Letture: Sapienza 5,1-6.14-16 / Salmo 30 / 2 Timoteo 2,3-13
Alle tue mani, Signore, affido la mia vita.
Dal Vangelo secondo Matteo (10,24-28)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia! Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo».
Parola del Signore.
San Cassiano Martire.- Le notizie più antiche su Cassiano sono riferite da Prudenzio, nei primi anni del V secolo. Nel suo viaggio verso Roma, Prudenzio si fermò a Forum Cornelii (Imola) e venerò le spoglie del martire, custodite in un sarcofago al disopra del quale erano raffigurati alcuni episodi del martirio.
Il culto si estese anche a Milano intorno al 1450 e in Tirolo, mentre una raffigurazione del santo è presente a Ravenna, in Sant’Apollinare Nuovo.
Nel corso del XII secolo si diffonde un leggenda che fa del Santo l’apostolo di Sabiona, in Tirolo, esiliato a Imola dai pagani, ove subì il martirio narrato da Prudenzio. A Imola la leggenda subisce un’ulteriore corruzione e Cassiano risultò vescovo della città.
VITA ECCLESIALE
Sabato 12 |
18.30 |
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Domenica 13 |
10.30 18.30 |
+ Alfonso, Alma, Maria e don Orfeo + Italo e Maria Elena Chiarini |
Lunedì 14 |
18.30 |
+ Ave Liverani |
Martedì 15 |
8.00 |
Vivi e defunti famiglia Dovadola Ivano e Ruffini e secondo le intenzioni di Maria Teresa. Per Maria e per la sua salute (vivente). |
Mercoledì 16 |
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Giovedì 17 |
18.30 |
+ Trombetti Franco |
Venerdì 18 |
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Sabato 19 |
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Domenica 20 |
10.30 18.30 |
+ Berardi Francesco, Maria, Demo e Luigi + Ballardini Cesira, Pio, Francesco e Olinda |
Orario Confessioni Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 17.15 – 18.15 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni ore 17.55 S. Rosario (escluso venerdì)
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
Anno : A Agosto 2023 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 13 San Cassiano M. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (in S. Paolo) Ore 10.30 (Cattedrale) : S. Messa solenne presieduta dal vescovo mons. Giovanni Mosciatti nella solennità del Santo Patrono. |
Lunedì 14 S. Massimiliano M. Kolbe |
S. Messa della vigilia. |
Martedì 15 Assunzione della B.V. Maria |
Giornata comunitaria a Piedimonte (vedi sotto) Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (in S. Paolo) |
Venerdì 18 |
Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario |
Domenica 20 XX del T.Ordin. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (in S. Paolo) |
15 agosto Giornata comunitaria a Piedimonte (programma)
Ore 11.00 S. Messa nella chiesa di Piedimonte
Ore 12.30 Pranzo insieme (la parrocchia offre la minestra)
Ore 15.00 S. Rosario
1- Chi desidera partecipare al pellegrinaggio a Loreto organizzato dalla “Pia Unione” per il 9 settembre deve dare l’adesione entro il 22 p.v. (presso il collettore [Alcide], o in sacrestia).
2- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di Imola.
Alla scuola di Gesù : |
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Lunedì |
Martedì |
Mercoledì |
Giovedì |
Venerdì |
Sabato |
Mt 17,22-27 |
Lc 1,39-56 |
Mt 18,15-20 |
Mt 18,21-19,1 |
Mt 19,3-12 |
Mt 19,13-15 |
Spazi per la liturgia- L’Altare (terza parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
Nella liturgia cristiana assunse immediatamente un profondo simbolismo che, prima ancora del rispetto dovuto a quanto doveva accogliere sopra, intendeva sottolineare l’importanza e la solennità del banchetto eucaristico: diventò un chiaro segno distintivo di quella «tavola» che per il suo uso esclusivo è «altare per la celebrazione della Messa», cioè «mensa del sacrificio e del convito eucaristico». Il Pontificale prevede poi che, sistemata la tovaglia, si adorni a festa l’altare ponendovi i fiori, disponendo i candelieri con le relative candele e, se è il caso, collocando la croce al suo posto (cf. DCA 207). A questo punto i riti di dedicazione terminano con l’illuminazione: il vescovo consegna una candela al diacono affinché accenda le candele dell’altare mentre contemporaneamente vengono accese, in segno di gioia, anche le luci intorno all’altare e nell’intero edificio. Il vescovo accompagna il gesto con queste parole che lo interpretano: «La luce di Cristo rifulga su questo altare e siano luce del mondo i commensali alla cena del Signore» (DCA 208; cf. Premesse DCA, 173d). La luce, simbolo della festa e della gioia, è Cristo stesso (cf. Gv 8,12: «luce del mondo»: Lc 2,32: «luce per illuminare le genti») che risplende nell’altare soprattutto quando, come sommo sacerdote, offre se stesso al Padre e nutre a questa mensa i propri fratelli, rendendo a sua volta anch’essi figli della luce e portatori della luce di Cristo nel mondo (cf. Ef 5,8). Come abbiamo notato nella parte storica, lo stretto legame tra altare e reliquie, conservato ininterrottamente nella tradizione liturgica romana, è stato mantenuto anche nell’ultima revisione del Rito seguita al Concilio Vaticano II, perdendo tuttavia la sua obbligatorietà. Il Pontificale per la dedicazione dell’altare stabilisce che, dopo il canto delle litanie affinché «intercedano per noi tutti i santi, che hanno condiviso con lui la passione e ora sono suoi commensali nel convito eterno» (DCA 194), si depongano sotto l’altare, se si ritiene opportuno, le reliquie dei martiri o dei santi, per indicare che tutti coloro che sono stati battezzati nella morte e risurrezione di Cristo, e specialmente coloro che hanno sparso per Lui il proprio sangue, partecipano alla passione stessa di Cristo (cf. Premesse DCA, 171; n. 199 per il rito). La riforma liturgica non ha abbandonato la ricchezza simbolica del rapporto altare-reliquie, ma ne ha ristabilito la corretta relazione: le Premesse del Pontificale intendono infatti richiamarne il giusto valore (cf. DCA 156). Innanzitutto si afferma che la dignità dell’altare consiste tutta nel fatto che essa esso è la «mensa del Signore». Dunque, non sono i corpi dei martiri o dei santi che onorano l’altare, quanto piuttosto è l’altare che dà prestigio al loro sepolcro. Essere deposti sotto l’altare indica pure che al sacrificio del Capo si ricollega, e da esso trae origine e principio, il sacrificio delle membra del suo Corpo. Quindi, proprio per onorare i corpi dei martiri e degli altri santi, come pure per mettere in rilievo la comunione tra i fedeli e il loro Signore particolarmente nel dono totale di se stessi, è ribadita la convenienza che l’altare venga eretto sui sepolcri dei martiri o che sotto l’altare siano deposte le loro reliquie, in modo che come scrive sant’Ambrogio, «vengano queste vittime trionfali a prendere il loro posto nel luogo in cui Cristo si offre vittima. Egli pero sta sopra l’altare, perché ha patito per tutti; questi, riscattati dalla sua passione, saranno collocati sotto l’altare» (Epistula XXII, 13). Questa collocazione trova la propria fondatezza nella Scrittura, in quanto intende ripresentare la visione spirituale dell’apostolo Giovanni quando scrive nell’Apocalisse: «Vedo sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso» (Ap 6,9). I martiri e i santi hanno ascoltato questa parola e l’hanno incarnata nella propria vita e pure nella loro morte. Gli altri cristiani li prendono come esempio di vita e di conformazione a Cristo e, quando celebrano l’Eucaristia su un altare che contiene le loro reliquie, vengono richiamati al significato e al carattere esigente della comunione con il Signore Gesù, che proprio su quell’altare è realizzata nel modo più pieno e profondo. Durante il rito della deposizione non viene pronunciata alcuna preghiera, ma si esegue il canto del Salmo 14 con un’antifona che invoca la loro intercessione: «Santi di Dio che dimorate sotto l’altare, pregate per noi Cristo Signore», oppure con un’altra che rende loro onore: «I corpi dei santi dormono nella pace, il loro nome vive in eterno» (DCA 199). [8 continua]