La primitiva chiesa di San Salvatore, fabbricata a baluardo e tutela della città, fu costruita nel 1640 circa. Come fosse, risulta da una veduta di Massa del seicento conservata proprio entro questa chiesa.
La rotta del fiume Santerno nel 1745 atterrò quasi completamente la chiesa che fu poi ricostruita, su disegno attribuito a Cosimo Morelli, nel 1789 in forma più ampia e decorosa.
La facciata è divisa trasversalmente in due parti di cui la superiore è coronata da un timpano triangolare; inferiormente, al centro, si apre la porta sormontata da un timpano rotondo. In alto, al centro, una finestra pure con timpano, ai lati due nicchie ora vuote e un tempo con le statue di San Giuseppe e San Paolo.
L’interno è a una navata coperta da volta a botte: sulle pareti laterali sono disposte due ancone di stucco per ornamento degli altari; due colonne rotonde sostengono l’arco trionfale che separa il presbiterio disadorno.
Anche questa chiesa seguì la soppressione in epoca napoleonica. Nel 1830 la Reverenda Camera Apostolica la cedette alla Pia Unione di San Francesco di Paola ivi eretta fin dal 1780. Venuta meno ai suoi obblighi detta Pia Unione, per decreto del Vescovo diocesano in data 1 febbraio 1851, la chiesa divenne proprietà del Vescovo stesso che vi nominò un sacerdote per l’esercizio del culto.
Nel 1857 fu restaurata la facciata ad opera di Antonio Mondini (massese) e nel dicembre 1881 vi fu privatamente trasportata l’immagine della Beata Vergine detta della Porta. Questa antica immagine di terracotta era prima collocata sulla porta imolese; nel 1723 i massesi vollero costruire e dedicare ad Essa una piccola chiesa in segno di riconoscenza per le segnalate grazie che ricevevano pregando davanti ad Essa. Demolita tale celletta appunto nel 1881, la statua fu portata qui.
Anche San Salvatore ha subito larghe ferite durante l’ultimo conflitto 1940-45 sia all’interno che all’esterno. Con l’intervento del Genio Civile di Ravenna sono stati riparati tutti i danni e ora si presenta bene.
Attende di essere rifinita all’interno e di essere riaperta al culto.
[Tratto da “Un passato che rimane presente” di Don Orfeo Giacomelli]