“San Pèval di segn”

Editoriale di don Pietro Marchetti

Il Nostro S.Paolo, gennaio 2023

La festa del Santo Patrono di Massa Lombarda è tradizionalmente chiamata “San Pèval di segn (San Paolo dei segni): infatti il 25 gennaio di ogni anno tutti i massesi volgono il loro sguardo al cielo nella speranza che la giornata sia metereologicamente parlando “serena” e non “nuvolosa” come auspicio per un buona annata agricola.
Accanto a questa “tradizione popolare” c’è soprattutto la storia di un uomo, Paolo, che dei “segni” nella vita ne ha avuti tanti e che davvero sono stati per lui molto fruttosi, tanto da portarlo sul podio più alto della vita come Santo, e nei tanti altari delle chiese di tutto il mondo, compresa quella di Massa Lombarda.
E’ lo stesso San Paolo a raccontare la sua storia nella “Lettera ai Filippesi” al capitolo 3: cresciuto fin da bambino come un ottimo ebreo, osservante della Legge, ad un certo momento della sua vita, si trova a fare i conti con lo stesso Gesù, che incontra in un modo tutto singolare sulla vita che conduce a Damasco: viene avvolto da una luce, cade a terra accecato dalla potenza della luce, ode una voce, che è quella stessa di Gesù, la ascolta assai spaventato e rialzandosi rimane per tre giorni incapace di vedere. Inizia così per questo uomo un cammino di “conversione” nel quale il Signore continuerà a mandargli dei “segni” che via via perfezioneranno sempre di più la sua profonda unione con Cristo, fino ad arrivare a dire “non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. Paolo permette così a Cristo di cambiare il suo pensiero, la sua mente, ma soprattutto il cuore: quel giorno nella vita di Paolo è spuntato il “sole della giustizia” Gesù Cristo. In quel giorno il Signore ha potuto raccontare quello che Lui stava facendo per Paolo .
La conversione è stata per Paolo, accogliere qualcuno di “Nuovo” nella sua vita.
Cari Massesi sull’esempio del nostro Santo Patrono anche noi alziamo gli occhi al cielo, spalanchiamo il cuore al sole, che è Gesù, perché possiamo proseguire il nostro cammino di conversione, accogliendo i “segni” della Grazia di Dio. E come Paolo, è stato un “segno” importante per chi lo ha incontrato, così chiediamo al Signore di essere anche noi sia come singoli, ma soprattutto come comunità dei “segni” nella nostra città: segni di speranza, di accoglienza, di pace, di solidarietà, di fraternità, per interrompere i “segni” nuvolosi che incombono.
Auguri a tutti e buona festa di San Paolo.

S. Natale: la risposta di Dio all’umanità che cerca la pace

di don Pietro Marchetti, parroco

Editoriale del n. 6 de Il Nostro S.Paolo

Nel 1223 San Francesco compose il primo presepe, dando vita a una tradizione che si sarebbe presto radicata nel cuore delle famiglie cristiane.
Il presepe ci rappresenta tutti, ma rappresenta soprattutto il sacrificio che ciascuno di noi fa per realizzare un sogno: vivere in pace, e costruire la pace.
Come scrive Papa Francesco, il presepe è il “Vangelo vivo” capace di far rivivere l’attualità di Dio che diventa uomo.
La parola presepe viene dal latino “praesepium”, che significa “mangiatoia”; essa è simbolo del pane celeste al quale si riferisce anche il Padre Nostro.
Nel presepe emerge in primo luogo la figura di Maria: ella è capace di parlare al cuore degli uomini offrendo a ciascuno la speranza anche nei momenti difficili. Accanto a Maria c’è Giuseppe.
Anche gli oggetti nel presepe hanno un’importanza simbolica: ad esempio, la fontana con la donna rappresenta il luogo dove, secondo una tradizione, l’arcangelo Gabriele ha annunciato a Maria la nascita di Gesù; il ponte simboleggia la congiunzione tra il mondo terrestre e quello ultramondano; il mulino è simbolo del tempo che scorre e della farina dalla quale viene il pane della salvezza; i fiumi e i laghi ricordano l’acqua nei suoi vari significati “chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete” (Vangelo di Giovanni cap. 4 vv. 13-14). Così anche le persone che popolano il presepe hanno un significato simbolico: il cacciatore e il pescatore sono figure che rappresentano, il primo la morte, il secondo la vita; i personaggi che vendono il cibo sono dodici come i mesi dell’anno, per glorificare i doni della natura; il gregge simboleggia i fedeli che seguiranno il Buon Pastore; poi i pastori che meravigliati spalancano la bocca per contemplare la nascita di Gesù; c’è la cometa la cui coda dà una direzione al movimento della luce; ci sono gli angeli che danno l’annuncio che cambierà la storia.
Il presepe suscita nel cuore dell’uomo la consapevolezza dell’urgenza di portare luce e calore nella notte della non-ospitalità, della chiusura verso gli altri, dell’indifferenza a quello che capitava ai genitori di Gesù in difficoltà per il parto: l’accoglienza e l’attenzione verso gli altri.
Per questo, Betlemme dovrà essere prima di tutto nei cuori: oggi come ai tempi di San Francesco la storia era travagliata da continui conflitti politici, religiosi e di potere.
Il presepe ci porta dentro il mistero del Natale, che come ha scritto Benedetto XVI° “ non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca di vera pace”. Per questo l’invito a tutti di realizzare in casa il presepe, anche se piccolino e sopratutto se sono presenti, con la collaborazione dei bimbi che con la loro fantasia, lo rendono ancora più bello.

Buon Natale a tutti e facciamo della nostra vita il racconto vivente del presepe.

Camminando …per viale “DANTE”

di don Pietro Marchetti

Editoriale Il Nostro S.Paolo – giugno 2021

Noi tutti, cari lettori, del nostro San Paolo, abbiamo studiato a scuola la “Divina Commedia” , ma in quel contesto forse non abbiamo apprezzato adeguatamente la ricchezza di contenuti dell’opera di Dante, più preoccupati del buon voto da prendere nelle interrogazioni. Adesso fuori da questo contesto in occasione del VII° centenario dalla sua morte, possiamo riprendere in mano questa straordinaria opera, che contiene una ricchezza letteraria, e spirituale di alto valore: un vero e proprio cammino spirituale accompagnati dal Sommo Poeta. Anche i Papi nel corso della storia hanno apprezzato questa opera e da ultimo Papa Francesco nella sua lettera Apostolica CANDOR LUCIS AETERNAE. In primo luogo, un invito a leggere questo documento e a raccogliere le provocazioni e le indicazioni che il Papa ci dà: “Ma l’opera del Sommo Poeta suscita anche alcune provocazioni per i nostri giorni. Cosa può comunicare a noi, nel nostro tempo ? Ha ancora qualcosa da dirci, da offrirci ? Il suo messaggio ha un’attualità, una qualche funzione da svolgere anche per noi ? Ci può ancora interpellare ? ….Dante ci chiede piuttosto di essere ascoltato, di essere in certo qual modo imitato, di farci suoi compagni di viaggio, perché anche oggi egli vuole mostrarci quale sia l’itinerario verso la Felicità, la via retta per vivere pienamente la nostra umanità, superando le selve oscure in cui perdiamo l’orientamento e la dignità. (n. 9) Il Papa definisce Dante il “profeta della speranza” , il cantore del desiderio umano, il poeta della misericordia di Dio e della libertà umana. In secondo luogo accogliamo l’invito del Papa a leggere o rileggere questa opera, approfittando del tempo estivo o delle vacanze per riempirle di questa ricchezza spirituale e culturale. Concludo questo breve articolo citando ancora le parole di Papa Francesco: “In questo particolare momento storico, segnato da molte ombre, da situazioni che degradano l’umanità, da una mancanza di fiducia e di prospettive per il futuro, la figura di Dante…può ancora donarci parole ed esempi che danno slancio a nostro cammino. Può aiutarci ad avanzare con serenità e coraggio nel pellegrinaggio della vita e della fede che tutti siamo chiamati a compiere, finché il nostro cuore non avrà trovato la vera pace e la vera gioia, finché non arriveremo alla meta ultima di tutta l’umanità, “l’amor che move il sole e l’altre stelle” (Par. XXXIII, 145). Raccogliamo quindi questa preziosa circostanza e in questa calda estate del 2021, passeggiamo lungo il viale della nostra vita, in compagnia del nostro grande Sommo Poeta. Sarei curioso di sapere dove noi ci vorremmo collocare in questo cammino spirituale: all’Inferno, in Purgatorio o in Paradiso ? Buona estate a tutti. Don Pietro, parroco.

Pasqua 2020: non lasciamoci rubare la speranza

Editoriale Don Pietro Marchetti

La Quaresima e la Pasqua di quest’anno la ricorderemo per tutta la vita: un invisibile virus ci ha costretto per difenderci e per non ammalarci tutti in una volta a rinunciare a tanti appuntamenti già da tempo programmati nelle nostre agende che ci portavano ovunque, per rimanere invece tutti in casa rinunciando alla scuola, al lavoro e alle celebrazioni religiose in chiesa, senza tuttavia dover rinunciare a vivere la quaresima e le celebrazioni che vi appartengono, partecipandovi attraverso i mezzi di comunicazione sociale o semplicemente “social” come li chiamiamo. E quindi ci siamo trovati all’improvviso a vivere una esperienza che prima era eccezionalmente vissuta solo se in casa ammalati: partecipare alla Messa o agli altri momenti di preghiera attraverso i social. Infatti ci avevano insegnato che il precetto festivo si adempie solo se la partecipazione alla Messa fosse avvenuta in chiesa, poi ci dicono che non potendo ricevere l’Eucarestia, si può fare la comunione spirituale. Allora come vivere la nostra esperienza spirituale in casa, per non farci rubare la Speranza ?

In primo luogo ricordiamoci che i “social” sono degli strumenti, non hanno un’anima e per poter esprimere le loro potenzialità, necessitano di “un’anima” che noi credenti dobbiamo far emergere facendo in modo che si creino le condizioni che ci dispongono ad accogliere il mistero celebrato. Prioritario è il SILENZIO interiore ed esteriore; secondo è “l’intenzione ecclesiale” che il fedele esprime: non siamo soli davanti ad uno schermo, la comunità alla quale apparteniamo prega, intercede, rende grazie con noi; infine l’atteggiamento “orante” che anima l’ascolto della Parola di Dio, ci rende partecipi delle preghiere, ci fa cogliere i segni e i gesti nella fede e ci aiuta ad unirci mediante l’opera della Spirito, nella Chiesa. E che cos’è la COMUNIONE SPIRITUALE se non “l’esperienza che lo Spirito suscita nella Chiesa e nei cristiani che si concretizza nel cammino di fedeltà al Vangelo, nella comunione fraterna e condivisione nella carità. Non sostituisce la comunione Eucaristica che è essa sola la partecipazione sacramentale al Corpo e al Sangue di Cristo. La comunione spirituale rimanda agli atteggiamenti e ai frutti che la Comunione eucaristica richiede e produce, affinché sia partecipazione autentica al mistero della Pasqua del Signore”. Allora come vivere questa esperienza in questo tempo così difficile ? Non rimuoviamo il problema dicendo o scrivendo semplicemente “tutto andrà bene” affidandoci così ad un generico destino che si spera, cambi il corso delle cose; o evitiamo di prendere le distanze da ciò che accade dicendo che poi in fondo non c’è niente di nuovo, anche 100 anni fa è successa una cosa del genere, accettando tutto con rassegnazione; non cadiamo nel pessimismo che grida alla disfatta, affermando che nulla sarà come prima, senza speranza e come compagna la desolazione; o facendo i moralisti affermando che è un’opportunità per rendersi conto della nostra fragilità o della nostra pretesa di onnipotenza e che ci si impone un modo altro di vivere, preoccupandoci poi di cercare un colpevole a tutti i costi di questa situazione a cui dare la responsabilità di questa situazione. Noi cristiani siamo chiamati a vivere questa sfida, scegliendo di restare nella compagnia degli umani condividendone fatiche, dubbi, silenzi e paure, ma senza lasciarsi “RUBARE LA SPERANZA”. Il discepolo non fugge; rimane fedele a questa storia umana, volgendo senza stancarsi lo sguardo al Suo SIGNORE crocifisso e risorto dai morti, fondamento ultimo della sua Speranza e della sua libertà. Buona settimana santa e buona Pasqua a tutti. La Beata Vergine Maria ci accompagni. Il Signore ci benedica tutti. Don Pietro, parroco.

In Quaresima contro il virus del peccato

Editoriale da “Il Nostro S.Paolo” marzo 2020

É appena iniziata questa particolare Quaresima, in un contesto nel quale non avremmo mai pensato di trovarci: il timore di un contagio di massa per un virus, la cui origine rimane un mistero, ci ha costretto in questi giorni a regole di vita restrittive, niente scuola per i ragazzi, niente manifestazioni, niente frequentazioni in luoghi molto affollati, niente celebrazioni religiose e attività di catechesi e di oratorio per evitare molti contagi.

Insomma una quaresima iniziata all’insegna di qualche sacrificio e disagio che però sollecita anche pensieri circa la nostra vita spirituale. Immagino tanti di voi, che come me, sentono il disagio di non poter iniziare questa quaresima con la celebrazione della Eucarestia e l’imposizione delle ceneri e poi la prima domenica di Quaresima senza poter partecipare in parrocchia alla Messa; così come potete immaginare il mio volto smarrito sapendo di dover celebrare in questi giorni la Messa in una chiesa completamente vuota anche se spiritualmente la presenza del popolo di Dio di Massa Lombarda, c’è tutta, immaginandola assai frequentata come negli scorsi anni, grazie alle “liturgie separate” che portavano alla Messa tanti genitori insieme propri figli.

Tutto questo ci riporta però a riconsiderare il vero senso della Quaresima, che per noi, può diventare un’occasione fantastica per riappropriarci della nostra identità cristiana cattolica, che corre il rischio di dissolversi, perché presi da tante cose o preoccupazioni che ci allontanano dalla nostra consapevolezza di appartenere a Dio.

Come per Gesù la Quaresima sia un tempo in cui ci dedichiamo a noi stessi alla cura della nostra Anima, del nostro Cuore, della nostra Coscienza, della nostra Mente e delle nostre Opere, affidandoci alle cure del nostro MEDICO CELESTE.
Come Gesù nel deserto si è dedicato completamente al Padre, così anche noi in questa quaresima chiediamo a Dio che si dedichi completamente a noi, perché nel nostro intimo albergano frequentemente dei virus terribili che si chiamano: superbia, gola, lussuria, avarizia, gelosia, ira, accidia, virus mortali, che, se combattuti con la preghiera, il digiuno e la carità, possono evitare la morte del nostra Anima, e della nostra vita.
Questi sì che sono i veri virus da temere e qui non conta l’età, perché colpiscono mortalmente sia giovani, che adulti e anziani anche apparentemente in pienissima salute, ma che improvvisamente esplodono come un vulcano che per decenni sembrava spento e invece si risveglia.

Anche se non possiamo iniziare la Quaresima come vorremmo, però nessuno rinunci nella propria casa con la propria famiglia a seguire alla televisione la celebrazione della Santa Messa, a dedicare un po’ di tempo alla preghiera e perché no a versare sul capo nostro e dei nostri familiari un po di cenere, per ricordarci che siamo polvere e in polvere ritorneremo, finché da quella polvere si ergerà di nuovo il nostro corpo redento e risorto. Buona Quaresima e pensate al vostro parroco ricordando don Camillo che immerso nell’acqua fino quasi alla cintura, celebrava la Messa nella chiesa di Brescello, mentre la gente sfollava dal paese lungo le rive del grande fiume…

don Pietro, parroco.

13 luglio 2019: un Dono straordinario del Signore

Quella del 2019 sarà ricordata come l’estate del Nuovo Vescovo: non quindi per il caldo o per i temporali fortissimi, ma come il tempo in cui il Signore ha visitato il suo popolo che è in diocesi di Imola portando un prezioso dono. Sabato 13 luglio alle ore 17 inizierà nel Duomo di Imola la celebrazione della Santa Messa solenne, presieduta dall’Arcivescovo di Bologna, Mons. Zuppi in cui sarà ordinato Vescovo Don Giovanni Mosciatti della diocesi di Fabriano-Matelica a cui sarà affidata la guida spirituale della nostra diocesi.

Il neo eletto ha inviato a tutti i fedeli della diocesi una lettera di saluto dove ha scritto queste parole: “Certo della presenza del Signore, ma anche con timore e trepidazione, vengo tra voi come fratello e Pastore. Desidero poter vivere e testimoniare le parole di Papa Francesco quando descrivendo i Pastori del gregge li invita a ‘camminare davanti, indicando il cammino, indicando la via; camminare in mezzo, per rafforzarlo nell’unità; camminare dietro, sia perché nessuno rimanga indietro, ma soprattutto, per seguire il fiuto che ha il Popolo di Dio per trovare nuove strade”. Nella sua lettera poi rivolge parole di saluto e di affetto ai sacerdoti e diaconi, poi immediatamente dopo a tutte le persone sofferenti, agli ammalati, ai poveri e ai feriti dalla vita. Subito dopo alle confraternite, all’Azione Cattolica, alle associazioni e movimenti laicali presenti in diocesi, poi ai religiosi e religiose, alle autorità civili e militari e un saluto anche a coloro che non appartengono alla chiesa Cattolica e infine a tutte le famiglie e a tutto il popolo Santo di Dio. Il Signore quindi ha fatto la sua parte: dopo le dimissioni del nostro Vescovo Mons. Tommaso Ghirelli a cui va tutta la nostra gratitudine e ringraziamento per il ministero svolto nella nostra diocesi in questi 17 anni, ha ascoltato le nostre invocazioni e preghiere e nella Sua generosa provvidenza ci ha donato un nuovo Pastore. Ora tocca a noi popolo Santo di Dio: recita il concilio Vaticano II° “ I fedeli poi devono aderire al vescovo come la chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al Padre, affinché tutte le cose siano d’accordo nella unità e crescano per la gloria di Dio” (Lumen Gentium n. 353). Allora cari Massesi accogliamo con gioia il nuovo Pastore che arriva, facciamolo con atteggiamento interiore di conversione, arriva una bella “boccata d’aria nuova dello Spirito Santo” e quindi è necessario aprire il cuore alle novità che lo Spirito Santo porterà: per ora disponiamoci all’ascolto e guardiamo con attenzione al nostro Pastore, perché per seguirlo occorre vedere in quale direzione va. Andiamo oltre l’entusiasmo del momento, della novità, per seguire il nostro Pastore anche quando ci chiederà di prendere sulle nostre spalle qualche piccola croce e mettere in atto una conversione pastorale che i tempi richiedono, senza lamentele, ma con desiderio di mettersi in gioco per il bene spirituale nostro, della nostra comunità e della chiesa intera.

Don Pietro, parroco

Santa PASQUA: più forte della morte è l’AMORE

don Pietro Marchetti, parroco

“Colui che conosce il mistero della Resurrezione conosce il senso delle cose, conosce il fine per il quale Dio fin da principio creò tutto” (S. Massimo il confessore).

Poniamoci un semplice domanda: perché Gesù è risorto da morte?

Potremmo rispondere: perché era Figlio di Dio. La risposta è vera, ma parziale; oppure che la resurrezione è il miracolo dei miracoli; anche questa è vera, ma insufficiente.

Nell’Antico Testamento la morte è indicata come il segno per eccellenza della fragilità umana, ma ciascuno porta dentro di sé il “senso dell’eterno” (Qoelet capitolo 3 versetto 11). Ogni essere umano trova senso nella misura in cui sa vivere dei gesti che restano nel tempo: ma tutto passa, se tutto finisce con la morte, che senso ha la nostra esistenza?

Qui entra in gioco la riflessione umanissima che ogni uomo e ogni donna fanno da sempre e in tutte le culture: vivere è amare. Quando diciamo a qualcuno “Ti amo” ciò equivale ad affermare: “Io voglio che tu viva per sempre”: la nostra vita trova senso solo nell’esperienza dell’amare e dell’essere amati, e tutti siamo alla ricerca di un amore con i tratti di eternità. Nel Cantico dei Cantici, l’amato dice all’amata: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore come sigillo sul tuo braccio perché forte come la morte è l’amore, tenace come l’inferno è lo slancio amoroso. Le sue vampe sono fiamme di fuoco, una fiamma del Signore” (Cantico dei Cantici cap. 8, versetti 6 e 7). Tenendo presente tale orizzonte allora ci domandiamo: perché Gesù è risorto da morte?

Leggendo nei Vangeli e nel Nuovo Testamento possiamo concludere che Gesù è risorto perché la sua vita è stata AGAPE, è stata amore vissuto per gli altri e per Dio fino all’estremo: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine” (Vangelo di Giovanni capitolo 13 versetto 1), quindi Gesù è stato risuscitato da Dio in risposta alla vita che ha vissuto, al suo modo di vivere nell’amore fino all’estremo; possiamo così dire che è stato il suo amore più forte della morte. Quindi se Gesù è stato l’amore, come poteva essere contenuto nella tomba? Dio risuscitando Gesù ha così dichiarato che Lui ha manifestato nell’amore tutto quello che Dio voleva far conoscere di sé all’uomo.

E’ significativo poi che Gesù sia apparso alle donne e ai discepoli, non trasfigurato, come sul monte Tabor, ma nelle vesti di un giardiniere, di un viandante, di un pescatore, cioè si è manifestato nello stesso modo con cui aveva vissuto la sua esistenza terrena nella quale aveva raccontato la possibilità dell’amore. Gli Apostoli poi racconteranno come davvero Dio in Gesù ha espresso quella forza dell’amore che è più forte della morte.

Quindi l’unico prezzo che il cristianesimo ci richiede per essere vissuto e compreso in profondità è quello dell’amore. Siamo chiamati ad immergerci nell’amore di Dio, quell’amore di cui regola e forma è l’amore di Cristo che ha speso giorno dopo giorno la sua vita per gli altri: in questo modo la nostra vita potrà avere un senso, una direzione, un sapore. Ecco perché quando siamo incapaci di sperare nella resurrezione, è perché in verità non crediamo che l’amore possa avere l’ultima parola: credere e sperare, la resurrezione è una questione d’amore, perché solo l’amore ha provocato la resurrezione di Gesù.

Più forte della morte è stato l’amore vissuto da Gesù Cristo: è questo che noi cristiani dovremmo annunciare, con umiltà e discrezione, a tutti gli uomini e le donne. Un cammino, nel quale si parta dal presupposto che l’amore è in grado di combattere la morte, fino a vincerla, certamente può interessare anche i non credenti; in questo modo la resurrezione di Gesù può parlare a tutti i nostri fratelli e sorelle inumanità.

Buona Pasqua a tutti.

Il numero completo del Bostro S.Paolo n 3 – maggio 2019