Oratorio della Beata Vergine Maria del Trebeghino di Massa Lombarda
Detto anche dell’Oppio, dal nome del fondo rurale su cui è sorto, è intitolato anche a S. Barbara come da visite pastorali dei secoli XVII-XVIII, l’edificio è menzionato fin dal 1629, quale celletta di tal Lorenzo Fabbri.
Intorno alla metà del Seicento passa in proprietà ai Mascarini, che tramite disposizioni testamentarie, dotano l’oratorio di beni immobili e dettano disposizioni sul relativo Beneficio Laicale. In particolare si rammenta il testamento di Giuseppe Mascarini, in data 21 ottobre 1721, in seguito al quale proprietà e giuspatronato vengono trasferiti alla Confraternita del SS. Sacramento di Massa Lombarda, con documento di accettazione datato 14 giugno 1764.
Con i proventi dell’Oratorio viene istituita, nel 1841, una Cappellania, con obbligo di celebrazioni di Messe e insegnamento della dottrina cristiana.
Il culto mariano sviluppatosi per merito dell’Oratorio è testimoniato anche da una formazione di tavolette votive e dalla istituzione della “Pia Unione della B.V. dell’Oppio” le cui adepte partecipano al “bene che si fa nell’Oratorio”.
Particolari celebrazioni, con svolgimento di sagra paesana, si tenevano nelle tre giornate della Pentecoste; culto e tradizioni si stemperano poi gradatamente nella prima metà del Novecento.
La condizione giuridica dell’Oratorio è legata a quella del SS. Sacramento, attraverso la Congregazione di Carità di Massa Lombarda, delle Opere Pie raggruppate e, dal 1992, dell’azienda USL n° 36 di Lugo. L’edificio di culto, posto all’incrocio delle vie Trebeghino e Argine S. Paolo, presenta una struttura semplice ad aula, con volta nel presbiterio e capriate a vista nella parte restante.
La facciata denota una ristrutturazione nell’interferenza dei due oculi sull’arco di rinforzo posto sopra l’ingresso, i pilastri angolari, sporgenti sul solo fronte, paiono già considerati in una descrizione del 1739.
Il campaniletto a vela, impostato sulla originaria sacrestia, è invece posteriore a tale data.
Lucio Donati
Si racconta che un contadino, arando il proprio campo, inciampasse nella piccola immagine di Madonna con il Bambino, la raccogliesse, la pulisse con cura e devozione e la appoggiasse sopra un grosso albero di oppio che si trovava proprio sul crocevia di fronte all’attuale santuario.
La leggenda vuole che da questo albero di oppio abbia preso il nome la chiesa stessa.
Trattandosi di un avvenimento accaduto una domenica mattina, il contadino giudicò il ritrovamento come un segno divino e si ricordò di santificare la festa recandosi in chiesa per assistere alla S. Messa lasciando il lavoro dei campi, molto urgenti, essendo tardi per la semina.
La leggenda narra che quando il contadino tornò trovò il campo arato e pensò che si trattasse di un miracolo. Si racconta che questo sia stato il primo miracolo della Madonna dell’Oppio, poi ve ne furono molti altri, alcuni descritti e ricordati dai quadretti “Per Grazia Ricevuta”.
Giulia Savioli
Nei ricordi di alcuni massesi che in passato frequentavano la chiesa dell’Oppio, sono rimaste due denominazioni di “Oratorio della B.V. del Trebeghino” oppure di “Santuario della B.V del Buon Consiglio”.
Si presume che quest’ultima attribuzione derivi dalla presenza sull’altare, di un’immagine dipinta, che ora riprodotta, si trova nella chiesa di S. Giacomo a Fruges, simile all’iconografia della Madonna del “Buon Consiglio” diffusa in Romagna e caratterizzata da un’ampia aureola ellittica che sovrasta il capo della Vergine e riconducibile all’immagine venerata nel Santuario di Genazzano, presso Roma. Questo culto mariano ha avuto una larghissima diffusione e sono troppe le riproduzioni a stampa dell’immagine per poterne tracciare anche solo un sintetico schema storico.
L’iconografia è stata ripresa nelle targhe ceramiche della Romagna in molti diversi modelli e spesso l’interpretazione plastica del rilievo si avvicina all’immagine della B.V del Monticino di Brisighella. È probabile che la non chiara denominazione della targa mariana che si trova nella chiesa dell’Oppio derivi da queste approssimative interpretazioni dell’iconografia originale; va inoltre ricordato che da documenti notarili, “Oppio” era il nome del fondo rurale su cui è sorto l’Oratorio.
Maria Cristina Buttelli