù. Si tratta di allusioni piuttosto sostanziose a livello teologico. Ciò permette di comprendere il silenzio imposto da Gesù (segreto messianico): capire ciò che Gesù dice e fa, significa capire bene il concetto di «Messia». (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Le prime e precise indicazioni, per la realizzazione di adeguati spazi al «sacramento della confessione», le troviamo negli scritti di due vescovi diocesani e, grazie alla loro diffusione, entreranno praticamente inalterate nella riforma tridentina. Il vescovo di Verona, mons. Gian Matteo Giberti, fu il primo che nelle Constitutiones, da lui emanate nel 1542 per motivi di ordine pastorale e disciplinare, interviene anche a dare indicazioni puntuali sul luogo della celebrazione del sacramento. A questo proposito scrive: «Per evitare gli scandali, che a volte possono accadere nel ministero delle confessioni, stabiliamo che esse, specialmente quelle delle donne, d’ora innanzi si facciano sempre in un luogo “aperto et evidenti“, così che ugualmente si possa vedere il confessore e le penitenti. Inoltre stabiliamo e comandiamo che fra il sacerdote e la penitente vi sia “tabula una cum fenestella, supra quam sit una grata seu lamina perforata”. Questa tavola la denominiamo “confessionale” e in tutte le chiese comandiamo siano eretti i così detti confessionali”. Successivamente fu san Carlo Borromeo, cardinale di Milano, nelle sue lnstructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae (1577), a definire nei minimi particolari i confessionali e a prescriverli per tutte le chiese della sua estesa diocesi. Al capitolo XXIII del Libro I tratta, offrendo dimensioni e dettagli precisi per la sua esecuzione e sistemazione in chiesa, quello che pure lui chiama ufficialmente: «confessionale». Innanzitutto, prescrive il Borromeo, deve essere tutto di legno, preferibilmente di noce, e diviso verticalmente in modo da creare due vani, uno per il sacerdote e uno per il penitente. Il sedile del sacerdote sarà chiuso sui lati, dietro e sopra con assi dell’altezza di una persona, mentre la parte anteriore dovrà rimanere sempre aperta e visibile, con la possibilità però di chiuderlo a chiave con una porta a graticcio o un cancello di legno perché non venga usato da laici o da vagabondi per sedere o dormire. La parete laterale che divide il sacerdote dal fedele dev’essere munita di una finestrella, che verso il confessore avrà una tendina e verso il penitente una lamina di ferro completamente forata, con buchi della grandezza di un «cece». Nel vano del penitente sarà aggiunto un predellino come inginocchiatoio e una tavoletta su cui poggiare le mani giunte. Al di sopra della finestrella sia collocata un’immagine di carta del crocifisso, piamente eseguita. L’altra parete, invece, deve essere totalmente chiusa. A questa struttura sarà lecito apporre qualche decorazione, come cornici lavorate, nella parte anteriore o qualche altro tipo di ornamento decoroso. In tutte le parrocchie, e pure nelle chiese più piccole non parrocchiali, devono esserci almeno due confessionali, per tenere distinti gli uomini dalle donne. La collocazione dei confessionali, normalmente, sarà lungo le pareti della navata, ma sempre al di fuori del perimetro dell’altare maggiore, e in numero sufficiente a seconda della grandezza delle chiese e il numero dei fedeli. È consentito pure, per esigenze di spazio, collocarli in altri luoghi della chiesa, come in alcune cappelle di ampie dimensioni. Infine vanno sempre posizionati in modo che la finestrella dev’essere dalla parte della porta d’ingresso, cosicché il penitente si trovi rivolto verso l’altare maggiore e il sacerdote verso la parte inferiore della chiesa. [10 continua]

FESTA DELLA RIPRESA 2024:LABORATORIO DI CARITA’

don Pietro Marchetti, parroco

La Festa della Ripresa è per tutti, e in particolare per coloro che vi operano fattivamente nei vari servizi, già iniziati da tempo con la programmazione e la preparazione dei tortellini, una preziosa occasione per “crescere nell’amore e nella carità verso gli altri”.
San Paolo, il nostro maestro e patrono, ci guida in questo percorso con queste sue parole “la carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene, amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda”.
A partire da queste parole “preziose più dell’oro” domandiamoci: quale atmosfera c’è nella nostra comunità ? Avere un’atmosfera buona e edificante non succede mai per caso. Richiede impegno e un cammino di fede. Una buona atmosfera può peggiorare se non viene curata, come un’atmosfera negativa può migliorare moltissimo, con un vero impegno e l’aiuto di Dio. Un’atmosfera negativa è un chiaro segno della presenza del peccato. Il modo di cambiare un’atmosfera negativa è di riconoscere, confessare e abbandonare il peccato.
E la seconda domanda è: quale atmosfera c’è dentro ciascuno di noi ? Prima di tutto dobbiamo renderci conto che è molto difficile vederci come siamo veramente.
Abbiamo mai chiesto agli altri come ci vedono ? Se lo facciamo forse scopriremo che gli altri ci vedono diversamente da come ci vediamo noi.
Per esempio: una persona egoista raramente si vede come tale, o una persona brusca e impaziente non si rende conto di essere così, una persona pigra non pensa di essere così, una persona orgogliosa pensa solo di essere veramente migliore degli altri, ma non di essere orgogliosa.
Una bella confessione può rientrare nella preparazione alla festa della Ripresa, per chiedere a Dio di aiutarci a togliere dentro di noi tutto ciò che ci impedisce di amare gli altri.
Tutto questo per fare il bene senza “ipocrisia” e, se per caso notiamo che in noi c’è ipocrisia, chiediamo al Signore di aiutarci a cambiare il nostro cuore, mentre continuiamo ad impegnarci a fare la cosa giusta.
E la mèta finale diventa: stimare gli altri superiori a noi stessi. Se non stimo gli altri superiori a me stesso vuol dire che non conosco bene il mio cuore.
Nel nostro rapporto con gli altri Dio ci chiama a presumere il bene per quanto riguarda il cuore degli altri, e a riconoscere quanto il nostro proprio cuore è spesso malvagio.
Se viviamo così allora diventa molto più facile agire con umiltà, stimando gli altri superiori a noi. Allora, diventa facile anche rendere onore gli uni gli altri.

Buona festa della Ripresa a tutti.

Programma dal 31 agosto al 8 settembre 2024

Letture: Deuteronomio 4,1-2.6-8 / Salmo 14 / Giacomo 1,17-18.21b-22.27

Chi teme il Signore abiterà nella sua tenda.

Dal Vangelo secondo Marco (7,1-8.14-15.21-23)

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.

Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.

Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.

Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 31 18.30 + Antonio e Giovanna
Domenica 01 10.30 + Aldo Stanghellini e Dosi Luisa
Lunedì 02
Martedì 03
Mercoledì 04
Giovedì 05 18.30 + Luigi Rizzi (detto Carlo)
Venerdì 06
Sabato 07 18.30 + Lea e Anselmo

+ Adolfo, Adriana e cg. Marangoni

Domenica 08 10.30 + padre Antonio Costa

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Settembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 01

XXII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Venerdì 06 Primo venerdì del mese – Comunione agli impediti

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario

Sabato 07 Primo sabato del mese

Ore 7.30 (S. Paolo) : Partenza in processione verso il Santuario della B.V. della Consolazione recitando il S. Rosario.

Ore 8.00 (Santuario) : Celebrazione della S. Messa

Inizia la Festa della Ripresa

Ore 18.00(oratorio) : Din Don Bimbo d’Oro

Ore 21.00 (oratorio) : Din Don Dero d’Oro

Domenica 08

XXIII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 (oratorio) e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.00 (città) : Corteo storico

Ore 10.30 (oratorio) : S. Messa nel campo dell’oratorio

Ore 12.30 (oratorio) : Pranzo dell’ospitalità

Ore 18.00(oratorio) : 48° Palio del timone

La festa della Ripresa (ovvero un invito alla partecipazione)

Sabato 7 settembre alle ore 18.00 inizia la “Festa della Ripresa”

Tutti gli appuntamenti della festa sono riportati nel volantino a parte.

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 4,16-30 Lc 4,31-37 Lc 4,38-44 Lc 5,.1-11 Lc 5,33-39 Lc 6,1-5

Vivere il mistero – Nel libro del Deuteronomio Dio aveva detto: «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo». Queste sono le parole che risuonano forti e chiare nella prima lettura (Dt 4,1-2.6-8). Tutto ciò che è tradizione degli uomini non può andare contro questo principio: la Parola di Dio può essere interpretata, ma non sostituita. Le scuote rabbiniche si erano impegnate a stendere dei precetti concreti per aiutare l’osservanza della Parola. Con il passare del tempo i precetti hanno sostituito la Parola. Gesù, perciò, trova un popolo di Dio più attento ai precetti umani, che non alla Parola di Dio. Sappiamo che l’obbedienza alla Parola è l’atto di culto più gradito a Dio. Così insegnava 5amuele (cf.1 Sam 22,15: «Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti»; così aveva insegnato Geremia: «Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo». La disobbedienza alla Parola di Dio, anche se si ammanta di giustificazioni, non è mai operatrice di bene. La Parola purifica il cuore dell’uomo: «Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato». Diversamente, il cuore dell’uomo è capace delle peggiori scelleratezze «Colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori». Vedendo una citazione come quella del vangelo di questa domenica, si capisce che la liturgia ha voluto di proposito una pericope eclogadica (= scelta). Ciò ha comportato la cancellazione di tre elementi: l’esempio del Korbàn (Mc 7,9-13), la prima parte dell’istruzione privata di Gesù ai discepoli (Mc7,17-20) e il versetto Mc7,16 che crea problemi di critica testuale. La liturgia, inoltre, creando l’incipitln quel tempo Gesù…»), attribuisce come predicazione alla folla ciò che invece era un chiarimento ai discepoli (Mc7,21-23). Il testo biblico-liturgico del Vangelo si può suddividere in due momenti. Il primo, Mc 7,1-8, tocca il tema della tradizione degli uomini che trascura il comandamento di Dio. Il secondo momento, Mc 7,14-15.21-23, svolge il tema della contaminazione dell’uomo. Ciò che contamina l’uomo sono i propositi di male che escono dal suo cuore. Quando il cuore dell’uomo è lontano da Dio, produce scelte che non sono secondo Dio. Perché il cuore dell’uomo non sia lontano da Dio è necessario che l’uomo coltivi la virtù dell’autenticità. Tale virtù è possibile solo se l’uomo si lascia permeare dalla Parola: «Coloro che temono il Signore non disobbediscono alle sue parole; e coloro che lo amano seguono le sue vie. Coloro che temono il Signore tengono pronti i loro cuori». (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Tutto si incentra sulla confessione dei peccati, di tutti i peccati mortali e di quelli veniali, e l’aspetto dominante del sacramento appare quello giuridico: l’assoluzione è come una sentenza emessa da un tribunale. Il Concilio di Trento non farà altro che confermare questa linea pastorale e teologica rafforzandola e inasprendola ulteriormente, insistendo molto sulla funzione del sacerdote medico e giudice e sugli atti del penitente, e raccomandando la cosiddetta confessione «frequente» o di «devozione». Nel Rituale Romanum del l614 troverà posto, al Titolo IV De Sacramento Paenitentiae, solo l’Ordo per l’assoluzione individuale (caput II: Absolutionis forma communis). Il nuovo Rito tridentino porta così a termine un processo di semplificazione rituale e soprattutto introduce la non piccola novità dell’uniformità liturgica della penitenza nella Chiesa latina. La celebrazione è ridotta a un breve saluto iniziale, all’accusa dei peccati, a un interrogatorio più o meno minuzioso del confessore, all’esortazione spirituale o moralistica, all’accettazione della soddisfazione, leggera e ridotta a qualche preghiera da recitarsi appena fuori dal confessionale, e alla formula di assoluzione. Questa è la prassi della penitenza privata che rimarrà inalterata e comune a tutte le tradizioni liturgiche d’Occidente per quasi quattro secoli, e forse oltre, nonostante che il Pontificale tridentino del 1595 ancora conservi, ma senza che sia usato, il rituale per la penitenza pubblica di Guglielmo Durando contenuto nel suo Pontificale redatto tra il 1293 e il 1295. Dalle liturgie penitenziali dei primi secoli, nelle quali il luogo della penitenza pubblica era «dinamico» perché seguiva anche negli spazi dell’aula liturgica un itinerario di conversione-riconciliazione, si era passati a una fase intermedia, quella tariffata, nella quale il posto per la celebrazione rimaneva sempre la chiesa ma senza più l’assemblea liturgica, per giungere a una terza fase della disciplina penitenziale, quella privata, con la possibilità di essere reiterabile e di tipo devozionale, dove il luogo celebrativo diventa «statico», e ben preciso: il confessionale. Senza più un cammino penitenziale e di conversione, personale e comunitario, ci si avvia in questo modo a realizzare micro-architetture, chiuse e separate dall’assemblea, fatte su misura per una liturgia «ridotta al minimo» dove poter «confessare» i propri peccati. Testimonianze già del XIV secolo, come a Pisa, ci fanno conoscere che il sedile mobile per il sacerdote e lo sgabello per il penitente erano stati sostituiti da una struttura semplice ma stabile: si trattava di un seggio, più o meno importante, con un inginocchiatoio fissato su un lato; erano sempre aperti e venivano accostati alle pareti oppure incassati nello spessore del muro delle pareti stesse. [9 continua]

Medjugorje, 25 Agosto 2024

“Cari figli!

Oggi la mia preghiera con voi è per la pace.

Il bene e il male lottano

e vogliono prevalere nel mondo

e nei cuori degli uomini.

Voi siate uomini di speranza,

di preghiera e di grande fiducia in Dio Creatore

al quale tutto è possibile.

Figlioli, la pace prevalga in voi ed attorno a voi.

Vi benedico con la mia benedizione materna

affinché, figlioli, siate gioia

per tutti coloro che incontrate.

Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

Programma dal 24 agosto al 1 settembre 2024

Letture: Giosué 24,1-2a.15-17.18b / Salmo 33 / Efesini 5,21-32

Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,60-69)

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».

Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».

Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.

Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 24 18.30 + Dovadola Monica, Iano, Silverio e Ruffini Armanda

25° di Matrimonio di: Lupo Ubaldo

Di Caterina Maria Grazia

Domenica 25 10.30 + Marconi Ademara e deff. fam. Ghetti e Valenti

+ don Orfeo

Lunedì 26 18.30 + Morini Giada
Martedì 27
Mercoledì 28
Giovedì 29 18.30 + Montesi Natale
Venerdì 30
Sabato 31 18.30 + Antonio
Domenica 01 10.30 + Aldo Stanghellini e Dosi Luisa

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Agosto – Settembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 25

XXI del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Giovedì 29

Martirio di

S. Giovanni B.

S. Messa ad orario feriale.
Venerdì 30 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario
Domenica 01

XXII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

La festa della Ripresa (ovvero un invito alla partecipazione)

Continua la preparazione alla festa :

Giovedì 29 agosto, all’oratorio, a partire dalle ore 20.45 e sabato 31 agosto dalle 8.00 in poi… si continua con la preparazione delle strutture.

Chi può è invitato a dare il proprio contributo.

Sabato 7 settembre alle ore 19 inizia la “Festa della Ripresa”

Tutti gli appuntamenti della festa sono riportati nel volantino a parte.

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Mt 23,13-22 Mt 23,23-26 Mt 23,27-32 Mc 6,.17-29 Mt 25,1-13 Mt 25,14-30

Vivere il mistero – Con questa domenica termina la lettura del capitolo sesto di Giovanni. La riflessione del Maestro ruota attorno a una domanda: «Questo vi scandalizza?». Il discorso sapienziale sul pane di vita poteva anche essere accolto, ma la sensibilità degli Ebrei è rimasta «scioccata» quando Gesù ha affrontato il tema del mangiare la sua carne e bere e il suo sangue. Nella sua predicazione, il Maestro più volte ha proposto degli insegnamenti che hanno lasciato moltissime perplessità. Afferma che la vedova al tempio ha dato un obolo superiore a tutti gli oboli dati dai ricchi: erano solo più o meno 20 centesimi di euro («ln verità io vi dico: questa vedova, cosi povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri» (Mc 12,43). Dice con chiarezza che non è l’uomo per il sabato, ma il sabato per l’uomo («Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato»: (Mc 2,27). Propone se stesso come modello assoluto per imparare l’umiltà e la mitezza («Imparate da me, che sono mite e umile di cuore»: (Mt 11,29). Propone ancora se stesso come modello del comandamento supremo dell’amore («Come io ho amato voi, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri»: Gv 13,34). Presenta un samaritano come modello di prossimo («Va’ e anche tu fa’ così»: Lc 10,37). Proclama santo un ladro condannato a morte («ln verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso»: Lc23,43). Gli esempi si possono moltiplicare, ma il criterio è sempre uno: Gesù ha portato agli uomini la «bella novità» (euanghélion). L’ultima parte della discussione tra Gesù e i Giudei sul pane di vita viene identificata dall’esegesi in Gv 6,59-66 e la confessione di Pietro in Gv 6,67-71. La liturgia ha scelto di proclamare Gv 6,60-69, ponendo in evidenza l’antitesi tra i molti discepoli che non accettavano la parola «dura» di Gesù («Questa parola è dura» è un’espressione unica nella Bibbia) e i Dodici, rappresentati da Pietro, che accoglievano – pur con fatica (cf. Gv 6,61: «Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: “Questo vi scandalizza?”») – tutta la persona del Maestro e il suo insegnamento. Il testo evangelico è scandito dal rifiuto di «molti dei discepoli» (Gv 6,60), da una riflessione centrale (Gv 8,61-65), dall’abbandono di «molti dei discepoli» (Gv 6,66) e dalla provocazione di Gesù che ottiene come risposta l’atto di fede dei Dodici per bocca di Pietro (Gv 6,67-69). Due sono i punti focali: la riflessione centrale e la confessione di Pietro. Nella riflessione centrale Gesù prepara i suoi alle realtà di fede che possono destare incomprensione: Gesù ascenderà in cielo e lo Spirito di verità verrà su di loro. Per accogliere queste verità «scioccanti», è necessario credere. Al di fuori della fede non si possono né capire né cogliere. Al di fuori della fede ci può essere solo il tradimento (abbandonando il Maestro e tradendo se stessi). La confessione di Pietro è commovente. Con estrema chiarezza Gesù invita anche i Dodici ad andarsene, se ritengono che sia giusto così. La risposta di Pietro evidenzia che solo Gesù ha parole di vita eterna e in Lui opera la potenza divina della vita («tu sei il Santo di Dio»). (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

In alcuni formulari del Confiteor recitati dal penitente, infatti, si trova un preciso inciso che richiama il suo orientamento verso l’altare. Inoltre, il penitente insieme al sacerdote si prostrava per terra di fronte all’altare per recitare i salmi penitenziali in modo da favorire ed esprimere la contrizione e prepararsi alla confessione dei peccati. Ciò conferma che la celebrazione sacramentale non solo doveva compiersi in chiesa ma che doveva avvenire anche coram sancto altari, davanti a un altare, probabilmente non più l’altare maggiore, ma uno di quelli situati nelle cappelle laterali con il ministro all’interno e separato da cancelli dal penitente. La terza fase della prassi sacramentale della penitenza comincia a formarsi dall’XI secolo ed è la cosiddetta penitenza privata. Questa volta però il termine «privata» indica ancora di più una dimensione puramente «privatistica» e «intimistica» della celebrazione del sacramento, e che d’ora in poi sarà comunemente e semplicemente chiamata confessione. Già nel secolo precedente si erano poste le condizioni per una nuova e ulteriore disciplina soprattutto con la decisa affermazione della prassi di una «confessione» privata e, soprattutto, con l’introduzione del momento della riconciliazione del penitente prima delle opere penitenziali, cioè semplicemente dopo l’accettazione di una leggera soddisfazione. L’atto della confessione dei peccati, di fatto, diventava il momento preponderante dell’intero sacramento ed era considerato come una nuova equivalenza per la soddisfazione, ora posticipata all’assoluzione. Per ricevere subito il perdono, dunque, era sufficiente la vergogna che ne derivava dall’accusa, il rossore che l’esprimeva, il senso di umiliazione che i penitenti erano condotti a provare anche attraverso le domande, le parole e le preghiere del sacerdote. Altri elementi, poi, concorrono al formarsi e diffondersi di questa nuova prassi. Il «ministero sacerdotale» diventa esclusivo nella celebrazione: solo il vescovo e il sacerdote potranno, d’ora in poi, (diversamente da alcune pratiche del passato) ascoltare le confessioni, imporre la penitenza, dare l’assoluzione e dunque rimettere i peccati, accompagnare con la preghiera e l’esempio di vita il cammino di conversione e riconciliazione dei fedeli. Il Concilio Lateranense IV (1215) prescrive a ogni fedele di confessarsi almeno una volta all’anno, come di comunicarsi almeno a Pasqua, e di farlo solo dal proprio curato; al confessore chiede di non violare il segreto e di interrogare diligentemente il penitente dei propri peccati (cf. Denzinger 812-814). Il Concilio Fiorentino (1439), facendo accettare agli Armeni un decreto sulla fede e sulla pratica sacramentale, a proposito della riconciliazione ratifica e rende magistero ufficiale della Chiesa cattolica i risultati della teologia scolastica, allora predominante. Gli atti del penitente (contrizione, confessione orale, soddisfazione che gli viene prevalentemente con l’orazione, il digiuno e l’elemosina) sono la «quasi materia» del sacramento e le parole di assoluzione, solo individuale, ne sono la «forma»; «ministro» è il sacerdote munito della debita facoltà; «effetto» del sacramento è l’assoluzione dei peccati (cf. Denzinger 1323). [8 continua]