Programma dal 7 al 16 febbraio 2025

Letture: Isaia 6,1-2a.3-8 / Salmo 137 / 1Corinzi 15,1-11

Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.

 

 

Dal Vangelo secondo Luca (5,1-11)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 08

   

Domenica 09

10.30

+ Brignani Adriano

+ Poggiali Dante

50° di Matrimonio di: Fratta Giuseppe

Cataneo Maria

Lunedì 10

   

Martedì 11

18.00

Deff. fam. Guadagnini Vincenzo

+ Foschini Iref e Capucci Giuseppa

Mercoledì 12

   

Giovedì 13

   

Venerdì 14

   

Sabato 15

18.00

+ Marianna Servidori

+ Luciano Petroselli

+ Donata, Dino e Francesco

Domenica 16

10.30

+ Francesco Berardi, Maria, Demo e Luigi

+ Francesco Marconi

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

 

Anno : C

Febbraio2025

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 09

V del T. O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Martedì 11

B.V. di Lourdes

Giornata del Malato

Ore 17.00 (C.E.M.Immacolata) : Celebrazione del Sacramento dell’Unzione degli Infermi. Ore 17.30 : S. Rosario seguito alle ore 18.00 dalla S. Messa

Unica S. Messa : Non c’è la S. Messa alle ore 8.00

Ore 20.45 (canonica) : Consiglio Pastorale Parrocchiale

Mercoledì 12

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo”

Giovedì 13

Ore 20.00 (Voltana) : S. Messa seguita alle ore 20.30 dal S. Rosario e alle ore 21.00 dall’Adorazione eucaristica di vicariato per le vocazioni.

Venerdì 14

Ss. Cirillo e Metodio

S. Messa ad orario feriale

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e S. Rosario

Domenica 16

VI del T. O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Visita alle famiglie con benedizione

10 – 14 febbraio

(dalle ore 15.00)

Sabato 15 febbraio

(mattino e pomeriggio)

Lunedì 10 : Via don Minzoni (dispari).

Martedì 11 : Viale Dante Alighieri (pari).

Mercoledì 12 : Via Berlinguer, D. Alighieri (dispari).

Giovedì 13 : Via Sapori, Grieco, Carducci (dispari).

Venerdì 14 : Via Carducci (pari).

Sabato 15 : Via don Orfeo, P.za Pascoli.

Alla scuola di Gesù :

 

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

 

Mc 6,53-56

Mc 7,1-13

Mc 7,14-23

Mc 7,24-30

Lc 10,1-9

Mc 8,1-10

Vivere il mistero – La vocazione è un carisma, rispondendo alla quale il cristiano realizza se stesso e opera il bene comune. La vocazione è un dono che bisogna saper cogliere nel silenzio e nell’ascolto. Solo il silenzio e l’ascolto permettono di cogliere in sé e nei segni di cui Dio ci circonda, quale sia la chiamata divina. Purtroppo oggi come ieri molti elementi interferiscono nel percepire la chiamata. Si tratta di condizionamenti personali (il miraggio dei soldi e della fama, l’arrivismo, modelli sbagliati di autorealizzazione, ecc.) o esterni (desideri dei genitori, modelli di società disumanizzati, ecc.). Ogni chiamato (alla vita da single o alla vita matrimoniale o alla vita consacrata oppure al sacerdozio), diventa collaboratore del progetto divino di salvezza. Solo il silenzio e l’ascolto permettono al credente di cogliere, in sé e nei «segni» di cui Dio lo circonda, quale sia la chiamata divina. Questa chiamata può essere improvvisa e possente come è stata quella di Paolo a Damasco oppure lenta e progressiva come è stata quella di Abramo. Può essersi accompagnata a un momento mistico come è capitato a Isaia o a un momento di vita ordinaria, come è capitato a Pietro. Può essere stata per qualche cosa di momentaneo come è successo per Amos o per qualche cosa che sarebbe durato per tutta la vita come è successo ai Dodici.  Il testo evangelico odierno è un testo compatto e non eclogadico (dal greco «ekloghé» = scelta, selezione; termine tecnico adoperato negli studi specialistici sul Lezionario). Eclogadico, invece, è il brano della prima lettura (ls 6,1-2a.3-8). Tornando al testo evangelico, il brano biblico-liturgico è uguale al brano biblico originale, tranne che per l’incipit. L’incipit originale dice: «Mentre la folla gli faceva ressa…». L’incipit liturgico, invece, recita: «ln quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa…». Il testo può essere scandito in tre scene. Nella prima, Gesù è il Maestro che insegna alle folle e si avvale della collaborazione materiale di Pietro (Lc 5,1-3). La prima scena può essere vista come la scena che presenta il modello di ciò che è il progetto di Dio: egli associa a sé gli uomini come col-laboratori affinché venga offerta alle folle la possibilità di «ascoltare la Parola di Dio», (e sicuramente non proclami politici di tipo zelota o anti-romani oppure scelte ideologiche pro farisei o pro-sadducei). Il protagonista principale di questa scena è la Parola di Dio, cercata dalla folla e donata da Gesù. I «pescatori», tra i quali c’è Simone, fanno da personaggi di sfondo. Simone e i suoi compagni sono testimoni della missione che Dio ha affidato a Gesù e che successivamente Gesù affiderà a loro. Gesù li sta già associando alla redenzione. Nella seconda scena (Lc 5,4-7), Gesù compie – contro ogni esperienza umana in contrario («Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla») – il segno della pesca miracolosa a favore di coloro che chiamerà. Gesù offre un segno che sia comprensibile ai pescatori che sta per chiamare: un segno diverso da una pesca miracolosa avrebbe forse fatto contento il lettore del Vangelo, ma non avrebbe convinto i pescatori che stavano per diventare discepoli del Maestro. Nella terza scena (Lc 5,8-11), Gesù, andando oltre la confessione di Pietro, lo chiama alla propria sequela. Colui che sta per essere chiamato percepisce la sproporzione tra ciò che è («peccatore») e chi è colui che lo chiama («Signore»), ma è anche protagonista di una chiamata alla quale risponde abbandonando tutto ciò che apparteneva alla vita precedente. Simone non si fonda più sulla sua esperienza e va oltre, si fida della Parola di Gesù che è Parola di Dio. Il risultato è eccezionale. Tra Parola di Dio ed esperienza, Simone fa esperienza che la Parola è più ampia, completa, potente e competente. Gesù, come farà il padre della parabola del figliol prodigo, non tiene conto delle parole di Simone, ma va dritto all’essenziale. Chiama Pietro alla sequela, rassicurandolo. La sua esperienza di pescatore sarà utilissima anche nella sua collaborazione alla salvezza degli uomini: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». L’incontro con Dio che chiama non annulla, ma potenzia le qualità umane che servono alla realizzazione della persona e alla collaborazione con il piano salvifico di Dio. Il coinvolgimento degli uomini da parte di Dio diventa un gesto di amore per l’umanità e per la Parola stessa. Se Dio parlasse direttamente farebbe paura. Lo aveva già detto il popolo di Dio ai piedi del Sinai: «Allora dissero a Mosè: Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!» (Es 20,19). Se non fosse un uomo a parlare la Parola, la Parola cesserebbe di possedere la sua caratteristica primaria, quella di incarnarsi costantemente. (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Si richiede che le sedi siano rispondenti a criteri che garantiscano funzionalità e riservatezza, per cui è necessario predisporne alcune dotate di grata; allo stesso tempo devono essere conformate in modo tale che i gesti propri del penitente e del sacerdote possano essere facilmente compiuti e in tutta verità. Ecco perché allora è inopportuno e poco rispettoso utilizzare sedi improvvisate o casuali. La chiesa nel suo complesso dev’essere ben preparata per la celebrazione, con quella medesima cura usata per la Messa, facendo attenzione all’adeguata illuminazione, all’eventuale decorazione floreale, a segni e immagini da proporre alla meditazione, alla pulizia e al decoro di tutti gli spazi liturgici utilizzati nella celebrazione comunitaria, e cioè il presbiterio, l’ambone, la navata e le sedi penitenziali. In questa raccomandazione rientrano anche quei luoghi che direttamente non sono coinvolti nella celebrazione sacramentale ma che come abbiamo visto portano in sé una forte carica simbolica proprio in riferimento al sacramento della Penitenza. Tra questi, oltre al centrale e già ricordato altare, ricordiamo ancora una volta il battistero, che richiama al significato della penitenza come recupero della grazia battesimale, e la porta della chiesa, in quanto icona dello stesso Cristo Salvatore che accoglie i fratelli e li introduce nella casa del Padre per riconciliarli con il dono dello Spirito Santo attraverso la Chiesa. (19- continua)

Programma dall’1 al 9 febbraio 2025

Letture: Malachia 3,1-4 / Salmo 23 / Ebrei 2,14-18

Vieni, Signore, nel tuo tempio santo.

 

Dal Vangelo secondo Luca (2,22-40)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

preparata da te davanti a tutti i popoli:

luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 01

18.00

Per Andrea (vivente)

+ Eleogivio Tani

Domenica 02

10.30

18.00

+ Alma, Alfonso, Maria e Peppino

+ Preda Maria Teresa

Lunedì 03

   

Martedì 04

   

Mercoledì 05

18.00

+ Rizzi Luigi (detto Carlo)

Giovedì 06

18.00

+ Preti Giovannino e Costa Marisa

+ Antonia e Pietro

Venerdì 07

   

Sabato 08

   

Domenica 09

10.30

+ Brignani Adriano

+ Poggiali Dante

50° di Matrimonio di: Fratta Giuseppe

Cataneo Maria

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

 

Anno : C

Febbraio2025

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 02

Presentazione del Signore

Giornata per la vita

Festa parrocchiale A.C. per la Pace

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa animata da A.C.

Venerdì 07

Primo venerdì del mese – Comunione agli impediti

Ore 8.45 – 12.00 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e S. Rosario

Domenica 09

V del T. O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Visita alle famiglie con benedizione

04 – 07 febbraio

(dalle ore 15.00)

Sabato 08 febbraio

(mattino e pomeriggio)

Martedì 04 : Via Bagnarolo (dispari e pari dal 2 al 16)

Mercoledì 05 : Via Bagnarolo (pari dal 18 alla fine),

Canalazzo (dispari), Mentana (dispari)

Giovedì 06 : via Canalazzo (pari), Giovanni XXIII,

Kennedy, Mentana (pari)

Venerdì 07 : Viale del Cimitero

Sabato 08 : Via don Minzoni (pari)

Alla scuola di Gesù :

 

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

 

Mc 5,1-20

Mc 5,21-43

Mc 6,1-6

Mc 6,7-13

Mc 6,14-29

Mc 6,30-34

Vivere il mistero – Oggi celebriamo la festa della Presentazione di Gesù. Maria e Giuseppe salgono al tempio per offrire il sacrificio del riscatto secondo le prescrizioni della Legge. Questo gesto è un’immagine della Chiesa offerente che nella celebrazione eucaristica offre a Dio ciò che le è messo nelle mani: il Corpo di Cristo. La celebrazione odierna è chiamata anche popolarmente Candelora; è una festa del Signore, luce delle genti e gloria di Israele. Luca inizia la sua narrazione con una indicazione insolita: «Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione» (Lc 2,22). Stupisce l’uso del pronome personale «loro» (auton) in riferimento alla purificazione, quando sappiamo che la torah prevedeva il rito solo per la puerpera, quaranta giorni dopo la nascita di un maschio e ottanta giorni dopo la nascita di una femmina. Perché allora Luca parla della loro purificazione e non della purificazione di Maria? Osserva Enzo Bianchi che l’interpretazione lucana si fonda sullo stretto legame tra i riti di purificazione e i riti di espiazione che troviamo in Lv 12,1-8: «Sacrificio di espiazione e olocausto sono il contenuto della purificazione. I sacrifici di purificazione e di espiazione sono pure quelli che il Servo di JHWH offre al Signore. Il plurale usato da Luca sposta allora l’accento e significa che purificazione è essenzialmente offerta della vita e si riferisce tanto a Gesù quanto a Maria sua madre, cosi che Luca può parlare della “loro” purificazione». C’è un’altra importante sottolineatura da fare; Luca afferma che Maria e Giuseppe salgono al tempio per «presentare» Gesù al Signore. Il verbo paristanai significa «stare innanzi», «presentare»; nell’Antico Testamento è usato sia per i sacerdoti che stanno davanti a Dio sia per l’offerta che viene presentata. Non è allora eccessivo dire che Gesù è ad un tempo sacerdote e offerta. Se noi leggiamo il capitolo secondo di Luca possiamo notare come Gesù sia designato dapprima come brephos, che significa «bambino appena nato», poi come paidion, che significa «bambino piccolo» e, infine, come pais che significa «fanciullo». Nella Bibbia greca con pais è designato il Servo di JHWH. Il Bambino è perciò ad un tempo il Figlio di Dio e il Servo di JHWH. Sarà a partire da questa consapevolezza che Gesù rimarrà a Gerusalemme, dove comprenderà il suo destino e le modalità con le quali darà la sua vita in riscatto. Ma non è tutto; quel Bambino, che Simeone tiene sulle sue braccia, è pure un semeion antilegomenon cioè un «segno di contraddizione». Gesù sarà una sorta di spada (cf Lc 12,51); egli susciterà amore ma anche odio, discepolato e tradimento, consenso e opposizione. Davanti a lui ognuno è chiamato ad operare una scelta. Impossibile la neutralità. Per un’applicazione del Vangelo odierno alla nostra vita mettiamo brevemente in risalto un simbolo, quello della spada. Simeone afferma che Maria sarà attraversata da una spada. Generalmente l’immagine della spada è applicata alla Parola di Dio. Davanti a Dio che parla l’uomo non può stare neutrale, come abbiamo detto sopra, ma dichiararsi. Gesù indurrà sempre i suoi interlocutori ad una decisione nei suoi confronti. La spada perciò «ferisce», ma è una ferita che libera da ogni egoismo o ripiegamento. Paolo, in Ef 6,7, parlerà della spada dello Spirito per indicare sempre la parola divina, che in questo caso però costituisce l’armatura con cui combattere contro il male e il peccato. Lasciarsi trafiggere dalla spada significa lasciarsi coinvolgere pienamente nel destino di morte e risurrezione di Cristo. (padre Sandro Carotta)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Nessun documento dice però quali siano questi sedi, ma viene solo accennato che i tradizionali «confessionali», «pur essendo stati pensati per un diverso contesto celebrativo, in genere sono ancora utilizzabili per il nuovo Rito della Penitenza» (AC 31). Sebbene non se ne parli, ci sembra comunque di poter indicare altre sedi penitenziali, rispettose delle esigenze richieste dal Rituale e dal magistero, per il momento dell’ascolto della confessione e dell’assoluzione individuali. D’altra parte, le Premesse al Rito affidano ai sacerdoti, in particolare ai parroci, il compito di «scegliere il luogo più adatto per la celebrazione, secondo le forme stabilite dalle Conferenze Episcopali, in modo che tutta la celebrazione risulti ricca e fruttuosa» (RP 40). Pertanto, queste sedi possono essere di tipo diverso: i confessionali tradizionali, i confessionali portatili, sedili o panche bene identificate, oppure due sedie con un inginocchiatoio o un cuscino. Anzi, la presenza proprio di differenti tipi di sedi va incontro alla diversa sensibilità di quanti si accosteranno al sacerdote per l’accusa dei propri peccati. Dovranno inoltre essere predisposte in numero sufficiente, trovarsi oppure essere accuratamente collocate in luoghi adatti e dignitosi, anche per il loro valore simbolico. (18- continua)

Programma dal 18 al 26 gennaio 2025

Letture: Isaia 62,1-5 / Salmo 95 / 1Corinzi 12,4-11

Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.

Dal Vangelo secondo Giovanni (2,1-11)
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.

Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.

Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 18

18.00

+ Galanti Pia

Domenica 19

10.30

18.00

Deff. fam. Brignani e Venturini

+ Carmine, Ida, Vincenzo e Bice

+ Luigi, Antonia, Cesare ed Elettra

Per Chiara (vivente)

Lunedì 20

18.00

+ Dovadola Silverio

Martedì 21

8.00

+ Benini Cesare

Per Marinella (vivente)

Mercoledì 22

   

Giovedì 23

   

Venerdì 24

8.00

+ Dovadola Monica (IV anniv.)

+ Piccolo Biagio

Sabato 25

10.30

+ Angelo ed Elena Padovani, Paolo e Nina Montanari

+ Evarista e Fernando

Domenica 26

10.30

+ Guadagnini Armando

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì Venerdì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : C

Gennaio 2025

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 19

II del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Dopo la S. Messa delle 10.30 verrà inaugurata la mostra di Carlo Acutis

Ore 15.00 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”.

Lunedì 20

Ore 20.45 (canonica) : Caritas parrocchiale

Martedì 21

S. Agnese

S. Messa ad orario feriale

Mercoledì 22

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo”

Venerdì 24

S. Francesco di Sales

S. Messa ad orario feriale

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e S. Rosario

Sabato 25

Conversione di

S. Paolo Ap.

Festa del Patrono

Termina la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Ss. Messe alle ore 10.30 – 18.00 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa solenne presieduta dal vescovo mons. Francesco Cavina

Domenica 26

III del T. O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 20.45 (S. Paolo) : Concerto di S. Paolo con la partecipazione del “Coro S. Paolo”

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Visita alle famiglie con benedizione

20 – 24 gennaio

(dalle ore 15.00)

Lunedì 20 : Via S.ta Lucia (pari)

Martedì 21 : Via S.ta Lucia (dispari), don Milani (pari)

Mercoledì 22 : via don Milani (dispari), Montessori

Giovedì 23 : via Rodari, Zaccagnini, Di Vittorio,

dei Peschi

Venerdì 24 : Via Buozzi, Casadei

Alla scuola di Gesù :

 

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

 

Mc 2,18-22

Mc 2, 23-28

Mc 3,1-6

Mc 3,7-12

Mc 3,13-19

Mc 16,15-18

Vivere il mistero – La domenica del Battesimo di Gesù chiude il tempo di Natale. Il lunedì successivo è il lunedì della prima settimana del Tempo Ordinario. La successiva domenica, la nostra, viene chiamata «seconda domenica del Tempo Ordinario». Nel Tempo Ordinario la Chiesa segue passo dopo passo lo svolgimento dell’apostolato pubblico di Gesù. Per questo motivo oggi la liturgia sceglie il primo miracolo di Gesù a Cana, chiamato il «primo dei segni». Tutto ciò che Gesù compirà in parole e opere nel suo apostolato pubblico, è destinato a manifestare la sua identità, come il miracolo di Cana è servito a manifestare l’identità del Maestro («manifestò la sua gloria»: Gv 2,11), e ad alimentare la fede dei suoi discepoli di allora e di oggi. I segni, infatti, hanno anche questo scopo. I discepoli sono chiamati a credere (cf. Gv 20,30-31) : «Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni… questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome»). Secondo diversi specialisti del Vangelo di Giovanni, nel primo e nel secondo capitolo del quarto Vangelo si nasconde la «settimana giovannea» (1° giorno: Gv 1 ,19-28; 2° giorno: Gv 1 ,28-34; 3°giorno:Gv 1,35-42; 4°giorno:Gv 1,43-51 [= un giorno]; 5°[= un giorno]; 6°[=terzo giorno 2,1-12 Cana), al culmine della quale c’è la creazione della nuova umanità. La liturgia non sembra apprezzare questo tipo di interpretazione perché taglia l’espressione dell’incipit originale («Tre giorni dopo») e lo sostituisce con l’incipit liturgico («ln quel tempo»). La liturgia preferisce concentrare l’attenzione sull’inizio dell’apostolato pubblico di Gesù. Si tratta di un inizio dove è racchiuso, in sintesi, lo stile e il messaggio di Gesù: esiste un modo nuovo di rapportarsi con Dio. Il miracolo di Cana è chiamato dal testo biblico greco l’arché (il primo, il modello esemplare, ecc.) dei segni compiuti da Gesù. Il testo greco dice che «Gesù fece questa arché dei segni», mentre la traduzione italiana dice: «Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù». Il segno di Cana è il primo dei segni a livello cronologico e il modello degli altri segni. Gli altri segni o miracoli vanno letti alla luce di questa salvezza abbondantissima («Sei giare!») e migliore («Tu hai tenuto da parte il vino buono finora»). Gesù dona gratuitamente il suo vino come fa la Sapienza (cf. Pr 9,5) perché Gesù è la Sapienza di Dio incarnata, alla cui tavola gli uomini mangiano e bevono (accolgono la Sapienza e il suo messaggio) per la salvezza (cf. Is 55,1-3; Sir 15,3; 24,19.21). Diversi studiosi collocano in questo orizzonte il simbolismo eucaristico, presente a Cana. Il vino nel mondo biblico era il simbolo dell’abbondante benedizione di Dio e il simbolo del Regno che viene (cf. ls 25,6). Il fatto che nelle nozze manchi il vino è un simbolismo ed evidenzia che il Regno è ancora lontano, L’ora di Gesù non era, infatti, ancora venuta. L’intervento della Madre è un’intercessione di salvezza e la risposta di Gesù non è irriverente, ma nasconde l’interessamento del Figlio perché la Madre non si preoccupi, Quando un orientale dice «Donna, che vuoi da me», (alla lettera, in greco, «Donna, che c’è tra te e me?») è come se un occidentale dicesse: «C’è mai stato contrasto tra noi?» oppure «È una cosa che non dovrebbe interessarci». Non c’è, dunque, nessun tipo di scortesia nella frase di Gesù. Anzi. Maria viene chiamata «donna». Si tratta di un modo onorifico di trattare la madre. Nel caso concreto è un titolo teologico: Maria è la donna in antitesi con Eva, è la donna annunciata nel «protovangelo» (Gen 3,15), infine è la donna alla quale il Figlio sulla croce affida la sua Chiesa (rappresentata dal discepolo che Gesù amava). Per Giovanni l’ora è il momento drammatico della croce, dove si manifesta la gloria di Dio in quanto sulla croce Gesù inizia la sua salita verso il Padre. Alle nozze di Cana Gesù manifesta, attraverso il segno del vino abbondante, il dono della salvezza (cf. l’abbondanza del vino come salvezza: Am 9,13-14; 0s 14,7; Ger 31 ,12; ecc.). Le considerazioni finali dell’Evangelista (Gv 2,11-12) dicono, in sintesi, il valore del miracolo: il miracolo di Cana è il primo in ordine cronologico ed è anche il modello degli altri perché il miracolo serve a manifestare l’identità di Gesù e a far crescere la fede dei discepoli.

(don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

La celebrazione comunitaria è quella che esprime in modo migliore la dimensione ecclesiale del sacramento della Penitenza e insieme meglio esalta l’importanza della chiesa-edificio come «luogo proprio» della celebrazione. Tutta la sequenza rituale del sacramento, infatti, coinvolge l’intera aula assembleare e i suoi principali poli liturgici. Innanzitutto è interessata nel rito la navata, cioè la parte della chiesa nella quale si riuniscono i fedeli e, nello specifico, i penitenti È un luogo che va preparato con cura in modo che essi possano ascoltare e meditare la parola di Dio, prepararsi alla confessione dei peccati, compiere la preghiera personale e comunitaria e, alla fine, fare il ringraziamento comune. La centralità dell’altare, debitamente preparato, illuminato e libero da «ogni attrezzo di lavoro», come normalmente dovrebbe presentarsi (!), e con la presenza della croce, indica l’orientamento e la meta di ogni cammino penitenziale, cioè l’Eucaristia dove Cristo offre il sacrificio di riconciliazione e come il luogo della festa e del banchetto imbandito per i figli ritrovati. Il documento della Conferenza Episcopale per l’adeguamento liturgico delle chiese fa notare che, in «riferimento alla celebrazione in forma comunitaria, occorre ricordare che nella chiesa alcuni I luoghi o segni come l’ambone e la sede, sono unici essi non vanno dunque ignorati né replicati, ma convenientemente utilizzati» (AC 31). (16– continua)

Programma dall’11 al 19 gennaio 2025

Letture: Isaia 40,1-5.9-11 / Salmo 103 / Tito 2,11-14-3,4-7

Benedici il Signore, anima mia.

 

Dal Vangelo secondo Luca (3,15-16.21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 11 18.00 + Allighieri Emma

+ Pasotti Costante

+ Sibilla Anna

+ Franca (annivers.)

Domenica 12 10.30

18.00

30° annivers. di Ordinazione diaconale di Enzo, Ernesto, Eros e Rino

50° di Matrimonio di: Barraco Antonino

Alba Francesca

+ Antonio, Giuseppina, Augusto ed Emilia

+ Marconi Edmondo ed Ebriana

+ Carolina Ladogana e Mario Conte e Anna

Lunedì 13 18.00 + Alessandro Gotti e famiglia
Martedì 14
Mercoledì 15
Giovedì 16
Venerdì 17 10.30 + Resta Albertina e Gagliardi Bruno
Sabato 18
Domenica 19 10.30

18.00

Deff. fam. Brignani e Venturini

+ Luigi, Antonia, Cesare ed Elettra

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì Venerdì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario

 

Anno : C

Gennaio 2025

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 12

Battesimo del Signore

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo): Mons. Giovanni Mosciatti presiede la celebrazione eucaristica in occasione del trentesimo di ordinazione diaconale di Enzo , Ernesto, Eros e Rino.

Ore 17.00 (oratorio): ”Natale con The Chosen” puntata speciale della serie “The Chosen” dedicata al Natale

Mercoledì 15 Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo”
Giovedì 16 Ore 18.00 (S. Paolo) : S. Messa per il mondo del lavoro presieduta dal vescovo mons. Giovanni Mosciatti a cui segue la testimonianza lavorativa di Roberto Pinardi.
Venerdì 17

S. Antonio Ab.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Sarà disponibile in chiesa il pane benedetto per gli animali

Domenica 19

II del T. O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Dopo la S. Messa delle 10.30 verrà inaugurata la mostra di Carlo Acutis

Ore 15.00 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”.

2- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

1- Domenica 12 gennaio

Ore 17.00 (oratorio): ”Natale con The Chosen” puntata speciale della serie “The Chosen” dedicata al Natale

Visita alle famiglie con benedizione

13 – 17 gennaio

(dalle ore 15.00)

Lunedì 13 : Via Celletta, Felice

Martedì 14 : Via S. Antonio, Trebeghino, Borsellino

Mercoledì 15 : via Fornace di sopra, Eynard (pari)

Giovedì 16 : via Petrucci (pari), Eynard (dispari),

Palmiera

Venerdì 17 : Via Petrucci (dispari), p.le d’Este

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Mc 1,14-20 Mc 1, 21b-28 Mc 1,29-39 Mc 1,40-45 Mc 2,1-12 Mc 2,13-17

Vivere il mistero – Con la festa di oggi portiamo a compimento i giorni della gioia del Natale: il bambino che abbiamo accolto con Maria e Giuseppe nell’umiltà e nella provvisorietà di un presepio, quel bambino che, avvolto in fasce, abbiamo riconosciuto – con i pastori – quale Salvatore e che – con i Magi – abbiamo adorato come luce del mondo… ecco che si fa uomo fino a farsi umano in tutto. Questo grande mistero non avviene nella cornice della notte di Betlemme, in cui gli angeli danzano e una nuova stella brilla, ma in pieno giorno: sulle rive del Giordano, davanti a tutti! Non possiamo comunque nascondere una certa delusione per questo lungo silenzio, per questa lunga parentesi biografica: da Gesù bambino e adolescente ci troviamo di fronte a un uomo maturo e nel pieno della sua vitalità. Con la sua consueta esattezza da storico l’evangelista Luca ci dice che «aveva circa trent’anni», (Lc 3,23). Il Vangelo, e con esso la liturgia, ci aiutano a entrare nel mistero della vita nascosta di Gesù, proprio facendoci cogliere appieno il risultato finale di tutto questo tempo di attesa e di preparazione. Il Signore Gesù scende al Giordano e «quando tutto il popolo fu battezzato» – solo allora – si dice «ricevuto anche lui il battesimo» diventa in tutto e per tutto uno di noi, come noi eppure così diverso da ciascuno di noi. 0ggi contempliamo il Verbo incarnato che diventa Verbo «umanato». Colui che si è fatto carne nel seno della Vergine nell’umile casa di Nàzaret, colui che si è mostrato bambino nell’improvvisato rifugio di Betlemme eccolo ora affondare nelle acque del Giordano, davanti ai nostri occhi, in tutta la sua statura di «homo certior et verior», come diceva Tertulliano.  Sotto i nostri occhi, per così dire, il Signore Gesù si trasforma per noi da oggetto di adorazione in soggetto di relazione: da uomo a uomo, da umanità a umanità! Ma cosa ha significato per Gesù diventare uomo come noi dopo aver assunto una carne in tutto simile alla nostra? Con le parole del profeta e del Precursore potremmo dire che Gesù si è dedicato al grande compito della conversione: «Ogni valle sia innalzata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata» (ls 40,4). Questo lavoro di crescita e di maturazione, necessario a ogni persona per diventare ciò che è, creando equilibrio e armonia tra le varie parti dell’essere, è stato pure vissuto da Gesù. Secondo il Vangelo, egli «cresceva in età, sapienza e grazia» (Lc 2,52) e, secondo la lettera agli Ebrei, «imparò… e fu reso perfetto» (Eb 5,8-9) così da diventare non solo archetipo del genere umano – a motivo della carne assunta – ma pure prototipo. Il Signore Gesù diventa così il modello di ogni uomo per la personalità conquistata a prezzo di un lungo lavoro da «falegname» (Mc 6,3) attorno agli inevitabili avvallamenti e depressioni sempre congiunti a protuberanze e spigoli. Quando tutto il popolo ebbe attraversato l’acqua ecco che Gesù vi discende egli stesso per «portare a compimento la sua «umanazione». Accogliendo così non so lo la nostra carne ma si fa anche pienamente carico della nostra storia, delle nostre storie che sono sempre e comunque un po’ sporche almeno a motivo del sudare che è proprio del vivere in quanto tale. […] Prima di chiederci di appartenere a lui con tutto ciò che siamo e con tutto ciò che non siamo ancora, egli – Verbo eterno e purissimo – si è immerso in quel fango da cui la sua stessa mano ci aveva modellati nel «sesto giorno» (Gen 1,31). Ed ecco che «il cielo si apri». Gesù vera carne, Gesù vero uomo «nulla disprezza di quanto ha creato». Egli si immerge sereno nelle torbide acque primordiali da cui scaturisce l’umanità come una cosa «molto buona». Proprio questa libertà di contatto che anima Gesù fa sì che lo Spirito invisibile assuma anch’Egli una forma: la colomba, il più puro degli animali perché sempre in amore. In questo contesto di rivelazione intima e sponsale risuona l’inaudibile voce del Padre attraverso la soavissima esultazione del compiacimento amante: «Tu sei il mio figlio, l’amato, in te ho trovato gioia» si potrebbe tradurre! Ma cosa ha fatto Gesù?! L’evangelista Luca fa entrare Gesù nella sua vita pubblica dicendo semplicemente e solamente «stava in preghiera». La via per raggiungere la «piena maturità» (Ef 4,13) nell’umanità sembra essere proprio la preghiera. Questa capacità di stare davanti a Dio talmente con i piedi a terra da affondarli nella melma e, al contempo, lo sguardo rivolto al cielo fa di noi non solo degli esseri viventi, ma esseri umani. Perché il Padre si compiaccia di noi non è necessario fare molto, basta «essere preghiera» (Sal 108). Essa è l’opera più grande, forse la più difficile, ma di certo la più umana perché così divina. La preghiera ci permette di forgiare l’uomo nuovo che anela a essere continuamente rigenerato nella gioia e nella pace. Tra l’incudine della presenza di Dio e il martello del nostro desiderio di essere figli e fratelli si forgia ciò che già siamo e che pure ancora dobbiamo diventare. […] Mentre portiamo a compimento il tempo di Natale si apre per noi il tempo dell’imitazione e della conformazione. (padre Sandro Carotta)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Si tratta di un ambiente «destinato esclusivamente a questo scopo e comprende il luogo della Parola, la sede del celebrante, l’aula per i fedeli e alcune celle per la confessione e la riconciliazione individuale». Per ogni cella viene pure specificato che sia dotata di un crocifisso, della sede del sacerdote, di una grata con la possibilità anche di un colloquio diretto, un inginocchiatoio e un sedile per il penitente. È ovvio che nella penitenzieria non debba esserci l’altare, se no diventerebbe un’altra piccola chiesa, anche se idealmente il penitente deve essere condotto attraverso un itinerario di conversione che lo porti all’aula e alla mensa eucaristica, il luogo della festa piena e finale. Questa ultima ipotesi di soluzione, tuttavia, pare adatta – secondo i documento stesso – solamente per le chiese nelle quali si celebra con grande frequenza il sacramento della Penitenza, come ad esempio i santuari o i luoghi di pellegrinaggio. L’aula eucaristica, con un’area e le sedi penitenziali dedicate alla Riconciliazione, è lo spazio proprio della celebrazione sacramentale, sia per quella comunitaria sia per quella dei singoli penitenti proposte dal nuovo Rituale. Per quanto riguarda la celebrazione comunitaria della Penitenza nella seconda forma, cioè il Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale, i documenti di riferimento non offrono molte informazioni sullo spazio liturgico, tuttavia si trovano indicazioni sufficienti per comprenderlo nella sua funzionalità e simbolicità. (15– continua)

Il restauro alla cappellina del SS.mo Sacramento

Nei mesi scorsi, grazie alla generosa offerta di una parrocchiana, è stato possibile realizzare un intervento nella cappella del Santissimo Sacramento, di sostituzione di gran parte dell’intonaco fino ad altezza persona, perché molto umido, con un intonaco traspirante e la relativa imbiancatura di parte della cappella, per renderla ancor più accogliente. Questa operazione ha richiesto varie settimane soprattutto per dare modo al muro di far uscire gran parte dell’umidità e rendere più efficace la resa del nuovo intonaco.
Un grazie di cuore a chi ha permesso la realizzazione di questa opera, che potrebbe segnare l’avvio di un progetto di restauro della intera chiesa di San Paolo, che ha certamente bisogno di un aggiornamento dell’impianto elettrico e di illuminazione, anche per ridurre i costi della energia elettrica, di un restauro delle vetrate istoriate (che lasciano passare soffi di aria fredda in quantità, il rifacimento di altre finestre (apribili soprattutto per dare aria durante l’estate sempre più torrida), l’imbiancatura dell’intera chiesa e un buon restauro dell’organo a canne potrebbe completare l’opera. L’esempio di questa parrocchiana, spero possa far nascere a qualche altro la volontà di dare un congruo contributo a tal fine. Ovviamente questo tipo di intervento vedrebbe il contributo dell’8Xmille pari al 70% della spesa il resto sarebbe a carico dei parrocchiani. Nell’Anno Santo della Speranza……spero.
Don Pietro, parroco.

San Paolo testimone di Speranza

don Pietro Marchetti, parroco

In occasione della festa del nostro Santo Patrono, San Paolo, viene quasi spontaneo domandarci come questo santo abbia vissuto e testimoniato la Speranza Cristiana, dato che nella lettera ai Romani parla di “una Speranza che non delude” (Romani 5,5).
Ci chiediamo, quindi se una vita felice sia sperimentabile quaggiù o se essa appartenga solo a un futuro che non diventerà mai presente.
Certo che la felicità a cui noi aspiriamo non ha nulla a che vedere con una visione edulcorata della vita, che certe riviste patinate o certi programmi televisivi cercano di propinarci, né ha qualcosa da spartire con quella retorica stucchevole di chi è sempre pronto a somministrare facili ricette sul come essere felici.
Di sicuro la felicità non è uno stato d’animo circoscrivibile una volta per tutte, soprattutto perché essa va compresa sullo sfondo della complessità della vita, che nella sua concretezza non è priva di asperità o di sofferenze che sembrano contraddire le aspettative di felicità che albergano nel nostro cuore. L’antidoto contro l’estinzione di ogni aspettativa o desiderio di felicità che portiamo in cuore ci viene proprio dalla Speranza. L’importanza che essa riveste nella nostra vita, ha trovato il suo massimo riscontro nel cristianesimo, tanto da collocarla accanto alla fede e alla carità, virtù che fanno riferimento diretto a Dio e che fanno percepire ai credenti la Sua presenza provvida e amorosa, presenza che li illumina e li sostiene nel viaggio spesso faticoso della vita. Per questo occorre che il nostro sperare non rimanga un esercizio astratto o affidato ad altri, ma sia coltivato, come dice Papa Francesco, e sia organizzato nella vita concreta di ogni giorno, sia a livello personale che comunitario per tramite di parole e gesti improntati alla comprensione e all’ accoglienza dell’altro, alla benevolenza, alla solidarietà, alla giustizia e alla pace.
A questo punto diamo la parola al nostro amato San Paolo che nei suoi scritti ci ha lasciato una testimonianza forte di come la Speranza sia sempre stata una sua compagna di viaggio nella vita e di come essa si sia a lui manifestata tanto da affermare che la “Speranza non delude”.
Prima di tutto San Paolo concepisce la vita cristiana come una esperienza che nasce dalla fede e si manifesta nell’amore e si vive nella speranza. Inoltre San Paolo afferma che la Speranza ha un rapporto diretto con la Parola di Dio che attraverso la perseveranza e la consolazione teniamo viva la nostra speranza (Romani cap. 15, 4), in quanto la Sacra Scrittura ci racconta la fedeltà di Dio che avendo sempre mantenuto le promesse a Israele, continuerà ad essere fedele nel presente e nel futuro dei credenti, quindi una Speranza fondata sull’Amore di Dio per l’umanità.
Per San Paolo la speranza cristiana non è una semplice attesa passiva, né una comoda evasione dal presente, né si riduce a un ottimismo facile: è invece fiduciosa e attiva presenza nel mondo. E’ un atteggiamento profondamente impegnativo, che sostiene e anima la perseveranza e la fedeltà del cristiano, perché la speranza cristiana si fonda sull’esperienza dell’amore di Dio, comunicato personalmente e interiormente al credente.
“La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rom. cap. 5, 5).
La Speranza, afferma San Paolo, è un dono di Dio che nonostante le sofferenze della storia, genera misteriosamente gioia e pace nel cuore del credente, quali espressioni della presenza dello Spirito effuso nel suo cuore.
Carissimi massesi, San Paolo, ci ha chiaramente fatto capire che la Speranza è un dono di Dio e non è frutto del nostro ottimismo: allora non ci rimane altro da fare se vogliamo essere persone di speranza, che chiederla con perseveranza e con fede al Signore.