Letture: Atti degli Apostoli 10,34a.37-43 / Salmo 117 / Colossesi 3,1-4
Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Dal Vangelo secondo Giovanni (20,1-9)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
Sabato 19 | ||
Domenica 20 | 10.30
18.30 |
+ Tomaso Sangiorgi, Liliana e Attilio Ragazzini
+ Francesco Berardi, Maria, Demo e Luigi + cg. Teseo e Valeria Penazzi Per le Anime del Purgatorio e per le varie intenzioni di Maria Teresa |
Lunedì 21 | ||
Martedì 22 | 8.00 | + Adriano Castelli
+ Brusa Sara e Benfenati Anselmo |
Mercoledì 23 | ||
Giovedì 24 | ||
Venerdì 25 | 9.15 | Per i caduti di tutte le guerre |
Sabato 26 | ||
Domenica 27 | 18.30 | Vivi e defunti famiglia Dovadola Ivano e Ruffini Armanda e secondo le intenzioni di Maria Teresa (vivente)
+ Pia e Francesco |
Orario Confessioni Venerdì ore 10.00 – 11.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 16.45 – 17.45 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni ore 17.40 : Novena della Divina Misericordia
ore 17.55 S. Rosario
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
Anno : C
Aprile 2025 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 20
Pasqua di Risurrezione |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa Solenne Ore 17.40 (S. Paolo) : Novena della Divina Misericordia |
Lunedì 21 | Ore 17.40 (S. Paolo) : Novena della Divina Misericordia |
Martedì 22 | Ore 17.40 (S. Paolo) : Novena della Divina Misericordia |
Mercoledì 23 | Ore 17.40 (S. Paolo) : Novena della Divina Misericordia |
Giovedì 24 | Ore 17.40 (S. Paolo) : Novena della Divina Misericordia |
Venerdì 25 | Ore 9.15 (S. Paolo) : S. Messa per i caduti di tutte le guerre con la partecipazione delle autorità nell’anniversario della liberazione
Ore 17.10 (S. Paolo) : Novena della Divina Misericordia Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario |
Sabato 26 | Ore 17.40 (S. Paolo) : Novena della Divina Misericordia |
Domenica 27
II dopo Pasqua |
Della Divina Misericordia
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo) Ore 15.00 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e Coroncina della Divina Misericordia Ore 16.00 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”. (avviso a parte) |
Visita alle famiglie con benedizione
22 – 24 apr 2025
(dalle ore 15.00)
Lunedì 22 : Via Monte Grappa, Zecca, Oberdan,
Torchi, Saffi, P.za Marconi, P.za Matteotti.
Martedì 23 : Via Borgo Pescatori, Dei Lombardi,
XIII Aprile, Bonvicini, P.za Mazzini.
Mercoledì 24 : Corso Vittorio Veneto, via della Pace.
Alla scuola di Gesù : | |||||||||||
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato | ||||||
Mt 28,8-15 | Gv 20,11-18 | Lc 24,13-35 | Lc 24,35-48 | Gv 21,1-14 | Mc 16,9-15 |
Vivere il mistero – La domenica di Pasqua celebra la vittoria di Cristo sulla morte. Questa domenica, matrice di tutte le domeniche dell’anno, è una sorta di pregustazione della salvezza definitiva che avrà il suo coronamento nella parusia, quando il Signore ritornerà nella sua gloria immortale. Andiamo alle due pericopi evangeliche proposte dalla liturgia odierna. Le parole di Maria provocano la corsa al sepolcro di Pietro e del discepolo amato. Generalmente questi due discepoli sono citati assieme dall’evangelista Giovanni. Con molta probabilità hanno un ruolo rappresentativo; Pietro incarna l’istituzione, mentre il discepolo amato il carisma. Se il primo riveste un ruolo di autorevolezza, il secondo è l’icona della chiaroveggenza dell’amore. Entrambi sono necessari per giungere atta fede pasquale. Ma Giovanni ci fa attenti ad un verbo: «vedere» sinonimo di «credere». Non a caso questo verbo ricorre con frequenza nel nostro brano e con delle significative sfumature. Quando il discepolo amato giunse al sepolcro «vide i teli posati là» (Gv 20,5). Qui viene utilizzato iI verbo blépein, che indica il semplice vedere sensoriale, fisico. Vi è poi un secondo verbo, theoréin, quando Pietro, giunto al sepolcro: «osservò i teli posati là» (Gv 20,6). In questo caso abbiamo un vedere più riflessivo, attento; un vedere che pondera e cerca di capire. Il terzo verbo è orao, il verbo usato da Giovanni per esprimere la fede, la confessio fidei. Giovanni, infatti, conclude l’episodio affermando che il discepolo amato. «Vide e credette» (Gv 20,8). Giovanni traccia una sorta di itinerario della fede pasquale che, da uno sguardo piuttosto frettoloso sul sepolcro vuoto, giunge al riconoscimento credente. La frase finale appare un po’ enigmatica: «Infatti non avevano ancora appreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti» (Gv 20,9). I discepoli non avevano ancora visto nella Scrittura una testimonianza della risurrezione di Gesù. E in questo orizzonte che va colto anche il «non sappiamo» di Maria (cf Gv 20,2). Tuttavia, il discepolo amato, vedendo i segni, crede. La Messa vespertina del giorno prevede il famoso racconto dei due discepoli di Emmaus. Questo brano non presenta il conferimento della missione, ma la modalità con cui il Risorto si fa conoscere. Nella sua forma letteraria si rifà alla conversione dell’etiope narrata da Luca in At 8,26-40, dove però viene svolto il tema del battesimo. Gesù si accosta ai discepoli in fuga da Gerusalemme e chiede loro di cosa stanno discutendo lungo la strada. Non chiede chi sono, donde vengono e dove vanno. Chiede qual è l’argomento della loro conversazione. La risposta è un misto di incredulità e meraviglia: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?» (Lc24,18). Ribatte Gesù: «Che cosa?» (Lc 24,19). Gesù vuol far parlare i due, i quali iniziano raccontando i fatti riguardanti il rabbi di Nazareth. Dal loro racconto emerge che erano stati inizialmente conquistati da quel rabbi che appariva come profeta potente in parole e opere. Tutto sarebbe stato bello, ma purtroppo la morte ha frantumato le loro speranze. Per questi due discepoli non c’è continuità tra il profeta potente e il crocifisso. Gesù allora prende la parola è parla di una necessitas divina (cf Lc24,26). La morte in croce non è stata una fatalità, ma rientra nel disegno di Dio, un disegno d’amore di cui la croce ne è la fulgente immagine. Sì, perché solo l’amore può dare senso all’insensatezza della sofferenza riscattando ogni ingiustizia. Se è solo la croce a presentarsi davanti allo sguardo, l’unica reazione è la fuga; se invece è l’amore a parlare dalla croce c’è attrazione. Poi Gesù, attraverso la Parola di Dio, rilegge e interpreta la sua vicenda pasquale. L’apertura delle Scritture provoca l’apertura degli occhi, che rende possibile riconoscere il Signore e riconoscerlo nel gesto della sua offerta, lo spezzare il pane. Se lungo la strada lo vedevano ma non lo riconoscevano, ora lo riconoscono sebbene lui sparisca. Questo non significa che divenga assente; anzi è e rimane presente nella sua modalità di Risorto. L’Eucaristia è, appunto, questa modalità di presenza lungo il cammino della storia. Il laetissimum spatium. La domenica di Pasqua inaugura il laetissimum spatium, come amava dire Tertulliano (160-220), il tempo della gioia per la vittoria della vita sulla morte. Questa gioia traboccante si estende per cinquanta giorni, fino a Pentecoste. A livello spirituale occupa invece tutta l’estensione del tempo in cui la comunità dei credenti vive il suo esodo da questo mondo a Dio e va oltre sfociando nei cieli nuovi e nella terra nuova, dove la festa non avrà mai fine. Il laefissimum spatium è il tempo di Cristo; lui è la vera Pasqua, tanto che Gregorio Nazianzeno (329- 390) affermava: «O grande e santa Pasqua, salvezza di tutto il mondo! lo ti parlo come si parla ad un essere vivente» (Oratio 45,30). È pure il tempo dello Spirito promesso ed effuso dal Signore. È il tempo della Chiesa, nata ai piedi della croce e che nel giorno di Pentecoste ha avuto la sua manifestazione al mondo. E non da ultimo il laetissimum spatium è un’anticipazione del tempo escatologico. Vivere il tempo escatologico significa saper vivere Cristo, la gioia vera, come abbiamo detto. E questo è estremamente impegnativo e difficile; viviamo in una cultura neopagana, siamo attraversati dall’incredulità nell’eterno, per cui il tempo escatologico è un tempo disabitato. La pasqua deve, invece, aiutarci a recuperare la grazia della nuova creazione inaugurata dal Risorto; nuova creazione nella quale l’uomo nuovo ritrova la sua sorgente e il suo fine ultimo, ritrova Colui che ha conosciuto nella fede, amato e seguito nella prova e che è chiamato a contemplare nella gloria. Amen, Alleluia! (p. Sandro Carotta)