don Pietro Marchetti
Ci stiamo preparando a vivere un tempo di grande Grazia con l’Anno Santo che si apre alla vigilia del Santo Natale di quest’anno, soprattutto saremo chiamati ad essere portatori di Speranza.
Riporto l’introduzione che Mons. Erio Castellucci, vescovo di Modena e Carpi, ha fatto nel recente incontro al duomo di Faenza, presenti anche tante persone della nostra diocesi. Così ha esordito: “quando si parla del nostro tempo lo si associa alla pesante parola “Crisi”; la crisi del nostro tempo e a questa, si associa, quella della “crisi della nostra Chiesa” e in generale del cristianesimo in occidente: questo è vero perché abbiamo dei fatti e non delle ideologie, abbiamo una crisi culturale che porta tanti drammi esistenziali, tanta solitudine, anche negli adolescenti e nei giovani, che spesso si esprime nel silenzio, nella chiusura; abbiamo una crisi climatica con tutte le sue conseguenze che ben conosciamo; abbiamo una crisi geo-politica impressionante, guerre, tensioni; abbiamo una perdurante crisi economica, la forbice tra ricchi e poveri nel mondo cresce: questo è un fatto e dentro tale crisi c’è anche la Chiesa, grazie a Dio c’è anche la Chiesa, perché diversamente potremmo pensare che la Chiesa sia fuori dal mondo, che viva in una bolla beata, che non si interessa dei problemi della gente, che sorvola la storia come una mongolfiera, invece la Chiesa come l’ha voluta Gesù cammina sulla strada, assieme agli uomini e respira la stessa polvere, vive le stesse gioie e le stesse fatiche.
Quando diciamo “crisi della Chiesa” diciamo una cosa vera, che deve esserci, perché se la chiesa non fosse in crisi non sarebbe la Chiesa di Gesù, sarebbe una chiesa che abita altrove. Però la Chiesa non deve lasciarsi travolgere dalla crisi, ma deve abitare la crisi destando segni di SPERANZA. San Pietro diceva: “siate sempre pronti a rendere ragione, a chiunque vi chiede, della Speranza che è in voi”.
Di fronte alla crisi del mondo la Chiesa non può ripiegarsi su se stessa (si salvi chi può, siamo in un’isola beata, cerchiamo di mantenere quello che c’è, di restaurare, di rifarci il trucco). La Chiesa in questo modo tradirebbe se stessa se si fermasse ad essere un’ isola felice.
Gesù la vuole come Sale-Luce-Lievito, immagini semplici, Gesù non ha mai detto che la Chiesa debba essere un esercito, un castello, ma ha detto “siete il sale, la luce, il lievito” : immagini apparentemente deboli. Se abbiamo fame non mangiamo il sale, ma gli alimenti conditi con il sale, se cerchiamo la luce, non guardiamo il sole, ma le cose illuminate dal sole, e non mangiamo una bustina di lievito, ma mangiamo una torta dove è usato il lievito: questo per dire che noi siamo qui per servire: “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”.
Il nostro compito è quello di iniettare nel mondo la Speranza che è quella in Gesù Risorto: con Gesù si parla di vita-morte-vita. Già da ora ci debbono essere segni di resurrezione, nelle nostre relazioni: accettiamo serenamente di non essere tutta la pasta, ma soltanto il lievito, accettiamo di essere minoranza, però CREATIVA, non minoranza AGGRESSIVA ma neanche minoranza REMISSIVA, ma CREATIVA.
“Proponiamo qualcosa di bello, iniziando ad abbassare il tono dei lamenti che sono tanti. La Chiesa non si deve ripiegare su se stessa, ma mantenere una attenzione al territorio e ai suoi problemi” .
Questo è il compito che Gesù chiede a ciascuno di noi e alla nostra comunità: essere lievito di SPERANZA.