Letture: Sapienza 7,7-11 / Salmo 89 / Ebrei 4,12-13
Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.
Dal Vangelo secondo Marco (10,35-45)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Parola del Signore
VITA ECCLESIALE
Sabato 16 | 18.30 | + Angelo, Maria Luisa e deff. delle fam. Mazzotti-Sangiorgi, Capucci Armando
+ Rossella |
Domenica 17 | 10.30
18.30 |
+ Gagliardi Bruno e Resta Albertina
+ Ada, Silvana, Aldo e Domenico + Renato Silvio |
Lunedì 18 | 18.30 | Per Luca e Matteo (viventi) e per il defunto Marcello |
Martedì 19 | ||
Mercoledì 20 | 18.30 | Per Luca, Matteo e loro genitori (viventi)
+ Filippo e Santina Modonesi |
Giovedì 21 | 18.30 | + Antonio |
Venerdì 22 | 8.00 | Per tutti gli ammalati
+ Castelli Adriano |
Sabato 23 | 18.30 | + Domenico Guida e Rosina |
Domenica 24 | 10.30
18.30 |
+ Alfonso, Alma, Maria e don Orfeo
+ Dovadola Monica |
Orario Confessioni Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 17.15 – 18.15 (don Pietro)
Concordare con don Pietro eventuali esigenze rispettando rigorosamente le disposizioni di legge (distanziamento, mascherine ecc…)).
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario
Venerdì ore 17.30 S. Rosario e Adorazione eucaristica
N.B. Tutte le celebrazioni sono aperte a tutti i fedeli e si possono seguire anche nel sito internet della parrocchia
Il catechismo in parrocchia riprende nel mese di ottobre
Vivere il Mistero- Il tema della liturgia odierna è l’universalità della salvezza. Il brano evangelico pone davanti due diversi mondi culturali e religiosi. Abbiamo una donna, greca di lingua, sirofenicia di origine, e discendente di quelle popolazioni che abitavano Canaan da tempi immemorabili. C’è poi Gesù, che lungo le vie della Giudea e della Galilea predica l’avvento del Regno di Dio. Ma se andiamo più vicino ai due principali protagonisti scorgiamo altri elementi interessanti. La donna è anzitutto una madre affranta, la sua bambina infatti è seriamente malata. Quando una madre soffre per la sua creatura è disposta a tutto, non importa se Gesù è uno straniero, e per di più di religione ebraica: ella tenta l’ultima carta pur di salvare sua figlia. Non è una donna sprovveduta, però, se chiama Gesù con il titolo di Figlio di Davide, e si rivela, nell’intreccio narrativo, risoluta e coraggiosa. Inoltre, non teme il silenzio del Maestro, anzi lo sostiene convinta che dietro apparenze così dure ci sia una pietas che atteggiamenti e parole sembrano negare. Ma, fatto veramente incredibile, questa donna pagana ha qualcosa da insegnare a Gesù: l’universalità della sua missione. Sì, questa donna aiuta Gesù, dolcemente e fermamente, a non chiudersi dietro barriere etniche o teologiche in quanto è venuto per tutti, nessuno escluso, anche per i cagnolini (animali impuri). La cananea non pretende nulla, niente più che le briciole. Ma sapendo che queste le appartengono, le pretende, e con risolutezza. Gesù è ammirato e afferma che la sua fede è grande, a differenza di quella dei discepoli, che è poca. È grazie a questa fede che molti verranno da Oriente e Occidente e siederanno alla mensa di Dio per mangiare il pane del Regno (cf Mt 8Jl; Lc lal5). ln quel medesimo istante avviene il miracolo, la figlia ritrova la salute. La fede nutre, dà accesso al pane dei figli sia per l’antico popolo sia per i pagani. Questo aspetto è importantissimo, se pensiamo che Matteo scrive per una Chiesa giudeo-cristiana che faticava ad ammettere tra le sue fila i pagani convertiti. È la fede in Gesù Cristo la sola richiesta lecita e doverosa e non tanto l’osservanza della Legge mosaica. Ma non è tutto’ Nel nostro episodio emerge anche una lezione missionaria: certamente Gesù è il Messia di Israele, tuttavia egli è stato aperto a quanti hanno creduto in lui. Può forse, allora, la Chiesa chiudere le proprie porte a quanti desiderano convertirsi al Vangelo? Può forse la Chiesa impedire o porre limiti all’irradiamento del Regno? Sarebbe un controsenso e un venir meno alla sua identità e vocazione. Con questo episodio Matteo mette anche in evidenza una considerazione più volte espressa lungo la sua narrazione: spesso si trova più fede tra coloro che sembrano pagani che all’interno della stessa comunità credente. I Magi, ad esempio, sono venuti da lontano per adorare il nato re di Israele (cf Mt 2), un centurione pagano (cf Mt 8,10) e persino i niniviti si sono rivelati più disponibili di «questa generazione», afferma Gesù (cf 12,39ss). La Chiesa deve, perciò, vigilare contro l’auto-sicurezza religiosa e verificarsi al suo interno prima di portarsi sulle strade dell’annuncio. Il vero annuncio scaturisce dalla testimonianza. Abbiamo visto come l’audacia della cananea sia stata lodata da Gesù; in quel dialogo serrato, egli ha rivisto la sua posizione teologica: la sua missione non è rivolta solo alla casa di Israele, ma al mondo intero. Gesù è davvero un rabbi singolare; non solo perché è aperto verso tutte le categorie sociali, ma anche perché incontra, dialoga e impara persino dalle donne. E questo sorprende quando sappiamo che la donna non aveva nessuna considerazione nella cultura del tempo. Anzi, c’era una corrente rabbinica che sosteneva che era preferibile bruciare la Torà piuttosto che insegnarla ad una donna.
LA VITA DELLA COMUNITA’
Anno : B
Ottobre 2021 |
Domenica 17
XXIX del T.O. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (NO alle 8.00)
Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa con la partecipazione dei componenti dell’Associazione don Orfeo Giacomelli” e a seguire pranzo e assemblea all’oratorio. |
Lunedì 18
S. Luca Ev. |
S. Messa ad orario feriale |
Mercoledì 20 | Ore 20.45 (S. Paolo) : Prove del coro S. Paolo |
Venerdì 22
S. Giovanni Paolo II |
S. Messa ad orario feriale
Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario |
Domenica 24
XXX del T.O. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (NO alle 8.00)
Ore 18.00 (S. Cassiano) : S. Messa solenne presieduta dal Card. Gambetti nell’anniversario della Dedicazione della Cattedrale e apertura della Porta Santa. |
Da Sabato 2 ottobre (per tutto il mese) in S. Paolo
ore 17.50 S. Rosario (celebrato in forma più solenne)
Alla scuola di Gesù : | |||||
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato |
Lc 10,1-9 | Lc 12,35-38 | Lc 12,39-48 | Lc 12,49-53 | Lc 12,54-59 | Lc 13,1-9 |
Vivere il Mistero- La liturgia della Parola concentra il nostro sguardo sulla figura di Cristo, visto come Servo sofferente, che dona la sua vita in riscatto, e Sommo Sacerdote solidale, che sa compatire la nostra debolezza. Il cammino della fede deve condurci a una continua e progressiva scoperta del volto di Gesù. Sappiamo, infatti, come lungo i secoli le immagini di Cristo si sono moltiplicate. Stando solo al secolo XIX si è parlato di un Gesù romantico, rivoluzionario e persino socialista. Ogni epoca ha cercato di capirne la figura e il messaggio, talora con profonde intuizioni ma anche con dei veri e propri travisamenti della sua identità originaria. Il Servo sofferente entra in scena presentato da Dio stesso; non ha volto, né nome, ma solo un titolo, servo (‘ebed). Isaia ne parla in ben quattro canti. Chiaramente le identificazioni sono state molte, sia individuali (qualcuno ha pensato a Geremia, altri a Mosè) sia collettive (Israele, gli ebrei fedeli). I cristiani hanno subito riconosciuto in questa figura Gesù come il Messia sofferente e glorificato. II breve brano proposto dalla liturgia odierna è tratto dall’ultimo dei quattro canti del Servo. In esso si intravvede la redenzione vicaria che Cristo ha operato con la sua morte. La sofferenza di Gesù ha liberato l’umanità dal male e dal giudizio di Dio. Questo aspetto induce alcune riflessioni. La prima: ciò che libera dall’oppressione non è certo la via dell’onnipotenza, ma quella del dono sacrificale di sé, della solidarietà verso quelle categorie di persone (poveri, miseri e peccatori) che talora sono relegate ai margini della società civile e religiosa. Una seconda: Gesù ha riletto la sua vicenda nella luce del Servo. Anche lui ha manifestato la gloria di Dio fino al martirio, fino a consegnare la sua schiena ai flagellatori e a non sottrarre il suo volto agli oltraggi e agli sputi. Come il Servo, sa che verrà esaltato. Il Riscattatore Gesù si auto-comprende a partire dalla figura del Servo che dà la vita in riscatto per tutti. La sua morte, vero e proprio atto sacrificale, ha perciò un potere salvifico; è una donazione vicaria e allo stesso istante volontaria per la remissione dei peccati. Nella Scrittura il termine redenzione designa una liberazione storica e anche spirituale. Il riscatto che Gesù opera con la sua offerta non va contrapposto certamente a un riscatto storico, ma tuttavia trascende questa dimensione. La redenzione in Gesù ha un carattere teologico e cristologico. Consegue che coloro che sono stati riscattati non si appartengono più. Scrive al riguardo Gregorio di Nissa: «Quando noi sappiamo che Cristo è divenuto per noi redenzione perché ci ha comprati a caro prezzo dando se stesso per riscattarci, allora comprendiamo che egli, offrendosi per ciascuno di noi e donandoci la sua vita immortale, ci ha strappati con la sua vita alla morte, sicché non apparteniamo più a noi stessi ma a lui». In questa libertà, il credente sarà un servo di Cristo «acquistato per il comune uso dei fratelli». Il titolo Figlio dell’uomo ritorna 82 volte nei Vangeli e praticamente è sempre sulla bocca di Gesù. II suo significato deriva probabilmente dai libri apocalittici, quali ad esempio Daniele 7,13-14. Il suo sviluppo teologico, invece, è debitore anche di testi apocrifi tra i quali troviamo le Parabole di Enoc(l secolo a.C.). In questo testo, il Figlio dell’uomo, in continuità con Daniele, è un essere tenuto nascosto da Dio prima ancora della creazione del mondo per poi essere rivelato ai sapienti e ai giusti a tempo opportuno. In Enoc, il Figlio dell’uomo arriverà ad assumere i tratti del Servo di Dio. Il tardo giudaismo arriverà così a identificare il Servo di Dio e il Figlio dell’uomo con lo stesso Messia, Figlio di David. Il giudaismo conosceva perciò il Figlio dell’uomo come Servo sofferente e glorioso, umiliato ed esaltato, giudice nel giorno escatologico. C’è un tratto che caratterizza il Figlio dell’uomo: il dono della vita. Dare la vita è qualcosa di più che manifestare una grande dedizione; chi dona la propria vita ha superato la paura del dover morire. Non è un caso che negli annunci della Passione, Gesù mai dimentichi di affermare che dopo la morte risorgerà. Con la sua risurrezione, Gesù ha attraversato i cieli, afferma l’autore della lettera agli Ebrei. Bisogna quindi aver fede e mantenerla salda confessando sempre il nome di Dio. Questa esortazione a mantenere salda la fede viene poi giustificata con il fatto che Gesù è Sommo Sacerdote misericordioso, che può quindi compatire tutte le nostre fragilità in quanto si è reso in tutto simile a noi, eccetto il peccato. Questo significa che egli ha fatto realmente sua la nostra condizione umana. Difatti ha sperimentato la stanchezza, la fame, la sete, l’insicurezza, l’ingratitudine, l’odio e la morte. Di qui una seconda esortazione: «Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno». In Gesù noi abbiamo la ferma speranza che nel momento della prova saremo soccorsi dalla sua misericordia. (P. Sandro Carotta)