Programma dal 2 al 10 novembre 2024

Letture: Deuteronomio 6,2-6 / Salmo 17 / Ebrei 7,23-28

Ti amo, Signore, mia forza.

Dal Vangelo secondo Marco (12,28b-34)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».

Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 02 8.00

10.00

15.00

18.00

+ Elisa, Vincenzo e deff. fam. Biancoli e Penazzi (S. Paolo)

+ fam. Foschini, Capucci, Rabeggiani, Farolfi e Pacilli

+ Dovadola Ivano e Ruffini Armanda (Santuario)

Per tutti i defunti (Santuario)

+ Preda Maria Teresa (S. Paolo)

Domenica 03 10.00

18.00

Pro populo

+ Facchini Franca e Lanzoni Marta

Lunedì 04 9.30

18.00

Per i defunti di tutte le guerre

+ Carmela, Vincenzo, Leonina e Giuseppe

Martedì 05 8.00 + Luigi Rizzi (detto Carlo)
Mercoledì 06
Giovedì 07 18.00 + Stefano Gattucci (anniv.)
Venerdì 08
Sabato 09
Domenica 10 10.30 + Amadei Angelo e Carlo, Brandolini Irene e Fabbri Adamo

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni (fino a Sabato) ore 16.55 S. Rosario

ore 17.30 Via Crucis

Anno : B

Novembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 03

XXXI del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)

Lunedì 04 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)
Martedì 05 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)
Mercoledì 06 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”

Giovedì 07 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)
Venerdì 08 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)
Sabato 09

Dedic. basilica Lateranense

Ore 7.30 (S. Paolo) : Partenza in processione verso il Santuario della B.V. della Consolazione recitando il S. Rosario.

Ore 8.00 (Santuario) : Celebrazione della S. Messa

Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)

Domenica 10

Dedicazione della chiesa di S. Paolo.

447mo anniversario della Dedicazione della chiesa di S. Paolo

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 11.00 (Piancaldoli) : Ritrovo annuale degli aderenti alla “Associazione don Orfeo” con S. Messa e assemblea.

1 – Da Domenica 27 ottobre è tornata l’ora solare . Fare attenzione ai cambi di orario delle celebrazioni liturgiche (S. Messa vespertina e S. Rosario anticipati di mezz’ora).

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 14,12-14 Lc 14,15-24 Lc 14,25-33 Lc 15,1-10 Lc 16,1-8a Gv 2,13+-22

Vivere il mistero – Al tempo di Gesù, i rabbini si ponevano la domanda su quale fosse il comandamento più grande e il mondo rabbinico era orientato verso il comandamento dell’amore di Dio, così come veniva recitato nella preghiera quotidiana dello Shemàch (Dt 6,2-6): «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dia con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do ti stiano fissi nel cuore» Meno interessante era il comando dell’amore dell’ebreo verso gli altri ebrei: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore» (Lv 19,18). Per gli stranieri, che vivevano insieme agli ebrei, il comandamento era quasi dimenticato perché gli «stranieri» erano i dominatori romani: «Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,34). Gesù colloca al primo posto, come fondamento dell’agire morale, il comandamento dell’amore verso Dio, il prossimo e se stessi e lo fa diventare anche primo fondamento del culto. Sul comandamento dell’amore ci sono alcuni fraintendimenti che vanno chiariti. Il primo è quello di pensare che il comandamento dell’amore-agàpe riguardi solo la reazione che il credente deve avere con Dio e con il prossimo.  Non è così. Non si può, infatti, dimenticare che l’amore cristiano ha tre destinatari: Dio, il prossimo e se stessi. Mancando un sano amore verso se stessi non si è capaci di amare veramente il prossimo perché uno dipende dall’altro («Amerai il tuo prossimo come te stesso»). Se poi, si riflette, si comprende che l’amore ha una sorgente unica: l’io più profondo dell’uomo. Questo significa che i tre destinatari non sono disgiungibili. Non si può amare Dio e non amare gli altri o se stessi. Non si può amare il prossimo senza amare Dio e se stessi. Il secondo fraintendimento da chiarire è l’apparente opposizione tra amare se stessi e rinnegarsi, come Gesù aveva detto (Mc 8,34 «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»). Quando Gesù chiede al proprio discepolo di rinnegarsi, intende dire che il discepolo non deve pensare alla propria realizzazione secondo la logica degli uomini. Deve rinnegarsi, secondo la logica degli uomini. Ciò implica l’amarsi secondo Dio. Per riuscire ad amarsi secondo Dio, il discepolo è chiamato a imitare Cristo e imparare ad amarsi come Cristo ha saputo amare se stesso. Gesù Cristo ha amato se stesso, accogliendo fino in fondo la volontà del Padre. Il terzo fraintendimento nasce dal fatto che l’amore del prossimo è pensato come un comandamento che nasce solo e unicamente dalla buona volontà del credente. Anche in questo campo bisogna essere prudenti. Gesù inserisce il comandamento in un contesto di preghiera. Il primo comandamento enunciato dal Maestro non è altro che la citazione dello Shemàch la preghiera quotidiana del pio ebreo (Dt 4,6-7). Lo scriba, associando l’amore di Dio e del prossimo, afferma che l’amore è superiore agli atti sacrificati di culto. Gesù riprenderà il tema: prima il dialogo con il fratello, poi viene la presentazione dell’offerta (cf. Mt 5). «Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia li il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono»). Certamente amore e preghiera sono due cose diverse, ma nel pensiero neotestamentario sono profondamente congiunti. (don Renato de Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Il rito si conclude con un’ultima orazione presidenziale a scelta tra sette formulari, la benedizione e il congedo dell’assemblea. Certamente questa modalità sacramentale costituisce la novità rituale più importante dell’intero Rituale, che non trova alcun appoggio nella tradizione liturgica ma si tratta di un vero e proprio arricchimento. L’innovazione, comunque, appare ibrida e comporta solamente la prima parte dell’Ordo, cioè quella di una preparazione comunitaria immediata, e quella finale, con il ringraziamento comune e la benedizione, ma non del vero centro della celebrazione, ovvero quello della riconciliazione: infatti, ogni penitente, dopo la confessione segreta e individuale, deve ricevere individualmente e in privato anche l’assoluzione. Vi è dunque una ricaduta nella forma privatistica del sacramento, o forse una mancanza di coraggio, sminuendo quella celebrazione che avrebbe dovuto manifestare «più chiaramente la natura ecclesiale della penitenza» (RP 22). Per di più, questa seconda forma risulta troppo lunga e non raramente rimane inconclusa, nel senso che la celebrazione non termina quasi mai con il momento finale di lode e ringraziamento comune, ma ognuno lo compie privatamente e, poi, riservatamente si congeda. L’ultima forma sacramentale della Penitenza, la terza, porta il titolo di Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione generale (RP 60-63 e 64-66 per il rito abbreviato in caso d’urgenza o in pericolo di morte). È probabilmente la celebrazione del sacramento che rende – o dovrebbe rendere – ancora più visibile la dimensione ecclesiale del cammino di conversione, di penitenza e di riconciliazione. Pure qui ci troviamo di fronte a una coraggiosa riforma del Rito della Penitenza, perché, per questa terza modalità sacramentale, è prevista l’assoluzione in forma collettiva a più penitenti senza che sia preceduta dalla confessione individuale. Una novità attesa da molte parti ma allo stesso tempo o molto contrastata, o non adottata da tutte le Conferenze Episcopali, oppure quasi mai consentita dai vescovi nelle proprie diocesi. La severa disciplina con cui è accompagnata, cioè di ricorrere appena possibile alla confessione auricolare dei peccati gravi prima di ricevere nuovamente tale assoluzione e comunque entro un anno, e il carattere di eccezionalità di cui è rivestita, oltre al «pericolo di morte» è permessa solo per una situazione di «grave necessità», fanno di questa terza formula sicuramente quella più sofferta e poco utilizzata, in quanto poco realizzabile. Dal punto di vista rituale, questa terza forma celebrativa non si discosta dalla precedente se non nella parte centrale. (5 – continua)

Programma dal 26 ottobre al 3 novembre 2024

Letture: Geremia 31,7-9 / Salmo 125 / Ebrei 5,1-6

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Dal Vangelo secondo Marco (10,46-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».

Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».

Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.

Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 26

18.30

+ cg. Sabatino e Margherita, Primo e Vittorio

Domenica 27

10.30

18.00

+ Moroni Marcello

+ Settembrini Augusto e Ballardini Cesira

Lunedì 28

18.00

+ Cerfogli Elisa

Martedì 29

8.00

+ Montesi Natale

Mercoledì 30

   

Giovedì 31

18.00

+ Sangiorgi Gian Battista, Vittorina, Giacomo, Maria e Raimondo

Venerdì 01

   

Sabato 02

8.00

10.00

+ Elisa, Vincenzo e deff. fam. Biancoli e Penazzi (S. Paolo)

+ fam. Foschini, Capucci, Rabeggiani, Farolfi e Pacilli

+ Dovadola Ivano e Ruffini Armanda (Santuario)

Domenica 03

   

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

 

Anno : B

Ottobre – Novembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 27

XXX del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 15.30 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”.

Ore 18.00 (oratorio) : “Octobeerfest” – Quartieri in festa

Lunedì 28

Ss. Simone e Giuda ap.

S. Messa ad orario feriale

Mercoledì 30

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”

Venerdì 01

Tutti i Santi

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario intero per tutti i defunti

Sabato 02

Commemorazione fedeli defunti

Ss. Messe alle ore 8.00 e 18.00 (S. Paolo) e

Ore 10.00 (Santuario)

Ore 15.00 (Santuario) : S. Messa (segue benedizione alle tombe)

Domenica 03

XXXI del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

1 – Da Domenica 27 ottobre torna l’ora solare . Fare attenzione ai cambi di orario delle celebrazioni liturgiche (S. Messa vespertina e S. Rosario anticipati di mezz’ora).

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :

 

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

 

Lc 6,12-19

Lc 13,18-21

Lc 13,22-30

Lc 13,31-35

Mt 5,1-12a

Mt 25,31-46

Vivere il mistero – Nel mondo ebraico dell’epoca di Gesù, la cecità era simbolo della mancanza di fede perché il cieco non poteva leggere la Torah e senza la conoscenza della Torah non ci poteva essere una fede come richiesta a un discepolo di Mosé. A Bartimeo Gesù non restituisce solo la vista, ma anche la capacità di credere. Questa è una delle chiavi principali per comprendere l’importanza della pericope di Bartimeo. Bartimeo è il modello della fatica cristiana nella fede. 0gni credente ha in sé la profonda aspirazione di poter incontrare il. Signore in modo proprio, personale, profondo. Ma il credente molto spesso è «cieco»: non riesce a scorgere negli avvenimenti del vissuto quotidiano la presenza di Dio nella sua vita (forse non è stato educato a questo?). Purtroppo come per Bartimeo, chi sta vicino al credente diventa spesso un impedimento al superamento di quella cecità («Molti lo rimproveravano perché tacesse»). Ma chi sta vicino può diventare anche un aiuto ad avvicinarsi al Signore («Chiamarono il cieco, dicendogli: ” Coraggio! Alzati, ti chiama!»). Al credente spetta una cosa precisa: perseverare («egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!»). La perseveranza nella ricerca dell’incontro con Gesù premia, sempre. Un padre del deserto fece uno scherzo non proprio del tutto simpatico a un giovane monaco che intendeva cercare Dio, ma non lo trovava. Il vecchio a tradimento immerse il capo del giovane nell’acqua di un pozzo.  Il giovane monaco si agitò, scalciò, si dimenò. Poi, ovviamente, il vecchio lasciò andare la presa e al giovane monaco ansimante disse: «5e cerchi 6esù Cristo come in questi momenti cercavi l’aria per vivere, lo troverai».

Secondo diversi specialisti, il testo di Mc 10,46-52 potrebbe essere uno dei testi più arcaici che si trovano nei Vangelo di Marco. L’Evangelista deve averlo ricevuto dalla tradizione (orale?) e inserito nel suo Vangelo senza troppi ritocchi. La tradizione è stata custodita da una comunità dove il cieco guarito era conosciuto (ha custodito il nome perché poteva indicare la persona a chi ne chiedesse la testimonianza). L’arcaicità è data dagli aramaismi presenti nel testo e assenti negli altri due Sinottici: il nome Bartimeo e l’appellativo Rabbunì. La liturgia ha soppresso l’inizio di Mc 10,46 («E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme...») e ha aggiunto l’incipit classico «ln quel tempo». Il risultato non è tra i più felici perché viene messo sotto traccia il cammino di Gesù verso Gerusalemme (e verso il compimento del mistero pasquale) e, di conseguenza, la sequela di Bartimeo guarito dietro a Gesù perde il suo significato originario. Letterariamente il testo si presenta come un’unità compatta dove i personaggi scandiscono il racconto: la figura del cieco (Mc 10,46-47), l’intervento dei molti (Mc 10,48-50), la guarigione operata da Gesù (Mc 10,51-52). Il quadro storico in cui avviene il miracolo è il pellegrinaggio annuale a Gerusalemme. La gente che faceva il pellegrinaggio era tenuta a fare l’elemosina ai poveri che si trovavano lungo la strada. Bartimeo è «seduto lungo la strada per approfittare della situazione. Sente che c’è Gesù di Nàzaret e lo chiama. La folla che circonda Gesù è, probabilmente, la folla dei pellegrini. Bartimeo è un indiscreto prepotente, disturba troppo e viene zittito. Si tratta di un gesto di allontanamento simile a quello degli Apostoli nei confronti dei bambini che volevano avvicinare Gesù (Mc 10,13-16): il «piccolo» (il senza valore, il povero, il peccatore, ecc.) non deve disturbare e, perciò, non deve incontrare Gesù. L’invocazione di Bartimeo («Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me») è contemporaneamente un atto di fede messianico e una preghiera salmica fatta da uno che è consapevole di essere peccatore («abbi pietà di me»: cf. Sal 51,3). Gesù chiama colui che non può vederlo, per mezzo di chi vede, la folla. Il simbolismo è chiaro: Gesù chiama per mezzo dei credenti (che alle volte sono ostacolo e non ponte verso Dio) coloro che non credono. I verbi adoperati dalla folla per chiamare Bartimeo sono gli stessi adoperati da Gesù per dare coraggio ai discepoli in pericolo («Coraggio»: cf. Mc 6,50), per indicare il comando di guarigione sui malati («Alzati»: cf . Mc 2,9.11; 3,3; 9,27) o quello di risurrezione per i morti («Alzati»»: cf, Mc 5,41). Bartimeo reagisce. Gettare via il mantello, che simboleggia nel mondo orientale lo status-sociale e la vita stessa dichi lo porta, equivale a gettar via l’umanità vecchia, la vecchia vita. La guarigione del cieco è molto di più della guarigione terapeutica: è segno di una salvezza donata (da Gesù) e accolta (dal cieco). La fede lo ha salvato. La guarigione che gli permette di vedere, perciò, indica – la lettura è sempre a livello redazionale – la nuova capacità dell’ex-cieco di vedere in Gesù non solo il «benefattore» (Figlio di Davide) capace di guarirlo, ma anche il Rabbunì (Maestro che vince la morte) da seguire per la «strada». (don Renato de Zan)

La Solennità di Tutti i Santi– Il 13 maggio del 609 papa Bonifacio IV, con il consenso dell’imperatore Foca, trasformava il tempio pagano del Pantheon (dedicato a tutti gli dei) in chiesa cristiana. Il Papa la consacrava, la innalzava al rango di basilica e la dedicava a Maria e a tutti i martiri (la dicitura latina esatta sarebbe: S. Maria ad Martyres). Per diverso tempo il 13 maggio fu la festa in cui i cristiani ricordavano tutte quelle persone che erano state rese simili a Cristo con il martirio. Cessate le persecuzioni (e l’era dei martiri) nasceva un nuovo tipo di santità: l’imitazione di Cristo nella pratica eroica delle virtù evangeliche. Tale santità venne chiamata «confessione» e i santi che la vivevano «confessori». Nell’835, la festa assunse nuove caratteristiche e nuova data. La festa era preceduta dal digiuno. La comunità incominciò a ricordare accanto ai martiri anche i confessori. La data passò dal 13 maggio al 1° novembre. I santi non sono superuomini, ma persone che realizzano la loro umanità seguendo la via indicata da Cristo e sintetizzata nelle beatitudini (Vangelo: Mt 5,1-12a) che la liturgia propone come lettura evangelica per la solennità. Tutti coloro che hanno scelto di essere discepoli di Cristo «saranno simili» a Dio perché lo vedranno così come Egli è (cf. seconda lettura, 1Gv 3,2). Essi sono una moltitudine immensa che nessuno ha potuto, può o potrà contare (cf. prima lettura: Ap 7,9). (don Renato de Zan)

Medjugorje, 25 Ottobre 2024

“Cari figli!

In questo tempo,

quando celebrate i giorno di tutti i Santi,

chiedete la loro intercessione e preghiere,

affinché nella comunione con loro,

troviate la pace.

I santi siano per voi intercessori

ed esempi da imitare per vivere una vita santa.

Io sono con voi

ed intercedo presso Dio per ciascuno di voi.

Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

(Con approvazione ecclesiastica).

Programma dal 19 al 27 ottobre 2024

Letture: Isaia 53,10-11 / Salmo 32 / Ebrei 4,14-16

Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

 

 

Dal Vangelo secondo Marco (10,35-45)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 19

   

Domenica 20

10.30

18.30

+ Biancoli Angelo e Penazzi Elettra (Anniv.)

+ Guadagnini Viarda e Rustichelli Elisabetta

Per Luca e Matteo e genitori (viventi)

+ Ada, Silvana, Domenico e Aldo

Lunedì 21

18.30

+ Antonio

Martedì 22

8.00

Secondo le intenzioni di Maria Teresa

+ Pikul Kazimier e Koziot Rudolf Wiktoria

+ Maria e Massimiliano Dirani

Per Pierpaolo (vivente)

Mercoledì 23

18.30

Clara e Andrea (viventi)

Giovedì 24

18.30

+ Dovadola Ivano, Monica, Silverio e Ruffini Armanda

+ Filippo e Santina Modanesi

Venerdì 25

8.00

+ Massari Anna

Sabato 26

   

Domenica 27

10.30

18.00

+ Moroni Marcello

+ Settembrini Augusto e Ballardini Cesira

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.55 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Ottobre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 20

XXIX del T.O.

Inizio anno catechistico

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa con conferimento del Sacramento della Cresima per ministero del nostro vescovo mons. Giovanni Mosciatti.

Lunedì 21

Ore 20.45 (canonica) : Caritas parrocchiale

Martedì 22

S. Giovanni

Paolo II papa

S. Messa ad orario feriale

Mercoledì 23

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”

Giovedì 24

Dedicazione della Cattedrale di Imola

Ore 20.30 (S. Cassiano) : Solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Mons. Giovanni Mosciatti

Venerdì 25

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario

Domenica 27

XXX del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 15.30 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”.

Ore 18.00 (oratorio) : “October fest” – Quartieri in festa

1 – Da Martedì 01 ottobre (per tutto il mese) in S. Paolo ore 17.55 S. Rosario (celebrato in forma più solenne)

2 – Da Domenica 27 ottobre torna l’ora solare . Fare attenzione ai cambi di orario delle celebrazioni liturgiche (S. Messa vespertina e S. Rosario anticipati di mezz’ora).

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :

 

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

 

Lc 12,13-21

Lc 12,35-38

Lc 12,39-48

Lc 12,49-53

Lc 12,54-59

Lc 13,1-9

Vivere il mistero – Di norma si sente dire che esistono sentimenti buoni e sentimenti cattivi. E un po’difficile dimostrare la validità di quest’affermazione, dal momento che nessuno riesce a «crearsi» un sentimento. I sentimenti compaiono nell’animo della persona senza che questa li crei. I sentimenti non ci sono nemici, ma sono un’energia che ci viene data e come tale va gestita; l’importante è indirizzarli. Vuoi essere accanto a Cristo? «È superbia!». «È presunzione!». No! È un sentimento che ha solo bisogno di essere indirizzato. Sii «come Lui», condividendo tutto ciò che Lui ha vissuto (bere il suo calice, essere «battezzati» come Lui). Vuoi essere il primo e il migliore? Impara a donarti nel servizio. Questa, in sintesi, la risposta del Vangelo in Mc 10,35-45. Andiamo per ordine. Ci sono, infatti, due tematiche da affrontare: il servizio e l’autorità. Per quanto riguarda il servizio, è bene notare come in certi strati della comunità cristiana s’indulge con frequenza alle definizioni, come se la vita spirituale si potesse ridurre a una ricetta. Per non cadere in questo facile inganno di ridurre tutto a «ideologia», come i farisei, Gesù in più occasioni ha cercato proprio di evitare le definizioni. Il suo criterio era chiaro: il discepolo imita il Maestro. Nella sua predicazione, a più riprese, Gesù ha affermato questo punto. Amatevi come io vi ho amato. Imparate da me che sono mite e umile di cuore. Vi ho dato l’esempio affinché come ho fatto io facciate anche voi. Anche sul tema del servizio, il Signore è stato chiarissimo: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore (diàkonos), e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo (doùlos) di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». E il concetto di «servizio»… è servito. Le parole del Maestro implicano sia l’imitazione di Cristo sia la condivisione con Lui di tutto ciò che ha vissuto. Inoltre, il servizio va rivolto sia ai cristiani («vostro servitore») sia a tutti («servo di tutti»). Nel primo caso il tema del servizio viene imperniato attorno al nome greco diakonia che indica primariamente, ma non esclusivamente, il servizio umile a qualunque necessità materiale o spirituale dell’altro (cf. At 6). Nel secondo caso il tema del servizio viene imperniato attorno al nome greco doulèia che indica, primariamente, ma non esclusivamente, il servizio cultuale. Servire il non-cristiano, infatti, è anche testimonianza-annuncio della Parola. Per quanto riguarda il tema dell’autorità, Gesù ha espresso un criterio chiaro: tra i cristiani non deve vigere il criterio che presiede la società sociale e politica (criterio che non viene presentato in modo positivo!): «Tra voi però non è cosi». Il criterio dell’autorità cristiana, anche in questo caso, è essere «come Lui»: il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire! Gesù fa la distinzione moderna tra potere (katakurièuo: dominare/ katexusiàzo’, opprimere) e autorità (drakonéo: servire) e manifesta chiaramente la preferenza per chi è «autorità», non per chi «ha» l’autorità. La letteratura petrina riprenderà il concetto di Gesù in 1 Pt 5,3: «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni (katakurièuontes: è lo stesso verbo adoperato nel. Vangelo!) delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge». (don Renato de Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

La novità più rilevante di questa forma, ma sicuramente la più disattesa nella prassi, è l’invito, dopo il momento iniziale del rito riservato all’accoglienza del penitente, a proclamare la Parola di Dio, con una lettura fatta dal sacerdote oppure dal penitente, che può anche anticiparla nella preparazione immediata alla celebrazione. Seguono la confessione dei peccati, le parole di ammonimento e di esortazione del sacerdote, la proposta di un esercizio penitenziale e la sua accettazione come soddisfazione delle colpe commesse e per l’emendamento della vita. Il penitente è poi invitato a manifestare la propria contrizione recitando una delle nove formule proposte, delle quali l’atto di dolore è certamente la più conosciuta. Il sacerdote, tenendo stese le mani, o almeno la mano destra, sul capo del penitente, lo assolve con una formula dichiarativa, divisa in due parti: la prima è a carattere anamnetico; la seconda riprende alla lettera la parte conclusiva dell’antica formula assolutoria «Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e della Spirito Santo». Il ministro, pronunciando la seconda parte della formula, traccia un segno di croce e il penitente si segna. Il rito si conclude con un rendimento di grazie, scelto tra i cinque proposti, e con il congedo del penitente. La seconda forma sacramentale offerta dal Rituale riformato è il Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale (RP 48-59). Si tratta della modalità celebrativa che nelle dichiarate intenzioni dovrebbe mettere in più chiara luce la dimensione ecclesiale e comunitaria della penitenza: nella e per mezzo della Chiesa il penitente è riconciliato con Dio e con i fratelli. La prima parte della celebrazione è una vera e propria Liturgia della Parola, con i riti inziali, la proclamazione della Parola di Dio, l’omelia, l’esame di coscienza in silenzio o guidato. La seconda parte è costituita dal «rito della riconciliazione». Si comincia recitando una formula per la confessione generale dei peccati, stando in ginocchio o inchinandosi; poi, in piedi, segue una preghiera litanica o un canto; alla fine si recita il Padre nostro, che non si deve mai tralasciare, e una preghiera del ministro. A questo punto i confessori si distribuiscono nei luoghi predisposti per accogliere la confessione, fare una conveniente esortazione, imporre la soddisfazione e impartire subito l’assoluzione senza l’atto di contrizione del penitente. Terminate le confessioni dei singoli penitenti, il sacerdote che presiede la celebrazioni attorniato dagli altri sacerdoti ritornati in presbiterio, invita tutti al rendimento di grazie con un salmo, un inno o una preghiera litanica. [4 – continua]

Programma dal 12 al 20 ottobre 2024

Letture: Sapienza 7,7-11 / Salmo 89 / Ebrei 4,12-13

Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.

Dal Vangelo secondo Marco (10,17-30)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 12 18.30 + Mazzotti Angelo, Sangiorgi Maria Luisa, deff. fam. Mazzotti e Sangiorgi e Armando Capucci

+ Lanzoni Ugo e Lino

+ Domenico, Franca e Rosina

Domenica 13
Lunedì 14
Martedì 15
Mercoledì 16
Giovedì 17
Venerdì 18
Sabato 19
Domenica 20 10.30

18.30

+ Biancoli Angelo e Penazzi Elettra (Anniv.)

+ Guadagnini Viarda e Rustichelli Elisabetta

Per Luca e Matteo (viventi)

+ Ada, Silvana, Domenico e Aldo

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.55 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Ottobre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 13

XXVIII del T.O.

Inizio anno catechistico

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa di inizio anno catechistico

Mercoledì 16 Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”
Venerdì 18

S. Luca Ev.

S. Messa ad orario feriale

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario

Ore 21.00 (S. Giacomo-Lugo) : Scuola di preghiera con don Samuele Nannuzzi a cura di A.C.

Sabato 19 Ore 20.45 (S. Cassiano) : Veglia missionaria
Domenica 20

XXIX del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa con conferimento del Sacramento della Cresima per ministero del nostro vescovo mons. Giovanni Mosciatti.

Ore 11.00 (Piancaldoli) : Ritrovo annuale degli aderenti alla “Associazione don Orfeo” con S. Messa e assemblea.

1 – Da Martedì 01 ottobre (per tutto il mese) in S. Paolo ore 17.55 S. Rosario (celebrato in forma più solenne)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 11,29-32 Lc 11,37-41 Lc 11,42-46 Lc 11,47-54 Lc 10,1-9 Lc 12,8-12

Vivere il mistero – Si pensa che il nemico di Dio sia Satana. Certamente nessuno può negare questo dato, ma il Vangelo fa notare che nella vita concreta dell’uomo è più facile imbattersi in modo chiaro non tra la scelta di stare dalla parte di Dio o stare dalla parte di Satana, bensì di scegliere di stare o dalla parte di Dio o dalla parte della ricchezza: «Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona» (Lc 16,15). La colletta propria di questa domenica chiede, nel fine della petizione, di poter «valutare le cose terrene ed eterne e diventare liberi e poveri per il tuo regno».  Questa preghiera nasce dall’episodio evangelico del giovane ricco, che all’invito di Gesù, sceglie il rifiuto: «Egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni». Il discepolo di Gesù sa che la sua scelta per Dio viene continuamente messa alla prova. Esiste, infatti, una realtà che ha una forza potentissima di attrazione, ma che non possiede la stessa logica di Dio. 5i tratta delle «ricchezze». Mc 10,17-30 è un testo composto da tre pericopi tematicamente legate: il giovane ricco che rifiuta la chiamata di Gesù, il pericolo delle ricchezze che non per mettono a colui che ha donato loro il cuore di entrare nel Regno e la ricompensa divina per colui che ha staccato completamente il suo cuore dalle ricchezze. In quest’ultimo brano si nota come le «ricchezze» equivalgono ai «beni materiali» e ai «legami affettivi». Per questo motivo la «rinuncia alle ricchezze» non è «abbandono», ma «ricollocazione». Prima Dio e la sua logica, poi, alla luce della Logica di Dio, il legame affettivo, poi il rapporto con le ricchezze. Sembra che l’Evangelista abbia voluto in qualche modo creare una pericope unitaria attraverso un procedimento stilistico molto conosciuto nella letteratura orientale: lo schema concentrico. Questo procedimento consiste nel collocare agli estremi due brani che toccano lo stesso argomento e, come accade nel brano evangelico, che lo presentano in modo opposto. Nella vocazione del giovane ricco, infatti, ruota attorno al tema dell’incapacità di lasciare le ricchezze per seguire Gesù. Il brano dell’intervento di Pietro ruota attorno al tema della capacità avuta dai discepoli di abbandonare tutto e di venire ricompensati per questo. Al centro viene collocato il testo principale che riporta la riflessione sulla difficile salvezza del ricco. L’uomo ricco, un fariseo, sembra disponibile alla conversione e desidera comprendere bene il significato della legge perché vuole avere la vita eterna. La domanda che l’uomo pone dovrebbe essere posta solo a Dio, l’unico «buono» veramente, ma Gesù si assume il compito di fornirgli la risposta. Il Maestro propone i valori fondamentali dell’alleanza che sono i comandamenti ed evidenzia l’importanza di quelli che hanno attinenza con il prossimo. I comandamenti citati appartengono al decalogo. Uno appartiene ad altro codice e riguarda la giusta paga all’operaio. La ripresa dell’uomo è presuntuosa e ricca di perfezione formale farisaica. La risposta di Gesù è un invito che un amico più maturo rivolge a un altro amico. Il secondo passaggio è più impegnativo. Gesù passa dall’osservanza dell’alleanza alla proposta del discepolato («Vieni e seguimi»). Per entrare nel discepolato, il cuore dell’uomo dev’essere «libero» perché il discepolo fa propria in modo progressivo, ma senza riserve, la logica del Maestro. La risposta negativa del giovane evidenzia quanto sia più facile che un cammello entri per la cruna dell’ago. Qualcuno pensa che la cruna dell’ago fosse una piccolissima porta delle mura di Gerusalemme. Qualcuno ritiene che ci sia una trasmissione testuale sbagliata: questa ipotesi è da scartare perché tutti i manoscritti sono concordi, senza varianti, nel trasmettere il testo. Le affermazioni di Gesù sconcertano i discepoli di allora e di oggi. Ma chi entra nella Logica del distacco è sicuro del centuplo, delle persecuzioni (a causa della nuova «logica» acquisita) e delta vita eterna. (don Renato de Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Dopo molti secoli di stasi nella disciplina penitenziale della Chiesa, è arrivato dal Concilio Vaticano II non solo la direttiva, benché molto generica, affinché «il rito e le formule della penitenza siano rivedute in modo che esprimano più chiaramente la natura e l’effetto del sacramento» (SC 72), ma anche l’invito a un recupero significativo di alcuni aspetti importanti per la celebrazione di tutti i sacramenti, e quindi pure e soprattutto della stessa penitenza cristiana, come lo sfondo storico-salvifico-trinitario, la dimensione comunitaria-ecclesiologica e la centralità della Parola di Dio. Il nuovo Rito della Penitenza del 1974 (= RP), dopo un tormentato lavoro di preparazione durato più di sette anni, e pur rivelando secondo molti teologi e liturgisti diversi limiti e disarmonie, si ispira a una rinnovata visione teologica e promuove una disciplina articolata in più forme per la celebrazione del sacramento. Si tratta senza dubbio di una nuova e importante fase nella storia liturgica, che ha reintrodotto nella Chiesa latina una pluralità di riti per la riconciliazione dei peccatori, e che tuttavia dopo quasi mezzo secolo ancora sta maturando faticosamente nelle comunità cristiane. Il Rituale, dunque dopo le ricche Premesse che espongono i fondamenti biblico-teologici della penitenza cristiana e le direttive pastorali (RP 1-40), propone tre modalità rituali per la celebrazione sacramentale. La prima è indicata con questo titolo: Rito per ln riconciliazione dei singoli penitenti (RP 41-47). Praticamente è una rivisitazione della tradizionale confessione privata fissata dalla riforma tridentina. [3 – continua]

Programma dal 5 al 13 ottobre 2024

Letture: Genesi 2,18-24 / Salmo 127 / Ebrei 2,9-11

Ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita.

Dal Vangelo secondo Marco (10,2-16)

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».

Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 05 18.30 + Luigi Rizzi detto Carlo
Domenica 06 10.30

18.30

+ Alma, Alfonso, Maria e Peppino

+ Emilia e Veliano Chiarini

Lunedì 07 18.30 Vivi e defunti e parenti delle famiglie Dovadola e Ruffini e secondo le intenzioni di Maria Teresa
Martedì 08
Mercoledì 09
Giovedì 10
Venerdì 11 8.00 + Avveduti Giovanni

+ Luigi Rizzi (Carlo)

e per Dovadola Maria Teresa

Sabato 12 18.30 + Mazzotti Angelo, Sangiorgi Maria Luisa, deff. fam. Mazzotti e Sangiorgi e Armando Capucci

+ Lanzoni Ugo e Lino

Domenica 13

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Ottobre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 06

XXVII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 (Santuario) e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (Santuario) : S. Messa (in caso di maltempo sarà celebrata in S. Paolo)

Ore 17.00 (Santuario): S. Rosario

Lunedì 07

B.V. Maria del Rosario

S. Messa ad orario feriale

Ore 20.30 – 22.00 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e preghiera per la Pace

Mercoledì 09 Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”
Venerdì 11 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario
Domenica 13

XXVIII del T.O.

Inizio anno catechistico

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

La festa al Santuario della B.V. della Consolazione

Domenica 6 ottobre ore 10.30 : S. Messa nel piazzale del Santuario

ore 17.00 : S. Rosario nel Santuario

1 – Da Martedì 01 ottobre (per tutto il mese) in S. Paolo

ore 17.50 S. Rosario (celebrato in forma più solenne)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 10,25-37 Lc 10,38-42 Lc 11,1-4 Lc 11,5-13 Lc 11,15-26 Lc 11,27-28

Vivere il mistero – L’amore umano emana sempre un fascino discreto ma possente, scontato ma misterioso, conosciuto ma inesauribile. Appare sempre unico e irrepetibile per ogni protagonista. La Parola ha qualche cosa da dire su questo splendido e delicato, forte e fragile mistero. In epoca biblica, pur non essendoci per gli ebrei nessuna cerimonia religiosa ufficiale per il matrimonio, l’amore dei due coniugi conteneva e rappresentava l’amore di Yhwh per il suo popolo e del popolo per Yhwh: ciò era ben illustrato dagli scritti di Osea, di Ezechiele, dal Cantico dei Cantici, ecc. Il Cantico aveva espresso la singolarità assoluta dell’amore umano.  Un’espressione, in particolare, andrebbe considerata: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina» (Ct 8,6). Mentre l’immagine del sigillo indica totale appartenenza, l’immagine della morte indica la totale irreversibilità. La liturgia ha voluto costruire un’unica pericope con due brani che esegeticamente sono distinti. Mc 10,2-12 presenta il tema del ripudio, mentre Mc 10,13-16 presenta il bambino come modello di colui che sa accogliere il Regno. L’unione delle due pericopi obbliga il lettore a far dialogare il tema del matrimonio con il tema del bambino. Questo dato si può articolare in modi diversi: il matrimonio è aperto alla vita; il matrimonio è vissuto nella logica del Regno; il matrimonio vissuto con la semplicità e la fiducia del bambino, ecc. Non c’è differenza tra testo biblico originale e testo biblico-liturgico, fatto salvo il solito incipit, «ln quel tempo». Gesù, pur messo alla prova, non vuole schierarsi. L’amore coniugale è una cosa troppo seria per essere sottoposta ai giochi della legge, anche se di Leggi può averne bisogno. L’essenza dell’amore coniugale non si trova nell’uomo (che ha il cuore duro), ma si trova in Dio che «è amore» (1 Gv 4,8). E poiché Dio è amore fedele e indefettibile, una scintilla di Lui è stata posta nei coniugi. Questo è il pensiero che anima il testo paolino di Ef 5,21-33. Gesù rilegge il racconto delle origini, Gn 1,27;2,24, come l’insegnamento (in ebraico, Toràh, significa insegnamento) che veicola l’interpretazione delle norme. Le norme di Mosè, per la durezza del cuore umano, permettono la rottura dell’amore sponsale. Nel libro della creazione, però, Dio non ha mai scritto questo. Gesù, dunque, non ammette il ripudio. Il missionario cristiano che predica a Roma (Pietro e/o chi per Lui) sapeva benissimo che nella cultura ebraica solo l’uomo poteva ripudiare la moglie, perciò, adegua il pensiero di Gesù alla situazione giuridico-culturale della capitale dell’impero (dove sia l’uomo sia la donna potevano rompere il matrimonio). Il risultato è chiaro: sia l’uomo sia la donna sono invitati a non ripudiare il coniuge. La Parola di Dio, tuttavia, ammette la separazione (cf. 1 Cor 7,10). Come la separazione, anche la permissività del comandamento mosaico del ripudio non è ordinata al matrimonio, ma alla fragilità umana. L’accoglienza dei bambini da parte di Gesù (Mc 10,13-16) rappresenta qualche cosa di straordinario nel mondo palestinese di allora (erano gli «ultimi» della società insieme alle donne, agli schiavi e ai forestieri). Per Gesù la «gratuità» del Regno è più vicina al bambino che non agli altri. Accogliere il Regno come un bambino equivale, da una parte, a rinunciare alla ricerca del prestigio, della potenza, della ricchezza e della sicurezza, dall’altra ad accogliere la proposta di Dio come puro dono, obbedendogli e attendendo il compimento delta sua volontà. L’abbraccio e l’imposizione delle mani hanno un doppio significato. Gesù accoglie nel Regno i bambini e contemporaneamente esaudisce il desiderio di coloro che sono responsabili dei bambini (verosimilmente si tratta dei genitori). La coppia ama i bambini. Nell’amore genitoriale per i piccoli c’è già la premessa esperienza del Regno: accettare il bambino e tutto il suo mondo costituisce un segno della disponibilità ad accettare il Regno e tutto ciò che esso comporta. (don Antonio Donghi)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [] (di don D. Ravelli)

I confessionali già esistenti vennero trasformati e adattati a queste istanze, mentre le nuove chiese crearono un apposito piccolo locale, spesso in muratura, non più in legno, e inserito nell’architettura della chiesa. Non mancarono per questi ambienti l’aggiunta di due poltroncine e, in alcuni casi, pure di un inginocchiatoio con l’eventuale possibilità di una grata, però meno fitta. Qualcuno però si illuse che sarebbero bastati pochi interventi, per garantire sia il dialogo sia la necessaria riservatezza sia la possibilità di alcune azioni rituali, a creare una sede aggiornata del sacramento della Penitenza. Il risultato fu quello di realizzare una moderna e confortevole «cabina-confessionale a tre ante», con riscaldamento e aria condizionata, oppure un «salottino parlatoio privato» o una «confessional room» americana degli anni Sessanta, piccole salette come luoghi di comoda conversazione, adatte più a sedute terapeutiche di ordine psicologico che alla celebrazione sacramentale della Riconciliazione. Alla fine, questi tentativi risultarono essere l’evangelica toppa nuova messa sopra un vestito vecchio. Bisognerà dunque attendere il nuovo Rituale, frutto e dono della riforma liturgica per adeguare coerentemente il luogo del sacramento alla sua celebrazione. Da ultimo, rimane da segnalare, nei decenni dopo il Concilio, la diffusione di un’altra innovazione: la costruzione di penitenzierie, specialmente presso i santuari. Si trattava di ampi ambienti, fuori dall’aula dell’assemblea liturgica per le celebrazioni comunitarie, adatte alla proclamazione della Parola di Dio, alla preghiera e alla riflessione personale, con attorno numerose celle per la confessione individuale. [2 – continua]

ANNO SANTO 2025: Testimoni della speranza

don Pietro Marchetti

Ci stiamo preparando a vivere un tempo di grande Grazia con l’Anno Santo che si apre alla vigilia del Santo Natale di quest’anno, soprattutto saremo chiamati ad essere portatori di Speranza.
Riporto l’introduzione che Mons. Erio Castellucci, vescovo di Modena e Carpi, ha fatto nel recente incontro al duomo di Faenza, presenti anche tante persone della nostra diocesi. Così ha esordito: “quando si parla del nostro tempo lo si associa alla pesante parola “Crisi”; la crisi del nostro tempo e a questa, si associa, quella della “crisi della nostra Chiesa” e in generale del cristianesimo in occidente: questo è vero perché abbiamo dei fatti e non delle ideologie, abbiamo una crisi culturale che porta tanti drammi esistenziali, tanta solitudine, anche negli adolescenti e nei giovani, che spesso si esprime nel silenzio, nella chiusura; abbiamo una crisi climatica con tutte le sue conseguenze che ben conosciamo; abbiamo una crisi geo-politica impressionante, guerre, tensioni; abbiamo una perdurante crisi economica, la forbice tra ricchi e poveri nel mondo cresce: questo è un fatto e dentro tale crisi c’è anche la Chiesa, grazie a Dio c’è anche la Chiesa, perché diversamente potremmo pensare che la Chiesa sia fuori dal mondo, che viva in una bolla beata, che non si interessa dei problemi della gente, che sorvola la storia come una mongolfiera, invece la Chiesa come l’ha voluta Gesù cammina sulla strada, assieme agli uomini e respira la stessa polvere, vive le stesse gioie e le stesse fatiche.
Quando diciamo “crisi della Chiesa” diciamo una cosa vera, che deve esserci, perché se la chiesa non fosse in crisi non sarebbe la Chiesa di Gesù, sarebbe una chiesa che abita altrove. Però la Chiesa non deve lasciarsi travolgere dalla crisi, ma deve abitare la crisi destando segni di SPERANZA. San Pietro diceva: “siate sempre pronti a rendere ragione, a chiunque vi chiede, della Speranza che è in voi”.
Di fronte alla crisi del mondo la Chiesa non può ripiegarsi su se stessa (si salvi chi può, siamo in un’isola beata, cerchiamo di mantenere quello che c’è, di restaurare, di rifarci il trucco). La Chiesa in questo modo tradirebbe se stessa se si fermasse ad essere un’ isola felice.
Gesù la vuole come Sale-Luce-Lievito, immagini semplici, Gesù non ha mai detto che la Chiesa debba essere un esercito, un castello, ma ha detto “siete il sale, la luce, il lievito” : immagini apparentemente deboli. Se abbiamo fame non mangiamo il sale, ma gli alimenti conditi con il sale, se cerchiamo la luce, non guardiamo il sole, ma le cose illuminate dal sole, e non mangiamo una bustina di lievito, ma mangiamo una torta dove è usato il lievito: questo per dire che noi siamo qui per servire: “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”.
Il nostro compito è quello di iniettare nel mondo la Speranza che è quella in Gesù Risorto: con Gesù si parla di vita-morte-vita. Già da ora ci debbono essere segni di resurrezione, nelle nostre relazioni: accettiamo serenamente di non essere tutta la pasta, ma soltanto il lievito, accettiamo di essere minoranza, però CREATIVA, non minoranza AGGRESSIVA ma neanche minoranza REMISSIVA, ma CREATIVA.
“Proponiamo qualcosa di bello, iniziando ad abbassare il tono dei lamenti che sono tanti. La Chiesa non si deve ripiegare su se stessa, ma mantenere una attenzione al territorio e ai suoi problemi” .
Questo è il compito che Gesù chiede a ciascuno di noi e alla nostra comunità: essere lievito di SPERANZA.