Programma dal 5 al 13 ottobre 2024

Letture: Genesi 2,18-24 / Salmo 127 / Ebrei 2,9-11

Ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita.

Dal Vangelo secondo Marco (10,2-16)

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».

Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 05 18.30 + Luigi Rizzi detto Carlo
Domenica 06 10.30

18.30

+ Alma, Alfonso, Maria e Peppino

+ Emilia e Veliano Chiarini

Lunedì 07 18.30 Vivi e defunti e parenti delle famiglie Dovadola e Ruffini e secondo le intenzioni di Maria Teresa
Martedì 08
Mercoledì 09
Giovedì 10
Venerdì 11 8.00 + Avveduti Giovanni

+ Luigi Rizzi (Carlo)

e per Dovadola Maria Teresa

Sabato 12 18.30 + Mazzotti Angelo, Sangiorgi Maria Luisa, deff. fam. Mazzotti e Sangiorgi e Armando Capucci

+ Lanzoni Ugo e Lino

Domenica 13

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Ottobre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 06

XXVII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 (Santuario) e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (Santuario) : S. Messa (in caso di maltempo sarà celebrata in S. Paolo)

Ore 17.00 (Santuario): S. Rosario

Lunedì 07

B.V. Maria del Rosario

S. Messa ad orario feriale

Ore 20.30 – 22.00 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e preghiera per la Pace

Mercoledì 09 Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”
Venerdì 11 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario
Domenica 13

XXVIII del T.O.

Inizio anno catechistico

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

La festa al Santuario della B.V. della Consolazione

Domenica 6 ottobre ore 10.30 : S. Messa nel piazzale del Santuario

ore 17.00 : S. Rosario nel Santuario

1 – Da Martedì 01 ottobre (per tutto il mese) in S. Paolo

ore 17.50 S. Rosario (celebrato in forma più solenne)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 10,25-37 Lc 10,38-42 Lc 11,1-4 Lc 11,5-13 Lc 11,15-26 Lc 11,27-28

Vivere il mistero – L’amore umano emana sempre un fascino discreto ma possente, scontato ma misterioso, conosciuto ma inesauribile. Appare sempre unico e irrepetibile per ogni protagonista. La Parola ha qualche cosa da dire su questo splendido e delicato, forte e fragile mistero. In epoca biblica, pur non essendoci per gli ebrei nessuna cerimonia religiosa ufficiale per il matrimonio, l’amore dei due coniugi conteneva e rappresentava l’amore di Yhwh per il suo popolo e del popolo per Yhwh: ciò era ben illustrato dagli scritti di Osea, di Ezechiele, dal Cantico dei Cantici, ecc. Il Cantico aveva espresso la singolarità assoluta dell’amore umano.  Un’espressione, in particolare, andrebbe considerata: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina» (Ct 8,6). Mentre l’immagine del sigillo indica totale appartenenza, l’immagine della morte indica la totale irreversibilità. La liturgia ha voluto costruire un’unica pericope con due brani che esegeticamente sono distinti. Mc 10,2-12 presenta il tema del ripudio, mentre Mc 10,13-16 presenta il bambino come modello di colui che sa accogliere il Regno. L’unione delle due pericopi obbliga il lettore a far dialogare il tema del matrimonio con il tema del bambino. Questo dato si può articolare in modi diversi: il matrimonio è aperto alla vita; il matrimonio è vissuto nella logica del Regno; il matrimonio vissuto con la semplicità e la fiducia del bambino, ecc. Non c’è differenza tra testo biblico originale e testo biblico-liturgico, fatto salvo il solito incipit, «ln quel tempo». Gesù, pur messo alla prova, non vuole schierarsi. L’amore coniugale è una cosa troppo seria per essere sottoposta ai giochi della legge, anche se di Leggi può averne bisogno. L’essenza dell’amore coniugale non si trova nell’uomo (che ha il cuore duro), ma si trova in Dio che «è amore» (1 Gv 4,8). E poiché Dio è amore fedele e indefettibile, una scintilla di Lui è stata posta nei coniugi. Questo è il pensiero che anima il testo paolino di Ef 5,21-33. Gesù rilegge il racconto delle origini, Gn 1,27;2,24, come l’insegnamento (in ebraico, Toràh, significa insegnamento) che veicola l’interpretazione delle norme. Le norme di Mosè, per la durezza del cuore umano, permettono la rottura dell’amore sponsale. Nel libro della creazione, però, Dio non ha mai scritto questo. Gesù, dunque, non ammette il ripudio. Il missionario cristiano che predica a Roma (Pietro e/o chi per Lui) sapeva benissimo che nella cultura ebraica solo l’uomo poteva ripudiare la moglie, perciò, adegua il pensiero di Gesù alla situazione giuridico-culturale della capitale dell’impero (dove sia l’uomo sia la donna potevano rompere il matrimonio). Il risultato è chiaro: sia l’uomo sia la donna sono invitati a non ripudiare il coniuge. La Parola di Dio, tuttavia, ammette la separazione (cf. 1 Cor 7,10). Come la separazione, anche la permissività del comandamento mosaico del ripudio non è ordinata al matrimonio, ma alla fragilità umana. L’accoglienza dei bambini da parte di Gesù (Mc 10,13-16) rappresenta qualche cosa di straordinario nel mondo palestinese di allora (erano gli «ultimi» della società insieme alle donne, agli schiavi e ai forestieri). Per Gesù la «gratuità» del Regno è più vicina al bambino che non agli altri. Accogliere il Regno come un bambino equivale, da una parte, a rinunciare alla ricerca del prestigio, della potenza, della ricchezza e della sicurezza, dall’altra ad accogliere la proposta di Dio come puro dono, obbedendogli e attendendo il compimento delta sua volontà. L’abbraccio e l’imposizione delle mani hanno un doppio significato. Gesù accoglie nel Regno i bambini e contemporaneamente esaudisce il desiderio di coloro che sono responsabili dei bambini (verosimilmente si tratta dei genitori). La coppia ama i bambini. Nell’amore genitoriale per i piccoli c’è già la premessa esperienza del Regno: accettare il bambino e tutto il suo mondo costituisce un segno della disponibilità ad accettare il Regno e tutto ciò che esso comporta. (don Antonio Donghi)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [] (di don D. Ravelli)

I confessionali già esistenti vennero trasformati e adattati a queste istanze, mentre le nuove chiese crearono un apposito piccolo locale, spesso in muratura, non più in legno, e inserito nell’architettura della chiesa. Non mancarono per questi ambienti l’aggiunta di due poltroncine e, in alcuni casi, pure di un inginocchiatoio con l’eventuale possibilità di una grata, però meno fitta. Qualcuno però si illuse che sarebbero bastati pochi interventi, per garantire sia il dialogo sia la necessaria riservatezza sia la possibilità di alcune azioni rituali, a creare una sede aggiornata del sacramento della Penitenza. Il risultato fu quello di realizzare una moderna e confortevole «cabina-confessionale a tre ante», con riscaldamento e aria condizionata, oppure un «salottino parlatoio privato» o una «confessional room» americana degli anni Sessanta, piccole salette come luoghi di comoda conversazione, adatte più a sedute terapeutiche di ordine psicologico che alla celebrazione sacramentale della Riconciliazione. Alla fine, questi tentativi risultarono essere l’evangelica toppa nuova messa sopra un vestito vecchio. Bisognerà dunque attendere il nuovo Rituale, frutto e dono della riforma liturgica per adeguare coerentemente il luogo del sacramento alla sua celebrazione. Da ultimo, rimane da segnalare, nei decenni dopo il Concilio, la diffusione di un’altra innovazione: la costruzione di penitenzierie, specialmente presso i santuari. Si trattava di ampi ambienti, fuori dall’aula dell’assemblea liturgica per le celebrazioni comunitarie, adatte alla proclamazione della Parola di Dio, alla preghiera e alla riflessione personale, con attorno numerose celle per la confessione individuale. [2 – continua]

Programma dal 28 settembre al 6 ottobre 2024

Letture: Numeri 11,25-29 / Salmo 18 / Giacomo 5,1-6

I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

Dal Vangelo secondo Marco (9,38-43.45.47-48)

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.

Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 28 18.30 + De Giovanni Anna e Benfenati Maria
Domenica 29 10.30

18.30

+ Montesi Natale

+ Cecchini Dino (Trigesima)

+ Francesco

+ Resta Maria e Bassi Giovanni

Lunedì 30 18.30 + Mathew
Martedì 01
Mercoledì 02 18.30 + Biancoli Vincenzo
Giovedì 03 18.30 + don Felice Marchi
Venerdì 04 8.00 + Ruffini Armanda, Dovadola Ivano, Monica e Silverio
Sabato 05 18.30 + Luigi Rizzi detto Carlo
Domenica 06 10.30 + Alma, Alfonso, Maria e Peppino

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Settembre – Ottobre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 29

XXVI del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Mercoledì 02

Ss. Angeli custodi

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”
Venerdì 04

S. Francesco d’Assisi

S. Messa ad orario feriale

Primo venerdì del mese – Comunione agli impediti

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario

Sabato 05 Primo sabato del mese

Ore 7.30 (S. Paolo) : Partenza in processione verso il Santuario della B.V. della Consolazione recitando il S. Rosario.

Ore 8.00 (Santuario) : Celebrazione della S. Messa

Domenica 06

XXVII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 (Santuario) e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (Santuario) : S. Messa (in caso di maltempo sarà celebrata in S. Paolo)

Ore 17.00 (Santuario): S. Rosario

La festa al Santuario della B.V. della Consolazione

Domenica 6 ottobre ore 10.30 : S. Messa nel piazzale del Santuario

ore 17.00 : S. Rosario nel Santuario

1 – Lunedì 30 settembre inizia il servizio del “Doposcuola” all’oratorio.

2 – Da Martedì 01 ottobre (per tutto il mese) in S. Paolo

ore 17.50 S. Rosario (celebrato in forma più solenne)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 9,46-50 Lc 9,51-58 Mt 18,1-5.10 Lc 10,1-12 Mt 11,25-30 Lc 10,17-24

Vivere il mistero – La libertà divina aleggia sull’assemblea domenicale perché i suoi membri siano pienamente docili all’azione dello Spirito Santo. Quando siamo riuniti nel nome del Signore veniamo infatti immersi nella nube dello Spirito Santo che ci richiama a continua novità di vita. Egli infatti significa l’azione incessante e provvidenziale del Padre nei confronti della Chiesa. Il discepolo avverte nella fede di ritrovarsi continuamente sotto la signoria del Padre che lo avvolge della potenza creativa dello Spirito Santo. Lo Spirito esprime la libertà divina nei confronti della storia e di ogni uomo, non è legato ai linguaggi istituzionali delle sicurezze umane, ma opera al di là di ogni visibilità storica poiché in ogni creatura opera il respiro di Dio. L’azione divina non conosce confini, ma spazia nell’infinito. Se si lascia veramente guidare dalla saggezza divina che opera nel suo cuore l’uomo intuisce quanto sia feconda e liberante l’azione dello Spirito nel suo vissuto quotidiano. Tale percezione gli apre orizzonti sconfinati che gli permettono di vedere come Dio raggiunga gli uomini nelle situazioni storiche più diverse per comunicare loro la potenza della vita e della speranza. Il cristiano esperimenta nella propria persona la libertà stessa di Dio. Questa situazione permette di riscoprire sempre meglio la dimensione profetica che ci qualifica nella diuturna sequela di Gesù e ci fa rivivere la libertà divina. Tale atteggiamento esprime la costante volontà aperta all’obbedienza, come insegna il salmo responsoriale: «l precetti del Signore fanno gioire il cuore». L’obbedienza a Dio infatti è la sintesi dell’incontro tra la libertà del Padre che si comunica all’uomo e l’uomo che, profondamente consapevole delle proprie povertà, si lascia liberare dallo Spirito del Cristo per aderire in verità ai voleri del Padre. Il profeta è un uomo intrinsecamente libero perché tutte le sue scelte sono maturate nella pienar docilità alla volontà divina. In questo il profeta si rivela come la trasparenza vissuta nella fedeltà di Dio alla storia umana. È la nostra vocazione battesimale. Il nostro cuore è sempre aperto all’imprevedibilità divina e non ha alcun timore. La libertà di Dio nella nostra storia quotidiana è certezza di vera maturazione spirituale. Cristo Gesù presente all’interno della comunità cristiana è la luce che illumina i comportamenti dei discepoli e li chiama a vera conversione. Egli è il loro Maestro per farli crescere come uomini liberi docili. L’azione del suo Spirito infatti diviene continua provocazione perché coloro che scelgono di seguire Gesù vivano come è vissuto lui, che ha inaugurato gli ultimi tempi. Solo nella morte-risurrezione di Gesù il discepolo ha il vero ed unico punto di riferimento. Per realizzare tale maturazione è stimolato a cambiare decisamente vita aprendosi alla carità. Lo Spirito opera nella Chiesa, specie nell’assemblea eucaristica, perché il discepolo dilati sempre più la vocazione alla libertà e alla comunione, all’apertura del cuore e alla docilità al Padre. Avvertiamo perciò quanto sia necessaria la figura del profeta e la riscoperta di questa nostra vocazione perché la Chiesa possa essere sempre più pungolata dal Maestro a vivere in uno stile veramente evangelico. L’azione dello Spirito opera in modo incessante nel cuore dei discepoli di Cristo e di coloro che sono chiamati ad essere tali in conformità al progetto del Padre. Questa sua opera innesca un cammino di conversione poiché solo in questa condizione esistenziale è possibile diventare cristiani e testimoniare davanti al mondo la fecondità di salvezza. I doni eucaristici allora sono il luogo per eccellenza di tale rinnovamento, come la Chiesa prega al termine della celebrazione eucaristica: «Questo sacramento di vita eterna ci rinnovi, o Padre, nell’anima e nel corpo, perché, annunciando la morte del tuo Figlio, partecipiamo alla sua passione per diventare eredi con lui nella gloria». (don Antonio Donghi)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [] (di don D. Ravelli)

La celebrazione del sacramento, la «confessione», e il relativo luogo liturgico, il «confessionale», con la riforma tridentina si erano cristallizzati e imposti ovunque uniformemente, anche se solamente dal XVII secolo. Questa situazione è proseguita immutata fino alla vigilia del Concilio Vaticano II, quando si cominciò a percepire nei fedeli una crescente disaffezione per la confessione e insieme un diffuso disagio per il confessionale. Una nuova e profonda crisi in poco tempo investì il sacramento stesso, paragonabile a quella avvenuta nei passaggi tra penitenza pubblica e tariffata, e tra quest’ultima e quella privata: occorreva traghettare la celebrazione sacramentale, e il suo spazio liturgico, in una nuova fase. Concluso il Concilio, seppur in attesa della riforma dei riti, non erano mancati tentativi di rinnovare subito i confessionali, con soluzioni che tentavano di conciliare i vecchi luoghi della celebrazione privata con le nuove istanze teologiche e pastorali. In Italia, la Conferenza Episcopale si fece subito interprete della preoccupazione pastorale di favorire il dialogo tra penitente e ministro e così, nel Direttorio liturgico- pastorale per l’uso del «Rituale» del 1967, invitò a provvedere «alla funzionalità e alla dignità di questi luoghi, ove si effettua l’incontro tra penitente con il ministro della Chiesa, in modo da rendere possibile una celebrazione sacramentale che comporta un dialogo ed alcune azioni rituali» (n. 65). Tale indicazione ha offerto l’occasione, attesa da facili e superficiali innovatori, per mettere mano ai tradizionali confessionali. Infatti, la pur giusta preoccupazione pastorale dei vescovi è stata letta come un’autorizzazione ufficiale per introdurre un tavolino tra confessore e penitente, che avrebbe facilitato la dinamica dialogica e per eliminare la grata divisoria considerata ostacolo alla comunicazione e al gesto andato perduto dell’imposizione delle mani. [1 – continua]

Programma dal 21 al 29 settembre 2024

Letture: Sapienza 2,12.17-20 / Salmo 53 / Giacomo 3,16-4,3

Il Signore sostiene la mia vita.

Dal Vangelo secondo Marco (9,30-37)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 21 18.30 + Antonio e Giovanna
Domenica 22 10.30 + Barelli Giulia, Luigi e Alfredo Mondini
Lunedì 23
Martedì 24
Mercoledì 25
Giovedì 26
Venerdì 27 8.00 + Dovadola Ivano, Monica, Silverio e Ruffini Armanda
Sabato 28
Domenica 29 10.30

18.30

+ Montesi Natale

+ Resta Maria e Bassi Giovanni

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

 

Anno : B

Settembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 22

XXV del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Lunedì 23 Ore 20.45 . (canonica) : Caritas parrocchiale
Giovedì 26 Ore 20.45 (oratorio) : Incontro genitori dei fanciulli al primo anno di catechismo (terza elementare)
Venerdì 27 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario
Domenica 29

XXVI del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 8,16-18 Lc 8,19-21 Lc 9,1-6 Lc 9,7-9 Lc 9,18-22 Lc 9,43b-45

Vivere il mistero – Gesù sta per lasciare la Galilea per andare in Giudea (cf. Mc 10,1: «Partito di là, venne nella regione della Giudea»). Sta avviandosi al compimento della sua missione (passione, morte, risurrezione). Il Maestro, per la seconda volta, preannuncia il suo destino. Egli è il giusto (cf. prima lettura: Sap 2,17-20), mite e perseguitato che gli empi vogliono uccidere. Che i discepoli abbiano capito l’annuncio della sua morte, diventa chiaro dalla discussione che ne segue. Essi, infatti, si mettono a discutere su chi tra loro possa essere il più grande. Perché lo fanno? Perché il più grande subentrerebbe al Maestro nella guida del gruppo. Questo episodio non è solo un esempio evidente dell’incomprensione dei discepoli nei confronti del mistero di Gesù, ma indica anche un certo cinismo. Non è importante il Maestro. È importante il potere sul gruppo. La reazione di Gesù è altamente nobile. Egli li educa non disapprovando il loro modo di reagire alla profezia della passione-risurrezione, ma partendo dalla loro situazione. Non è male voler essere primi. Net cristianesimo, però, si è primi quando si serve e non in altro modo. Accogliere Cristo come Messia sofferente e glorioso, accogliere il principio del primato come servizio non è cosa semplice. Diventa possibile se si accoglie questo insegnamento con la stessa delicatezza e apertura d’animo con cui si accoglie un bambino. La colletta propria prega con questo tema: «Donaci la sapienza che viene dall’alto, perché accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve» II testo evangelico di Mc 9,30-37 è un testo composto dal brano dove Gesù annuncia per la seconda volta la passione-risurrezione (Mc 9,30-32) e dal brano sul primato come servizio (Mc 9,33-37). Con questa scelta, il Lezionario suggerisce al credente di associare il servizio all’accoglienza della volontà di Dio, all’accoglienza di Cristo, sofferente e glorioso, e all’accoglienza di tutti coloro che sono «bambini» (giusti, miti e perseguitati). A livello redazionale il testo potrebbe nascondere il problema dei «responsabili di comunità» antievangelici. Costoro, despoti nel modo e tiranni nelle loro idee non-evangeliche, si erano dimenticati di guidare il gregge in nome di Gesù, Messia sofferente e nascosto. Questa situazione è presupposta dalla Prima Lettera di Pietro (1 Pt 5,2-3) «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge». Il tema del servizio implica l’accoglienza dell’atteggiamento di Gesù nei confronti degli uomini. Il primo passo di questo «essere servi» è l’accoglienza dei bambini, cioè di tutti coloro che per qualunque motivo sono piccoli. Significa accogliere le persone per quello che sono, non per ciò che noi vorremmo che fossero. (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Ma la perdita dell’antico simbolismo degli spazi celebrativi non finisce qui. Difatti, la crescente e quasi ossessionante preoccupazione disciplinare di distinguere gli spazi nella chiesa per gli uomini e per le donne, portò a un’evoluzione, o meglio un’involuzione, anche per quanto riguarda la collocazione dei confessionali. Non solo si provvedeva a disporli, senza più alcun orientamento, sulle due pareti della navata centrale, una per gli uomini e una per le donne, ma in molti casi si diffuse l’uso di riservare per le donne i confessionali posti in chiesa mentre quelli per gli uomini venivano posizionati nelle sacrestie, o nei corridoi che portavano ad esse, e ridotti a una specie di «armadi» con una sedia e un inginocchiatoio e talvolta adibiti pure all’uso di ripostiglio. Se si era perso il simbolismo dell’orientamento all’altare, adesso si perdeva pure quello considerato da sempre più importante, e cioè di celebrare il sacramento solo all’interno dell’aula liturgica, segno ancora – seppur debole – della dimensione ecclesiale e comunitaria della penitenza. Da ultimo, solo un accenno all’arte barocca sviluppatasi nel periodo della controriforma cattolica: essa ha abbellito con statue simboliche e ornamenti fastosi questo grande «mobile a tre vani», cercando di armonizzarlo nell’architettura dell’edificio e creando non raramente dei capolavori per eleganza e per valore. Solo a modo di esempio per questo periodo ricordiamo nella città di Milano i confessionali delle chiese di S. Alessandro in Zebedia e di S. Fedele. Nella prima, i confessionali sono interamente rivestiti di intarsi in pietre dure e marmi che formano disegni semplici e geometrici. Le uniche due raffigurazioni sono il volto di Cristo sofferente, nel vano del sacerdote, e le orme dei suoi piedi, nei due vani per i penitenti. Nella chiesa di S. Fedele, voluta dal card. Carlo Borromeo, vi sono ben nove confessionali realizzati nel 1579 e interamente in noce, ognuno dei quali ha quattro pannelli scolpiti che rappresentano una vera e propria catechesi per immagini bibliche della passione di Gesù e della misericordia divina. Per una dettagliata descrizione dei confessionali di quest’ultima si veda: C. MARCORA, «Iconografia della misericordia divina. I confessionali della chiesa di S. Fedele in Milano», in Rivista di Pastorale Liturgica 1 (1989) 41-45 (l’articolo è stato pubblicato per la prima volta nel 1968 nella rivista la Diocesi di Milano). Per la città di Roma basta menzionare i confessionali della chiesa di Gesù e Maria, opera di Carlo Rainaldi negli anni 1671-1675, che sono delle micro-architetture con una scenografia propria, con finiture e statue in marmo. [12 – fine]

Programma dal 14 al 22 settembre 2024

Letture: Isaia 50,5-9a / Salmo 114 / Giacomo 2,14-18

Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

 

Dal Vangelo secondo Marco (8,27-35)

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».

Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.

Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 14 18.30
  • Vivi e defunti fam. Dovadola e Ruffini e secondo le intenzioni di Maria Teresa

+ Forni Vilma e Semeraro Giacomo

Domenica 15 10.30 + Martini Giovanni
Lunedì 16
Martedì 17 8.00 Vivi e defunti famiglia Dovadola Ivano
Mercoledì 18
Giovedì 19
Venerdì 20 8.00 + Gagliardi Bruno, Resta Albertina ed Elodia
Sabato 21 18.30
  • + Antonio
Domenica 22 10.30 + Barelli Giulia, Luigi e Alfredo Mondini

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Settembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 15

XXIV del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 (oratorio) e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (oratorio) : S. Messa nel campo dell’oratorio

Ore 20.30 (oratorio) : Giochi senza quartiere

Lunedì 16 Ore 20.30 (Cattedrale di Faenza) : Incontro interdiocesano con S.E. Mons. Castellucci sul tema “La Chiesa italiana nella fase profetica”
Venerdì 20 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario
Sabato 21

S. Matteo Ap.

S. Messa prefestiva ad orario

Ore 7.00 (Piazzale stazione) : Partenza del pellegrinaggio organizzato dall’ufficio diocesano pellegrinaggi in collaborazione con la parrocchia e l’Associazione “Don Orfeo” alla Certosa della Farneta e Lucca sulla tomba di padre Costa.

Domenica 22

XXV del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 7,1-10 Lc 7,11-17 Lc 7,31-35 Lc 7,36-50 Lc 8,1-3 Mt 9,9-13

Vivere il mistero – Circa sei secoli prima di Gesù il Deutero-Isaia aveva tratteggiato l’identità del Servo di Yhwh in quattro carmi (Is 42,1-4.5-9; 49,1-6; 50,4-9.10-11; 52,13-53,12). Nel terzo carme, di cui oggi la liturgia legge una parte cospicua (Is 50,5-9), il Servo di Yhwh mostra la massima fiducia in Dio che gli ha affidato una missione. Profeticamente annuncia la figura di Gesù, che totalmente fiducioso in Dio Padre, svela la propria missione attraverso la profezia della sua passione, morte e risurrezione (Vangelo, Mc 8,27-35). Si tratta del vertice teologico del secondo Vangelo, dove viene presentata la figura del Maestro e quella del vero discepolo. Questa identità del Messia sconcerta Pietro che ha appena fatto la confessione di fede su Gesù: «Tu sei il Cristo». Il dialogo intercorso tra Pietro e Gesù può rappresentare la difficoltà di ogni cristiano ad accogliere le proposte del Maestro. Gesù risponde a Pietro e a ogni discepolo, di ogni tempo e luogo. Indica a Pietro il bisogno di riprendere dall’inizio la strada del discepolato («Va’ dietro a me...») per ritornare a pensare secondo Dio e non secondo g[i uomini. La sapienza di Dio è infinitamente superiore alla sapienza degli uomini (cf. 1 Cor 1,17-31). A chi vuol essere discepolo Gesù formula un invito: rinneghi se stesso – secondo il pensare degli uomini – e impari ad avere il coraggio di restare anche non capito e solo a causa della sua fede. Il testo di Mc 8,27-35 è costituito da due brani (Mc 8,27-30: la confessione messianica di Pietro; Mc 8,31-33 il primo annuncio della passione) con l’aggiunta di un primo frammento di un terzo brano (Mc 8,34-35: condizioni per la sequela; il brano intero sarebbe Mc 8,34-38). Con questa scelta, la liturgia vuole esplicitare il concetto di Messia, professato da Pietro, come Messia sofferente al seguito del quale possono andare solo coloro che accettano la sua logica. Gesù non interroga i teologi competenti (cf. gli scribi) e neppure i membri di gruppi o movimenti impegnati (cf. farisei, sadducei, zeloti, ecc.). Interroga i discepoli perché essi sono sempre a fianco a Lui (cf. Mc 3,14: «Ne costituì dodici perché stessero con lui»). Sono testimoni non solo di ciò che Egli dice o opera, ma anche di ciò che Egli è. Purtroppo anche il discepolo che confessa la sua fede in Cristo, come Pietro, può subire il fascino dell’ideologia (bisogna sempre vincere, mai essere sconfitti). A costui Gesù ingiunge di ricominciare la strada del discepolato («Va’ dietro a me, satana!»). Il vero discepolo del Messia che soffre, muore e risorge, è colui che sa avere gli stessi pensieri e sentimenti di Cristo («Rinneghi se stesso»). Può accadere che umanamente il cristiano possa apparire un perdente («chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo»), ma la scelta operata è la migliore («la salverà»). Quando il cristiano, invece, si realizza con puri criteri umani («chi vorrà salvare la propria vita»), fa la scelta peggiore («la perderà»). (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Con la riforma tridentina, il Rituale Romanum di Paolo V recepisce sostanzialmente questo modello del nord Italia e ne propaga ovunque la diffusione, nel resto della Penisola e in tutte le diocesi del mondo. Nei numeri 7-9 dei Praenotanda del Rituale del 1614, vengono richiamate solamente le caratteristiche più importanti del confessionale, «sedes confessionalis». Per prima cosa ricorda che il luogo proprio «sacramentalis confessionis», cioè della «confessione sacramentale», è la chiesa oppure l’oratorio pubblico o semipubblico. La seconda preoccupazione è quella di ricordare che il confessionale delle donne dev’essere sempre collocato in un luogo aperto e visibile. Anzi si premura di sottolineare che le confessioni delle donne non si ascoltino fuori dal confessionale, se non per un grave motivo. Quelle degli uomini, invece, si possono ascoltare anche in case private («in aedibus privatis»). Infine, aggiunge che il confessionale sia munito di una grata fissa e modicamente forata, che deve stare tra il confessore e il penitente. A queste indicazioni possiamo ricordarne altre due per il sacerdote: la prima è quella di usare, sopra la talare, la cotta e la stola viola; la seconda, è di alzare la mano destra verso il penitente prima delle formule di assoluzione. Questo modello tridentino di confessionale farà fatica a trovare un luogo adatto per la sua collocazione nelle chiese costruite precedentemente alla stessa riforma e spesso apparirà come un elemento sovrapposto o estraneo all’architettura esistente. Le indicazioni del Rituale Romano, comunque, resteranno tali, o solo con qualche modifica, fino al Concilio Vaticano II. Degli sviluppi successivi a Trento vogliamo richiamarne solo alcuni, perché ulteriormente capaci di perdere il prezioso e antico simbolismo legato al luogo della celebrazione. La struttura del confessionale, infatti, subisce progressivamente degli arricchimenti e trasformazioni. Quasi subito, il vano del sacerdote viene chiuso nella parte inferiore da uno sportello e in quella superiore spesso da una tendina o da due ante, che di fatto rende il ministro non visibile da fuori. Successivamente, il posto riservato al penitente, costituito inizialmente da un inginocchiatoio e da un’assicella collocata sotto la grata della parete divisoria per poggiare le mani, si trasforma a sua volta in un vano che rimane sempre aperto ma arricchito di cornici e decorazioni per aumentare la riservatezza del sacramento. Ma l’elemento più rilevante è costituito dall’aggiunta del secondo vano per il penitente, posizionato in modo simmetrico sull’altro lato della sede del confessore. Risulta così una struttura «tripartita»: due vani per i penitendi con al centro la sede per il ministro. La conseguenza, però, è la scomparsa della significativa caratteristica dell’orientamento del penitente all’altare e quindi all’Eucaristia, punto finale dell’itinerario penitenziale. [11 continua]

Programma dal 7 al 15 settembre 2024

Letture: Isaia 35,4-7a / Salmo 145 / Giacomo 2,1-5

Loda il Signore, anima mia.

Dal Vangelo secondo Marco (7,31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 07 18.30 + Adolfo, Adriana e cg. Marangoni
Domenica 08 10.30 + padre Antonio Costa

+ cg. Ferro Almerigo e Costantin Rina

Lunedì 09
Martedì 10 8.00 + Anselmo e Lea
Mercoledì 11
Giovedì 12
Venerdì 13 8.00 + Cervellera Alessandra e Geminiani Desolina
Sabato 14 18.30 Vivi e defunti fam. Dovadola e Ruffini e secondo le intenzioni di Maria Teresa

+ Forni Vilma e Semeraro Giacomo

Domenica 15 10.30 + Martini Giovanni

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 08

XXIII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10,00 (città) : Corteo storico con benedizione del Palio sul sagrato della chiesa.

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa.

Ore 12.30 (oratorio) : Pranzo dell’ospitalità.

Ore 18.00(oratorio) : 48° Palio del timone

Lunedì 09 Ore 19.00 (oratorio) : “Cibi dal mondo” A tavola con le diversità culturali presenti sul territorio.

Ore 21.00 (oratorio) : “Arte migrante Imola”

Venerdì 13 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario

Ore 21.00 (oratorio) : Musica live con alcune “band”

Sabato 14

Esaltazione della Santa Croce

S. Messa prefestiva ad orario

Ore 21.00 (oratorio) : Serata in ricordo di don Orfeo Giacomellii

Domenica 15

XXIV del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 (oratorio) e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (oratorio) : S. Messa nel campo dell’oratorio

Ore 20.30 (oratorio) : Giochi senza quartiere

La festa della Ripresa (ovvero un invito alla partecipazione)

Sabato 7 settembre alle ore 18.00 inizia la “Festa della Ripresa”

Tutti gli appuntamenti della festa sono riportati nel volantino a parte.

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 6,6-11 Lc 6,12-19 Lc 6,20-26 Lc 6,27-38 Lc 6,39-42 Gv 3,13-17

Vivere il mistero – Durante i riti esplicativi del sacramento del battesimo, il celebrante, toccando bocca e orecchi del battezzato, compie il rito dell’«effathà» (= apriti). La liturgia ha preso questa parola dall’episodio della guarigione del sordomuto, narrata nel Vangelo odierno: Mc 7,31-37. Otto secoli prima di Gesù, Isaia aveva profetizzato alcuni «segni» della presenza di Dio in mezzo al suo popolo (prima lettura, Is 35,4-7a). Tra questi avvenimenti di salvezza o «segni», Isaia elenca il recupero della vista per i ciechi, dell’udito per i sordi, della deambulazione per gli zoppi e della parola per i muti. La guarigione del sordomuto non è dunque un avveni mento miracoloso-terapeutico soltanto. Prima di tutto è l’adempimento di una profezia e questo dato ha un’importanza molto grande nella fede biblica perché il Deutero-Isaia aveva dimostrato l’esistenza di un solo Dio, Yhwh, proprio attraverso questo argomento: nessuna divinità pagana profetizza e ciò che è profetizzato avviene (cf. Is 44,6-7). Ln secondo luogo, il miracolo è segno della messianicità di Gesù. In Lui convergono le profezie. Gesù è un discendente di Davide, compie i miracoli, morirà in croce per il perdono dei peccati degli uomini. Risorgerà. Ciò che Gesù, compie, dunque, è un gesto che rivela sé stesso dove egli manifesta la propria identità messianica. Il miracolo, poi, rivela in terzo luogo la capacità di Gesù di dare la salvezza all’uomo, restituendo la persona al suo stadio originale. Infine, il miracolo di Gesù svela la presenza di Dio nella storia e la sua volontà di guidare la storia secondo il suo volere, pur nel rispetto della Libertà umana. Il ciclo letterario di Mc 6,30-8,26 è una lunga preparazione, attraverso la narrazione di miracoli e di discussioni, alla grande e centrale confessione messianica di Pietro in Mc 8,27-30 (Mc 8,27-35 è il Vangelo di domenica prossima). Il Lezionario, invece, ha scelto Mc 7,31-37 come unico testo preparatorio alla confessione apostolica. Mc 7,31-37 è un testo più antico dello stesso Vangelo di Marco. Ha origini palestinesi (vedi l’espressione aramaica effathà). Poiché viene svelata la parola segreta di guarigione (effathà) significa che il brano è stato tramandato in una comunità greco-cristiana in aperta polemica con la «magia» ellenistica, che custodiva in un segreto assoluto la parola di guarigione. Il viaggio stranissimo di Gesù (Tiro, Sidone, mare di Galilea, Decapoli) potrebbe indicare la sicurezza dell’avvenimento e l’insicurezza del luogo dove è avvenuto. Il verbo «aprirsi» viene adoperato nel Nuovo Testamento nove volte per indicare di norma l’apertura alla conoscenza, attraverso le Scritture, del Gesù Risorto. Il commento, poi, al miracolo è fatto dalle parole presenti nel racconto della creazione: «Ha fatto bene ogni cosa» // «E Dio vide che ciò era buono». Un modo semplice per alludere alla divinità di Gesù. Si tratta di allusioni piuttosto sostanziose a livello teologico. Ciò permette di comprendere il silenzio imposto da Gesù (segreto messianico): capire ciò che Gesù dice e fa, significa capire bene il concetto di «Messia». (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Le prime e precise indicazioni, per la realizzazione di adeguati spazi al «sacramento della confessione», le troviamo negli scritti di due vescovi diocesani e, grazie alla loro diffusione, entreranno praticamente inalterate nella riforma tridentina. Il vescovo di Verona, mons. Gian Matteo Giberti, fu il primo che nelle Constitutiones, da lui emanate nel 1542 per motivi di ordine pastorale e disciplinare, interviene anche a dare indicazioni puntuali sul luogo della celebrazione del sacramento. A questo proposito scrive: «Per evitare gli scandali, che a volte possono accadere nel ministero delle confessioni, stabiliamo che esse, specialmente quelle delle donne, d’ora innanzi si facciano sempre in un luogo “aperto et evidenti“, così che ugualmente si possa vedere il confessore e le penitenti. Inoltre stabiliamo e comandiamo che fra il sacerdote e la penitente vi sia “tabula una cum fenestella, supra quam sit una grata seu lamina perforata”. Questa tavola la denominiamo “confessionale” e in tutte le chiese comandiamo siano eretti i così detti confessionali”. Successivamente fu san Carlo Borromeo, cardinale di Milano, nelle sue lnstructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae (1577), a definire nei minimi particolari i confessionali e a prescriverli per tutte le chiese della sua estesa diocesi. Al capitolo XXIII del Libro I tratta, offrendo dimensioni e dettagli precisi per la sua esecuzione e sistemazione in chiesa, quello che pure lui chiama ufficialmente: «confessionale». Innanzitutto, prescrive il Borromeo, deve essere tutto di legno, preferibilmente di noce, e diviso verticalmente in modo da creare due vani, uno per il sacerdote e uno per il penitente. Il sedile del sacerdote sarà chiuso sui lati, dietro e sopra con assi dell’altezza di una persona, mentre la parte anteriore dovrà rimanere sempre aperta e visibile, con la possibilità però di chiuderlo a chiave con una porta a graticcio o un cancello di legno perché non venga usato da laici o da vagabondi per sedere o dormire. La parete laterale che divide il sacerdote dal fedele dev’essere munita di una finestrella, che verso il confessore avrà una tendina e verso il penitente una lamina di ferro completamente forata, con buchi della grandezza di un «cece». Nel vano del penitente sarà aggiunto un predellino come inginocchiatoio e una tavoletta su cui poggiare le mani giunte. Al di sopra della finestrella sia collocata un’immagine di carta del crocifisso, piamente eseguita. L’altra parete, invece, deve essere totalmente chiusa. A questa struttura sarà lecito apporre qualche decorazione, come cornici lavorate, nella parte anteriore o qualche altro tipo di ornamento decoroso. In tutte le parrocchie, e pure nelle chiese più piccole non parrocchiali, devono esserci almeno due confessionali, per tenere distinti gli uomini dalle donne. La collocazione dei confessionali, normalmente, sarà lungo le pareti della navata, ma sempre al di fuori del perimetro dell’altare maggiore, e in numero sufficiente a seconda della grandezza delle chiese e il numero dei fedeli. È consentito pure, per esigenze di spazio, collocarli in altri luoghi della chiesa, come in alcune cappelle di ampie dimensioni. Infine vanno sempre posizionati in modo che la finestrella dev’essere dalla parte della porta d’ingresso, cosicché il penitente si trovi rivolto verso l’altare maggiore e il sacerdote verso la parte inferiore della chiesa. [10 continua]

Programma dal 31 agosto al 8 settembre 2024

Letture: Deuteronomio 4,1-2.6-8 / Salmo 14 / Giacomo 1,17-18.21b-22.27

Chi teme il Signore abiterà nella sua tenda.

Dal Vangelo secondo Marco (7,1-8.14-15.21-23)

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.

Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.

Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.

Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 31 18.30 + Antonio e Giovanna
Domenica 01 10.30 + Aldo Stanghellini e Dosi Luisa
Lunedì 02
Martedì 03
Mercoledì 04
Giovedì 05 18.30 + Luigi Rizzi (detto Carlo)
Venerdì 06
Sabato 07 18.30 + Lea e Anselmo

+ Adolfo, Adriana e cg. Marangoni

Domenica 08 10.30 + padre Antonio Costa

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Settembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 01

XXII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Venerdì 06 Primo venerdì del mese – Comunione agli impediti

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario

Sabato 07 Primo sabato del mese

Ore 7.30 (S. Paolo) : Partenza in processione verso il Santuario della B.V. della Consolazione recitando il S. Rosario.

Ore 8.00 (Santuario) : Celebrazione della S. Messa

Inizia la Festa della Ripresa

Ore 18.00(oratorio) : Din Don Bimbo d’Oro

Ore 21.00 (oratorio) : Din Don Dero d’Oro

Domenica 08

XXIII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 (oratorio) e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.00 (città) : Corteo storico

Ore 10.30 (oratorio) : S. Messa nel campo dell’oratorio

Ore 12.30 (oratorio) : Pranzo dell’ospitalità

Ore 18.00(oratorio) : 48° Palio del timone

La festa della Ripresa (ovvero un invito alla partecipazione)

Sabato 7 settembre alle ore 18.00 inizia la “Festa della Ripresa”

Tutti gli appuntamenti della festa sono riportati nel volantino a parte.

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 4,16-30 Lc 4,31-37 Lc 4,38-44 Lc 5,.1-11 Lc 5,33-39 Lc 6,1-5

Vivere il mistero – Nel libro del Deuteronomio Dio aveva detto: «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo». Queste sono le parole che risuonano forti e chiare nella prima lettura (Dt 4,1-2.6-8). Tutto ciò che è tradizione degli uomini non può andare contro questo principio: la Parola di Dio può essere interpretata, ma non sostituita. Le scuote rabbiniche si erano impegnate a stendere dei precetti concreti per aiutare l’osservanza della Parola. Con il passare del tempo i precetti hanno sostituito la Parola. Gesù, perciò, trova un popolo di Dio più attento ai precetti umani, che non alla Parola di Dio. Sappiamo che l’obbedienza alla Parola è l’atto di culto più gradito a Dio. Così insegnava 5amuele (cf.1 Sam 22,15: «Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti»; così aveva insegnato Geremia: «Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo». La disobbedienza alla Parola di Dio, anche se si ammanta di giustificazioni, non è mai operatrice di bene. La Parola purifica il cuore dell’uomo: «Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato». Diversamente, il cuore dell’uomo è capace delle peggiori scelleratezze «Colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori». Vedendo una citazione come quella del vangelo di questa domenica, si capisce che la liturgia ha voluto di proposito una pericope eclogadica (= scelta). Ciò ha comportato la cancellazione di tre elementi: l’esempio del Korbàn (Mc 7,9-13), la prima parte dell’istruzione privata di Gesù ai discepoli (Mc7,17-20) e il versetto Mc7,16 che crea problemi di critica testuale. La liturgia, inoltre, creando l’incipitln quel tempo Gesù…»), attribuisce come predicazione alla folla ciò che invece era un chiarimento ai discepoli (Mc7,21-23). Il testo biblico-liturgico del Vangelo si può suddividere in due momenti. Il primo, Mc 7,1-8, tocca il tema della tradizione degli uomini che trascura il comandamento di Dio. Il secondo momento, Mc 7,14-15.21-23, svolge il tema della contaminazione dell’uomo. Ciò che contamina l’uomo sono i propositi di male che escono dal suo cuore. Quando il cuore dell’uomo è lontano da Dio, produce scelte che non sono secondo Dio. Perché il cuore dell’uomo non sia lontano da Dio è necessario che l’uomo coltivi la virtù dell’autenticità. Tale virtù è possibile solo se l’uomo si lascia permeare dalla Parola: «Coloro che temono il Signore non disobbediscono alle sue parole; e coloro che lo amano seguono le sue vie. Coloro che temono il Signore tengono pronti i loro cuori». (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Tutto si incentra sulla confessione dei peccati, di tutti i peccati mortali e di quelli veniali, e l’aspetto dominante del sacramento appare quello giuridico: l’assoluzione è come una sentenza emessa da un tribunale. Il Concilio di Trento non farà altro che confermare questa linea pastorale e teologica rafforzandola e inasprendola ulteriormente, insistendo molto sulla funzione del sacerdote medico e giudice e sugli atti del penitente, e raccomandando la cosiddetta confessione «frequente» o di «devozione». Nel Rituale Romanum del l614 troverà posto, al Titolo IV De Sacramento Paenitentiae, solo l’Ordo per l’assoluzione individuale (caput II: Absolutionis forma communis). Il nuovo Rito tridentino porta così a termine un processo di semplificazione rituale e soprattutto introduce la non piccola novità dell’uniformità liturgica della penitenza nella Chiesa latina. La celebrazione è ridotta a un breve saluto iniziale, all’accusa dei peccati, a un interrogatorio più o meno minuzioso del confessore, all’esortazione spirituale o moralistica, all’accettazione della soddisfazione, leggera e ridotta a qualche preghiera da recitarsi appena fuori dal confessionale, e alla formula di assoluzione. Questa è la prassi della penitenza privata che rimarrà inalterata e comune a tutte le tradizioni liturgiche d’Occidente per quasi quattro secoli, e forse oltre, nonostante che il Pontificale tridentino del 1595 ancora conservi, ma senza che sia usato, il rituale per la penitenza pubblica di Guglielmo Durando contenuto nel suo Pontificale redatto tra il 1293 e il 1295. Dalle liturgie penitenziali dei primi secoli, nelle quali il luogo della penitenza pubblica era «dinamico» perché seguiva anche negli spazi dell’aula liturgica un itinerario di conversione-riconciliazione, si era passati a una fase intermedia, quella tariffata, nella quale il posto per la celebrazione rimaneva sempre la chiesa ma senza più l’assemblea liturgica, per giungere a una terza fase della disciplina penitenziale, quella privata, con la possibilità di essere reiterabile e di tipo devozionale, dove il luogo celebrativo diventa «statico», e ben preciso: il confessionale. Senza più un cammino penitenziale e di conversione, personale e comunitario, ci si avvia in questo modo a realizzare micro-architetture, chiuse e separate dall’assemblea, fatte su misura per una liturgia «ridotta al minimo» dove poter «confessare» i propri peccati. Testimonianze già del XIV secolo, come a Pisa, ci fanno conoscere che il sedile mobile per il sacerdote e lo sgabello per il penitente erano stati sostituiti da una struttura semplice ma stabile: si trattava di un seggio, più o meno importante, con un inginocchiatoio fissato su un lato; erano sempre aperti e venivano accostati alle pareti oppure incassati nello spessore del muro delle pareti stesse. [9 continua]

Programma dal 24 agosto al 1 settembre 2024

Letture: Giosué 24,1-2a.15-17.18b / Salmo 33 / Efesini 5,21-32

Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,60-69)

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».

Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».

Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.

Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 24 18.30 + Dovadola Monica, Iano, Silverio e Ruffini Armanda

25° di Matrimonio di: Lupo Ubaldo

Di Caterina Maria Grazia

Domenica 25 10.30 + Marconi Ademara e deff. fam. Ghetti e Valenti

+ don Orfeo

Lunedì 26 18.30 + Morini Giada
Martedì 27
Mercoledì 28
Giovedì 29 18.30 + Montesi Natale
Venerdì 30
Sabato 31 18.30 + Antonio
Domenica 01 10.30 + Aldo Stanghellini e Dosi Luisa

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Agosto – Settembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 25

XXI del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Giovedì 29

Martirio di

S. Giovanni B.

S. Messa ad orario feriale.
Venerdì 30 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario
Domenica 01

XXII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

La festa della Ripresa (ovvero un invito alla partecipazione)

Continua la preparazione alla festa :

Giovedì 29 agosto, all’oratorio, a partire dalle ore 20.45 e sabato 31 agosto dalle 8.00 in poi… si continua con la preparazione delle strutture.

Chi può è invitato a dare il proprio contributo.

Sabato 7 settembre alle ore 19 inizia la “Festa della Ripresa”

Tutti gli appuntamenti della festa sono riportati nel volantino a parte.

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Mt 23,13-22 Mt 23,23-26 Mt 23,27-32 Mc 6,.17-29 Mt 25,1-13 Mt 25,14-30

Vivere il mistero – Con questa domenica termina la lettura del capitolo sesto di Giovanni. La riflessione del Maestro ruota attorno a una domanda: «Questo vi scandalizza?». Il discorso sapienziale sul pane di vita poteva anche essere accolto, ma la sensibilità degli Ebrei è rimasta «scioccata» quando Gesù ha affrontato il tema del mangiare la sua carne e bere e il suo sangue. Nella sua predicazione, il Maestro più volte ha proposto degli insegnamenti che hanno lasciato moltissime perplessità. Afferma che la vedova al tempio ha dato un obolo superiore a tutti gli oboli dati dai ricchi: erano solo più o meno 20 centesimi di euro («ln verità io vi dico: questa vedova, cosi povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri» (Mc 12,43). Dice con chiarezza che non è l’uomo per il sabato, ma il sabato per l’uomo («Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato»: (Mc 2,27). Propone se stesso come modello assoluto per imparare l’umiltà e la mitezza («Imparate da me, che sono mite e umile di cuore»: (Mt 11,29). Propone ancora se stesso come modello del comandamento supremo dell’amore («Come io ho amato voi, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri»: Gv 13,34). Presenta un samaritano come modello di prossimo («Va’ e anche tu fa’ così»: Lc 10,37). Proclama santo un ladro condannato a morte («ln verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso»: Lc23,43). Gli esempi si possono moltiplicare, ma il criterio è sempre uno: Gesù ha portato agli uomini la «bella novità» (euanghélion). L’ultima parte della discussione tra Gesù e i Giudei sul pane di vita viene identificata dall’esegesi in Gv 6,59-66 e la confessione di Pietro in Gv 6,67-71. La liturgia ha scelto di proclamare Gv 6,60-69, ponendo in evidenza l’antitesi tra i molti discepoli che non accettavano la parola «dura» di Gesù («Questa parola è dura» è un’espressione unica nella Bibbia) e i Dodici, rappresentati da Pietro, che accoglievano – pur con fatica (cf. Gv 6,61: «Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: “Questo vi scandalizza?”») – tutta la persona del Maestro e il suo insegnamento. Il testo evangelico è scandito dal rifiuto di «molti dei discepoli» (Gv 6,60), da una riflessione centrale (Gv 8,61-65), dall’abbandono di «molti dei discepoli» (Gv 6,66) e dalla provocazione di Gesù che ottiene come risposta l’atto di fede dei Dodici per bocca di Pietro (Gv 6,67-69). Due sono i punti focali: la riflessione centrale e la confessione di Pietro. Nella riflessione centrale Gesù prepara i suoi alle realtà di fede che possono destare incomprensione: Gesù ascenderà in cielo e lo Spirito di verità verrà su di loro. Per accogliere queste verità «scioccanti», è necessario credere. Al di fuori della fede non si possono né capire né cogliere. Al di fuori della fede ci può essere solo il tradimento (abbandonando il Maestro e tradendo se stessi). La confessione di Pietro è commovente. Con estrema chiarezza Gesù invita anche i Dodici ad andarsene, se ritengono che sia giusto così. La risposta di Pietro evidenzia che solo Gesù ha parole di vita eterna e in Lui opera la potenza divina della vita («tu sei il Santo di Dio»). (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

In alcuni formulari del Confiteor recitati dal penitente, infatti, si trova un preciso inciso che richiama il suo orientamento verso l’altare. Inoltre, il penitente insieme al sacerdote si prostrava per terra di fronte all’altare per recitare i salmi penitenziali in modo da favorire ed esprimere la contrizione e prepararsi alla confessione dei peccati. Ciò conferma che la celebrazione sacramentale non solo doveva compiersi in chiesa ma che doveva avvenire anche coram sancto altari, davanti a un altare, probabilmente non più l’altare maggiore, ma uno di quelli situati nelle cappelle laterali con il ministro all’interno e separato da cancelli dal penitente. La terza fase della prassi sacramentale della penitenza comincia a formarsi dall’XI secolo ed è la cosiddetta penitenza privata. Questa volta però il termine «privata» indica ancora di più una dimensione puramente «privatistica» e «intimistica» della celebrazione del sacramento, e che d’ora in poi sarà comunemente e semplicemente chiamata confessione. Già nel secolo precedente si erano poste le condizioni per una nuova e ulteriore disciplina soprattutto con la decisa affermazione della prassi di una «confessione» privata e, soprattutto, con l’introduzione del momento della riconciliazione del penitente prima delle opere penitenziali, cioè semplicemente dopo l’accettazione di una leggera soddisfazione. L’atto della confessione dei peccati, di fatto, diventava il momento preponderante dell’intero sacramento ed era considerato come una nuova equivalenza per la soddisfazione, ora posticipata all’assoluzione. Per ricevere subito il perdono, dunque, era sufficiente la vergogna che ne derivava dall’accusa, il rossore che l’esprimeva, il senso di umiliazione che i penitenti erano condotti a provare anche attraverso le domande, le parole e le preghiere del sacerdote. Altri elementi, poi, concorrono al formarsi e diffondersi di questa nuova prassi. Il «ministero sacerdotale» diventa esclusivo nella celebrazione: solo il vescovo e il sacerdote potranno, d’ora in poi, (diversamente da alcune pratiche del passato) ascoltare le confessioni, imporre la penitenza, dare l’assoluzione e dunque rimettere i peccati, accompagnare con la preghiera e l’esempio di vita il cammino di conversione e riconciliazione dei fedeli. Il Concilio Lateranense IV (1215) prescrive a ogni fedele di confessarsi almeno una volta all’anno, come di comunicarsi almeno a Pasqua, e di farlo solo dal proprio curato; al confessore chiede di non violare il segreto e di interrogare diligentemente il penitente dei propri peccati (cf. Denzinger 812-814). Il Concilio Fiorentino (1439), facendo accettare agli Armeni un decreto sulla fede e sulla pratica sacramentale, a proposito della riconciliazione ratifica e rende magistero ufficiale della Chiesa cattolica i risultati della teologia scolastica, allora predominante. Gli atti del penitente (contrizione, confessione orale, soddisfazione che gli viene prevalentemente con l’orazione, il digiuno e l’elemosina) sono la «quasi materia» del sacramento e le parole di assoluzione, solo individuale, ne sono la «forma»; «ministro» è il sacerdote munito della debita facoltà; «effetto» del sacramento è l’assoluzione dei peccati (cf. Denzinger 1323). [8 continua]

Programma dal 17 al 25 agosto 2024

Letture: Proverbi 9,1-6 / Salmo 33 / Efesini 5,15-20

Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,51-58)

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.

Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 17
Domenica 18 10.30 + Berardi Francesco, Maria, Demo e Luigi
Lunedì 19
Martedì 20
Mercoledì 21
Giovedì 22
Venerdì 23
Sabato 24 18.30 + Dovadola Monica, Iano, Silverio e Ruffini Armanda

25° di Matrimonio di: Lupo Ubaldo

Di Caterina Maria Grazia

Domenica 25

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Agosto 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 18

XX del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Giovedì 22

B. V. Maria Regina

S. Messa ad orario feriale.
Venerdì 23 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario
Sabato 24

S. Bartolomeo Ap.

S. Messa vespertina della domenica.
Domenica 25

XXI del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Mt 19,16-22 Mt 19,23-30 Mt 20,1-16 Mt 22,1-14 Mt 22,34-40 Gv 1,45-51

Vivere il mistero – La colletta propria di questa domenica, nella seconda petizione, chiede con una felice intuizione il dono della «certezza di partecipare al festoso banchetto del tuo regno». Sono le parole di Gesù diventate preghiera: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Qui c’è la sintesi migliore sul valore salvifico dell’Eucaristia. Gesù adempie le promesse insite nel libro dei Proverbi. La Sapienza, infatti, dice «Venite, mangiate il mio pane, bevete il mio vino». Assumere il pane e il vino della Sapienza equivale ad abbandonare la stoltezza e vivere seguendo le vie dell’intelligenza. Traducendo il linguaggio veterotestamentario nel linguaggio evangelico, il messaggio è: «Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Vivere bene l’Eucaristia è garanzia di salvezza e di risurrezione. Inoltre, vivere bene l’Eucaristia equivale a rimanere in Cristo e Cristo nel credente, per sempre (Gv 6,56). Scendendo nei particolari, nelle parole del Maestro ci sono due verità che non si possono sottacere. La carne e il sangue di Gesù sono il cibo e la bevanda simbolici, bensì veri, autentici, reali («La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda»). Si tratta di una verità che illumina di una luce unica le parole dell’ultima cena sinottica «Questo è il mio corpo… Questo è il calice del mio sangue…». Il Vangelo della settimana scorsa terminava con Gv 6,51. Il Vangelo di questa settimana (Gv 6,51-58) riprende il v. 51 perché i vv. 51.58 formano una inclusione perfetta, dove l’autorivelazione di Gesù («Io sono il pane vivo disceso dal cielo»: v.51 // «Questo è il pane disceso dal cielo»: v. 58) dev’essere capita come funzionale al bene globale e definitivo dell’uomo («5e uno mangia di questo pane vivrà in eterno»: v.51 // «Chi mangia questo pane vivrà in eterno»: v.58). Il testo evangelico può essere diviso in tre parti: il primo elemento di inclusione (v.51), il dialogo tra i Giudei e Gesù (vv.52-57) e il secondo elemento di inclusione (v.58). Il primo elemento di inclusione (v.51) – secondo alcuni studiosi – potrebbe contenere il ricordo della formula eucaristica aramaica; formula probabilmente usata dalla comunità giovannea. Più importante è il messaggio di Gv 6,51: le parole di Gesù non riducono la salvezza a un’idea: la salvezza è un dono che viene da Dio in modo concreto perché concreto è l’uomo che è chiamato a riceverla. La salvezza divina coglie l’uomo quando l’uomo vive nel suo corpo ed è attraverso il corpo che la salvezza di Dio permea tutto l’uomo. Attraverso l’azione più umana e primordiale, mangiare-bere, l’uomo accoglie e rende permanente in sé la vita divina, quella eterna. Di fronte alle parole di Gesù subentra la razionalità critica che non lascia spazio alla fede: «Come può costui darci la sua carne da mangiare». La domanda è lecita. La risposta di Gesù non sfuma né affievolisce né attenua la sua affermazione. (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

La penitenza tariffata, poi, poteva ripetersi senza limiti, non più una sola volta, e il peccatore poteva essere riconciliato, non solo alla fine della Quaresima, ma in ogni tempo dell’anno e, soprattutto, perdendo ogni forma di carattere pubblico del suo stato e della penitenza da compiere. Inoltre, ogni sacerdote diventava normalmente il ministro di un sacramento fin lì riservato al vescovo. I concili carolingi del IX secolo provarono ancora a restaurare l’antica disciplina a causa della crescente arbitrarietà e irrilevanza delle pene che, sebbene inizialmente fossero severe, ben presto attaccarono il nuovo «sistema tariffario». Tuttavia questo tentativo fallì e inizio ad affermarsi un principio che rimase valido, praticamente solo idealmente, nei secoli successivi: a peccato pubblico, penitenza pubblica; a peccato privato, penitenza privata. La descrizione del luogo della celebrazione potrebbe essere sintetizzata con un’espressione a effetto, che come tale è senz’altro riduttiva ma certamente esplicativa: il luogo della penitenza tariffata è la chiesa, ma senza la Chiesa. Centrale ed essenziale, esattamente come la prassi pubblica antica, rimane l’edificio dedicato al culto pubblico. Ma ciò che viene a mancare è proprio la dimensione ecclesiale, tanto nella celebrazione quanto nell’itinerario di conversione del penitente: la Chiesa, come madre e sorella, è ridotta al minimo. Nel sacramento, la comunità dei fedeli è praticamente esclusa e assente: resta un fatto privato solo tra il sacerdote e colui che viene a chiedere e ottenere il perdono. II luogo precipuo in cui il ministro, e solo lui, accoglie il peccatore – per ascoltare la confessione, per comminargli la soddisfazione e poi, dopo averla compiuta, in un secondo momento, concludere il percorso penitenziale con la riconciliazione – rimane sì la chiesa ma ridotta semplicemente a un’aula vuota. Se il sacramento mantiene, ancora per poco, la peculiarità di un cammino di conversione, l’edificio cultuale perde invece subito la sua antica dinamicità, dove anche gli spazi utilizzati nella celebrazione erano segno e simbolo di un itinerario penitenziale e di una partecipazione reale di tutta la comunità con i suoi diversi ministeri: tutto è ridotto alla semplice indicazione che il sacramento deve compiersi in chiesa, alla presenza del solo sacerdote. Negli antichi Ordines Romani, sia anteriori sia posteriori al Mille, non viene infatti precisato alcun luogo particolare nella chiesa dove si debba amministrare il sacramento, anzi – secondo qualche studioso – pare che l’accusa dei peccati potesse essere compiuta anche in casa del sacerdote. Da essi, comunque, si deduce che il sacerdote stava seduto sopra un sedile qualsiasi, aperto e mobile, mentre il penitente accusava i propri peccati seduto accanto o di fronte a lui. Quando invece tornava la seconda volta per ricevere l’assoluzione – anche se ben presto questa avverrà subito dopo l’accettazione della penitenza – doveva mettersi in ginocchio davanti al ministro, il quale, probabilmente in piedi, recitava una o una serie di preghiere imponendo una o entrambe le mani sul capo del penitente come gesto di perdono. Nonostante tutto, la disciplina della penitenza tariffata conservò l’antico riferimento all’altare, quindi alla pienezza del cammino di riconciliazione con la celebrazione dell’Eucaristia, alla quale coloro che avevano fatto l’accusa dei propri peccati dovevano astenersi per tutto il tempo penitenziale fino all’assoluzione. [7 continua]