Letture: Isaia 55,6-9 / Salmo 144 / Filippesi 1,20c-24.27a
Il Signore è vicino a chi lo invoca.
Dal Vangelo secondo Matteo (20,3-16)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
Sabato 23 | ||
Domenica 24 | 10.30
18.30 |
+ Alma, Alfonso, Maria e Peppino
+ Maria |
Lunedì 25 | ||
Martedì 26 | ||
Mercoledì 27 | 18.30 | + Dovadola Ivano, Monica, Silverio e Ruffini Armanda |
Giovedì 28 | ||
Venerdì 29 | 8.00 | + Montesi Natale |
Sabato 30 | ||
Domenica 01 | 10.30
18.30 |
+ Mondini Luigi e Alfredo
+ Alberto e Maria Giovanna Marchetti |
Orario Confessioni Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 17.15 – 18.15 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni ore 17.55 S. Rosario (escluso venerdì)
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
LA VITA DELLA COMUNITA’
Anno : A
Settembre – Ottobre 2023 |
Domenica 24
XXV del T. Ordin. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (in S. Paolo) |
Mercoledì 27 | Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo” |
Venerdì 29
Ss. Michele, Gabriele e Raffaele |
S. Messa ad orario feriale
Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario |
Domenica 01
XXVI del T.Ordin. |
Ss. Messe alle ore 10.30 (al Santuario) e 18.30 (in S. Paolo)
Ore 10.30 (Santuario) : S. Messa (in caso di maltempo sarà celebrata in S. Paolo) Ore 17.30 (Santuario): S. Rosario |
1 – In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di Imola che rappresentano un modo per sostenere nel bisogno materiale una comunità che instancabilmente prega per tutti noi.
La festa al Santuario della B.V. della Consolazione
Domenica 1 ottobre ore 10.30 : S. Messa nel piazzale del Santuario
ore 17.30 : S. Rosario nel Santuario
Da Lunedì 02 ottobre (per tutto il mese) in S. Paolo
ore 17.50 S. Rosario (celebrato in forma più solenne)
Alla scuola di Gesù : | |||||
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato |
Lc 8,16-18 | Lc 8,19-21 | Lc 9,1-6 | Lc 9,7-9 | Gv 1,47-51 | Lc 9,43b-45 |
Vivere il mistero– L’aggiunta liturgica con cui inizia il Vangelo chiarisce il mittente, il destinatario e il genere letterario del messaggio («In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola»). Nel testo di Matteo, la parabola degli operai mandati nella vigna segue immediatamente il dialogo tra Pietro e Gesù sulla ricompensa che riceverà colui che ha lasciato tutto per il Regno. Nel Vangelo bisogna leggere la parabola contestualmente a questo dialogo. Emerge così il tema della ricompensa divina che non può essere calcolata umanamente. Il Lezionario liturgico, invece, staccando la parabola dal dialogo tra Gesù e Pietro, rende il brano autonomo. Il lettore scopre un significato nascosto: Dio, e solo Lui, è capace di associare la bontà-misericordia alla giustizia. Il testo della parabola è suddiviso da due elementi che aprono e chiudono il giorno: «all’alba» (Mt 20,1-7) e «quando fu sera» (Mt 20,8-16). Nella prima parte viene detto che il padrone uscì quattro volte (all’alba, alle nove del mattino, a mezzogiorno, alle cinque di sera) e altrettante volte chiamò operai nella sua vigna. Solo con gli operai della prima ora (all’alba) il padrone stipula un patto. Con gli altri, no. Molti antichi commentatori hanno visto negli operai dell’alba l’allusione al popolo ebraico. Negli altri operai, hanno visto il popolo cristiano. Questa precisazione potrebbe gettare nuova luce sull’espressione conclusiva: «Gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi». L’articolazione del racconto evidenzia diverse antitesi. Da una parte c’è la fatica di chi ha lavorato tutto il giorno e la fatica di chi ha lavorato un’ora soltanto. Da una parte c’è un contratto («un denaro al giorno») e dall’altra la generosità libera del padrone. Da una parte c’è il silenzio totale (non viene evidenziata la riconoscenza) e dall’altra c’è la mormorazione. Da una parte la giustizia, dall’altra la bontà. Questa forma narrativa per antitesi fa risaltare quanto già detto nella prima lettura: «Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie… Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri». Accogliere questa verità significa «convertirsi» (ritornare «al Signore che avrà misericordia») e pensare secondo Dio. Infine, la risposta del padrone della vigna contiene il messaggio che va oltre le parole. Di fronte a chi lavora per «contratto», il padrone si comporta di conseguenza: rispetta il contratto. Di fronte a chi lavora affidandosi, il padrone non rispetta nessun contratto, ma fa leva sulla propria bontà. Umanamente si prova disagio. Tale disagio, però, nasce dalla comparazione e si chiama invidia. Comparando se stesso all’altro, l’uomo percepisce ingiustizia, prova invidia e si ribella. La giustizia divina va oltre quella umana, perché Dio sa coniugare alla giustizia quella bontà che l’uomo non può avere se vuol essere giusto. Questo è il motivo per cui Giobbe dice: «Chi gli può dire: “Che fai?”» (Gb 9,12). Le parole del profeta, dunque, non sono poesia, ma forte realtà. I pensieri e le vie di Dio non sono i pensieri e le vie dell’uomo. (don Renato De Zan)
Spazi per la liturgia- L’Altare (quarta parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
Immediatamente dopo, si parla della presenza della croce d’altare e della sua collocazione: «Vi sia sopra l’altare, o accanto ad esso, una croce, con l’immagine di Cristo crocifisso, ben visibile allo sguardo del popolo radunato»; reputa inoltre conveniente «che questa croce rimanga vicino all’altare anche al difuori delle celebrazioni liturgiche, per ricordare alla mente dei fedeli la salvifica Passione del Signore» (OGMR 308). La presenza di altre «suppellettili» sull’altare, è introdotta dalle norme con un chiaro principio: «Sopra la mensa dell’altare possono disporsi solo le cose richieste per la celebrazione della Messa» (OGMR 306). Di conseguenza, viene esplicitamente indicato quanto «serve» e dunque possiamo trovare sopra di esso: l’Evangeliario, dall’inizio della celebrazione fino alla proclamazione del Vangelo; il calice con la patena, la pisside, il corporale, il purificatoio, la palla e il Messale, tutte cose però che devono essere disposte sulla mensa «solo dal momento della presentazione dei doni fino alla purificazione dei vasi» (lbidem). La stessa attenzione, infine, è suggerita anche per «ciò che può essere necessario per amplificare la voce del sacerdote», cioè il microfono, oggi indispensabile perché tutti possano udire chiaramente le parole del celebrante: sia collocato «in modo discreto» (lbidem). il senso di «moderazione» è richiesto ugualmente nell’ornare l’altare: nessuna aggiunta per abbellire e impreziosire deve sminuire il segno più importante, l’altare stesso (cf. OGMR 305). Gli eccessi di ornamento, infatti, contrastano con la leggibilità del medesimo segno, con il senso e gusto estetico, e con lo spirito del rinnovamento liturgico che richiede «dignità, decoro e bellezza, per significare e simbolizzare le realtà soprannaturali» (SC 122). [4 continua]