Programma dal 12 maggio al 18 maggio 2025

Letture: Atti degli Apostoli 13,14.43-52 / Salmo 99 / Apocalisse 7,9.14b-17

Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.

 

11 maggio

Dal Vangelo secondo Giovanni (10,27-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.

Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Parola del Signore.

 

 

 

 

 

 

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 10

18.30

  • + Mazzotti Angelo, Sangiorgi Maria Luisa, deff. fam. Mazzotti e Sangiorgi e Capucci Armando

+ Bartolini Cristina

Domenica 11

18.30

+ Liverani Paolo

Lunedì 12

18.30

+ Giuseppe e Domenico

Martedì 13

8.00

Per Ilaria e famiglia (viventi)

Mercoledì 14

   

Giovedì 15

   

Venerdì 16

   

Sabato 17

18.30

  • + Dovadola Monica e secondo le intenzioni di Maria Teresa (vivente)

Domenica 18

18.30

+ Sangiorgi Gian Battista


Orario Confessioni
Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni [escluso venerdì] ore 17.50 S. Rosario

Lunedì, martedì, mercoledì e giovedì ore 20.30 S. Rosario

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

N.B. Tutte le celebrazioni si possono seguire anche nel sito internet della parrocchia

Il catechismo in parrocchia resta sospeso fino a nuove disposizioni

Il catechismo in parrocchia resta sospeso fino a nuove disposizioni

 

 

Anno : C

Maggio 2025

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 11

IV di Pasqua

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa di Seconda Comunione.

Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio.

Lunedì 12

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio

Martedì 13

B.V. Maria di Fatima

S. Messa ad orario feriale

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio

Mercoledì 14

S. Mattia Ap.

S. Messa ad orario feriale

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio

Ore 21.00 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo”

Giovedì 15

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio

Venerdì 16

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario del mese di maggio.

Ore 20.30 (S. Paolo) : Processione con l’immagine della B. V. della Consolazione nel quartiere Fruges. (vedi sotto)

Sabato 17

Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio.

Domenica 18

V di Pasqua

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio.


La processione nel quartiere Fruges

Via Mameli, via IV novembre, via Ricci, via Argine S. Paolo, via XI maggio, via S.Giacomo, v. le Martiri della Libertà, via Baffé e Foletti, p.le Falcone, (sosta), poi via Baffè e Foletti, v.le Martiri della Libertà, via Tiglio, via S. Giacomo, via Mameli.

Alla scuola di Gesù :

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Gv 10,1-10

Gv 10,22-30

Gv 15,9-17

Gv 13,16-20

Gv 14,1-6

Gv 14,7-14

 

Vivere il mistero – Durante la Veglia pasquale abbiamo ancora una volta – come ogni anno – letto il racconto della prova di Abramo cui il Signore chiede di offrire in olocausto il proprio figlio. Il testo ebraico è costruito su una simpatica quanto drammatica ambiguità poiché lo stesso termine – tal’ja (che indica l’agnello) – rischia di indicare anche il figlio. Così al cuore del tempo pasquale il mistero del Figlio e dell’Agnello ci vengono riproposti magnificamente dalla liturgia. Nel breve Vangelo di questa domenica colui che, indirettamente (nei versetti che leggiamo quest’anno) si considera pastore, sa di avere delle pecore che ne ascoltano la voce e lo «seguono» (Gv 10,27). Quando parla di se stesso, in realtà, Gesù lo fa riferendosi in modo forte a quel Padre che in un solo versetto viene evocato per ben tre volte: «Il Padre mio che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strappare dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). In questa unità di comunione sostanziale sta il fondamento di quel cammino verso l’unità e la condivisione di un medesimo respiro cui è chiamata tutta l’umanità nella misura in cui si lascia guidare come suo «pastore» (Ap 7,17) da colui che si è fatto amorevolmente «Agnello». Ancora una volta la liturgia crea una magnifica corrispondenza: se per tre volte nel Vangelo viene evocato il Padre, per tre volte, nella prima lettura si parla dell’Agnello. Questo Agnello è, esattamente, quel Figlio che ci apre a una comunione e relazione con Dio definitivamente riscattata da ogni ombra di paure e di servitù per aprirci allo spirito della figliolanza in cui ci sentiamo e siamo veramente liberi. La visione del veggente di Patmos diventa così un’iniezione di speranza: «Vidi: ecco una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello» (7,9).
Spesso nell’Apocalisse troviamo piuttosto l’attitudine dello stare prostrati in adorazione, qui invece l’attitudine è quella che indica la libertà e la dignità che, proprio in virtù del mistero pasquale di Cristo Signore, ci rende vittoriosi su ogni forma di paura e di diminuzione di dignità: «avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani». A questo punto potremmo riprendere quella che si potrebbe intendere come un’acclamazione nel ritmo narrativo della prima lettura: «Si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero» (At 13,48). Verrebbe da chiedersi in che cosa «credettero?» Dovremmo chiederci in che cosa noi stessi crediamo e forse la risposta è che il senso profondo della nostra fede in Cristo, morto e risorto, è sentirci sempre di più veramente figli del Padre tanto da lasciarci portare nella sua «mano» (Gv 10,29) con una fiducia e un’allegrezza impareggiabili. Il Signore Gesù non si lamenta delle sue pecore. Al contrario, né è profondamente felice. Il legame tra il pastore e le pecore non è solo di conoscenza, ma di un tipo di conoscenza che sfocia nell’amore. Proprio questo amore rende Gesù fiero delle sue pecore e sicuro del fatto che esse apprezzeranno il dono di «vita eterna» (10,28), dono che non è altro che la gioia di stare insieme e di rimanere vicini. Il bel pastore non ha dubbi, proprio come nessun dubbio attraversa il cuore dell’innamorato: «Nessuno le strapperà dalla mia mano». Dopo aver fatto memoria dei grandi pastori che preparano l’Avvento del Cristo-Pastore – Abele, Abramo, Giacobbe, Mosé, Davide… – Basilio di Seleucia conclude dicendo: «Ma guardiamo ora il nostro pastore, Cristo; guardiamo il suo amore per gli uomini e la sua mansuetudine nel condurli ai pascoli. Gioisce delle pecore che lo circondano e cerca quelle che si smarriscono. Né monti, né foreste gli sono di ostacolo; corre nella valle dell’ombra per giungere al luogo dove si trova la pecora smarrita. Fu visto negli inferi per dare il segnale del ritorno; per questa via si prepara a stringere amicizia con le pecore. Ora, ama Cristo chi accoglie con attenzione le sue parole» (Basilio di Seleucia, Discorsi,26,2). Ancora oggi il Signore Risorto dà il segnale del ritorno a casa come il pastore che, con il suo fischio e i suoi versi, invita le greggi a rientrare nelle stalle e negli ovili, dopo una lunga giornata di pascolo, per riposare e dare il frutto quotidiano del latte. È il Signore Gesù che posa ciascuno di noi nella grande mano di Dio dopo averci portato amorevolmente sulle sue spalle di buon pastore e facendoci così ritrovare la strada perduta della fiducia, della gioia, della speranza… in una parola della figliolanza proprio nel turbine della «grande tribolazione» (Ap 7,14). L’esperienza che siamo chiamati a fare riposando nella grande e dolce mano del Padre è l’esperienza di ritrovare la propria sicurezza nell’intimità di un abbraccio che ci restituisce a noi stessi. L’Apocalisse ci ricorda che, in questo nostro ritorno a casa, potremo sperimentare, dopo la gioia di essere stati nutriti e custoditi, anche quella di essere consolati: «Sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap7,17). Questa consolazione è il sigillo e il segno della nostra relazione con il Signore. Nella prima lettura viene evocato un momento difficile della relazione tra i discepoli e la loro comunità di origine, eppure alla fine troviamo che: «i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo» (At 13,52). In questa domenica, che segna lo zenit del tempo pasquale, vogliamo lasciarci accarezzare e consolare dalla mano e dallo sguardo di Cristo pastore per superare ogni timore ed andare oltre ogni ansia… persino quella di volere essere delle buone pecore. Ci basti poter contare sull’intoccabile bontà di quel pastore che non ha esitato a dare la sua stessa vita per noi e che ogni giorno non solo ci guida, ma pure ci accarezza con la sua mano forte ed amorevole. (p. Michael Davide Semeraro)

Programma dal 05 maggio al 11 maggio 2025

Letture: Atti degli Apostoli 5,27b-32.40b-41 / Salmo 29 / Apocalisse 5,11-14

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

 

04 maggio

Dal Vangelo secondo Giovanni (21,1-19)
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 03

   

Domenica 04

10.30

18.30

+ Alma, Alfonso, Maria e Peppino

+ Ruffini Armanda (5° anniv.)

Lunedì 05

18.30

+ Rizzi Luigi (detto Carlo) e Mara Signani e famiglia

Martedì 06

   

Mercoledì 07

   

Giovedì 08

   

Venerdì 09

8.00

+ Pirazzini Virgilio

Sabato 10

18.30

  • + Mazzotti Angelo, Sangiorgi Maria Luisa, deff. fam. Mazzotti e Sangiorgi e Capucci Armando
  • + Bartolini Cristina

Domenica 11

   

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni [escluso venerdì] ore 17.50 S. Rosario

Lunedì, martedì, mercoledì e giovedì ore 20.30 S. Rosario

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

N.B. Tutte le celebrazioni si possono seguire anche nel sito internet della parrocchia

Il catechismo in parrocchia resta sospeso fino a nuove disposizioni

 

 

Anno : C

Maggio 2025

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 04

III dopo Pasqua

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.15 (oratorio) : Corteo dei comunicandi dall’oratorio alla Chiesa di S. Paolo.

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa di Prima Comunione dei bambini del III anno di catechismo.

Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio.

Lunedì 05

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio

Martedì 06

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio

Mercoledì 07

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio

Ore 21.00 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo”

Giovedì 08

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio

Venerdì 09

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario del mese di maggio.

Ore 20.30 (S. Paolo) : Processione con l’immagine della B. V. della Consolazione nel quartiere Meletolo. (vedi sotto)

Sabato 10

Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio.

Domenica 11

IV dopo Pasqua

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa di Seconda Comunione.

Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio.

La processione nel quartiere Meletolo

Partenza dalla chiesa di S. Paolo, via dei Lombardi, via Bassi, via Saffi, v.le Quadri, v.le Baravelli, v.le della Resistenza, via Vicini, p.za Pascoli (dove si farà una breve sosta); poi v.le Baravelli, via Grieco, v.le Dante Alighieri, v.le della Resistenza, via Pisacane, via Torchi, via Bassi, (breve sosta all’Oratorio), via Saffi, corso V. Veneto fino alla Chiesa di S. Paolo.

 

Alla scuola di Gesù :

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Gv 6,22-29

GV 6,30-35

Gv 6,35-40

Gv 6,44-51

Gv 6,52-59

Gv 6,60-69

 

Vivere il mistero – L’invito che sta al cuore della liturgia di oggi è quello che il Signore fa ai suoi discepoli e rivolge anche a ciascuno di noi: «Venite a mangiare» (Gv 21,12). Proprio come fa una madre con i membri della propria famiglia così fa il Signore con i suoi discepoli e con noi ancora oggi. Mentre tutti sono dispersi dietro alle loro occupazioni e capricci, risuona la voce della donna di casa: «È pronto, venite a mangiare». L’aggiunta giovannea al suo Vangelo è come se fosse una risposta possibile a una domanda ricorrente nel cuore dei discepoli di ogni tempo e che, certamente, si affaccia pure al nostro cuore: «come riconoscere il Risorto?». Il racconto evangelico che la liturgia ci fa leggere in questa domenica, evoca «la terza volta, nella quale il Signore si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti». Siamo di fronte a una rivelazione della tenerezza e di una tenerezza contagiosa. Come una madre che nutre i propri figli e li raduna attorno alla tavola di casa ristabilendo, attraverso i profumi della cucina i legami più intimi e aiutando a superare le inevitabili fatiche e tristezze, così il Signore cerca di creare l’occasione per i suoi discepoli non solo di ricominciare a lavorare insieme, ma pure di prendere cibo e riposo insieme. L’evangelista Giovanni ci porta ben lontano, veramente al largo nella necessaria comprensione del mistero di Cristo che, risorto dai morti, continuamente ci precede nelle vie della vita. Mentre gli apostoli cercano di ritrovare se stessi dopo il dramma pasquale recuperando, per così dire, la vita di sempre. il Signore risorto stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù mentre il Maestro sapeva bene chi erano i suoi discepoli. La Pasqua ha cambiato realmente tutto e in modo così radicale che non basta riprendere le abitudini di prima per ritrovare il proprio cammino. E necessario fare i conti con la Pasqua! Il Signore Gesù sta sulla riva per aiutare e accompagnare i discepoli a non far finta di nulla e a non dimenticare tutto ciò che è avvenuto e di cui sono chiamati a essere responsabili. Il Signore risorto aiuta i suoi a fare memoria e quindi essere in grado di fare un passo avanti nella loro intima comprensione del mistero della vita, piuttosto che cercare in tutti i modi di tornare indietro alla vita di sempre. Se ci lasciamo guidare dalla sapienza della liturgia, possiamo mettere in parallelo il passo dell’Apocalisse con ciò che ci viene raccontato dal Vangelo. È come se si trattasse di due liturgie: una celeste e l’altra terrestre, una cultuale e l’altra esistenziale. Eppure sarebbe proprio la riva del lago a essere il luogo più giusto e più vero per sciogliere il proprio cuore nell’acclamazione: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli» (Ap 5,13). Si potrebbe osare un’immagine che rasenta la banalizzazione irriverente, ma che pure rischia di essere particolarmente efficace: nel mistero dell’abbassamento pasquale del Verbo fatto carne, Dio ormai «siede sul trono» come una madre di famiglia sta ai fornelli per poter invitare tutti con amorevole allegrezza: «Venite a mangiare» (Gv 21,12). Solo dopo i gesti della tenerezza e della bontà, così com’era già accaduto alla vigilia della sua passione nel cenacolo, il Signore Gesù può parlare persino, e ancora una volta, di «morte» e rinnovare il suo appello: «Seguimi». Solo se avremo potuto ritrovare interamente la nostra intima familiarità con il Maestro e il Signore della nostra vita potremo, come i discepoli, accettare persino di essere maltrattati e flagellati senza per questo smettere di essere lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù (At 5,40). Chissà se ci siamo accorti che Gesù ci aspetta sulla riva, (Gv 21 ,4) con lo stesso atteggiamento – forse persino con lo stesso grembiule – della vigilia di Pasqua e ci chiede di mangiare con lui, di mangiare di lui per fare finalmente il punto sulla verità e intensità del nostro amore. Se, infatti, c’è una «terza volta» per Gesù di venirci incontro, prima o poi, c’è pure una «terza volta» perché noi diciamo, in verità, chi siamo diventati: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». La fecondità pasquale, se è il frutto maturo del cammino di Gesù in mezzo a noi, rappresenta anche una rottura radicale nel modo della sua presenza. Ciò viene suggerito da una sorta di trasformazione numerica che, per gli antichi, è il modo più adeguato per indicare un radicale e irreversibile mutamento del reale. I discepoli non sono né i Dodici, né gli Undici degli altri racconti della risurrezione: questa è infatti la «terza volta»! Per questa occasione sono ormai sette, numero che indica la pienezza e la perfezione come nel settenario della creazione. Ma soprattutto essi non vengono ricordati con l’evocazione di un numero, ma con la precisa ripetizione del nome di ciascuno dei primi tre, l’evocazione del legame di altri due e un numero infine che lascia aperto ogni nome possibile: «Si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli» (21,2). A questo compare un modo nuovo di porsi: «lo vado a pescare» cui segue un «Veniano anche noi con te». Vi è un’ultima parola del Risorto: «Seguimi». Ormai è il tempo della solitudine, del cammino della fede vissuto, certo e necessariamente, in comunione profonda con gli altri discepoli, ma aperti all’irriducibile dell’esperienza personale che è unica e irripetibile: «e ti porterà dove tu non vuoi» (Gv 21,18). (p. Michael Davide Semeraro)

Programma dal 26 aprile al 04 maggio 2025

Letture: Atti degli Apostoli 5,12-16 / Salmo 117 / Apocalisse 1,9-11a.12-13.17-19

Rendete grazie al Signore perché è buono.

 

27 aprile Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31)
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 26

   

Domenica 27

18.30

Vivi e defunti famiglia Dovadola Ivano e Ruffini Armanda e secondo le intenzioni di Maria Teresa (vivente)

+ Pia e Francesco

+ Ladogana Carolina, Conte Anna e Conte Mario

Lunedì 28

   

Martedì 29

8.00

+ Montesi Natale

Mercoledì 30

   

Giovedì 01

   

Venerdì 02

8.00

+ Bertuzzi Onorato

Sabato 03

   

Domenica 04

18.30

+ Ruffini Armanda (5° anniv.)

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni [escluso venerdì] ore 17.50 S. Rosario

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

 

Anno : C

Aprile – Maggio 2025

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 27

II dopo Pasqua

Della Divina Misericordia

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 15.00 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e

Coroncina della Divina Misericordia

Ore 16.00 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”. (avviso a parte)

Lunedì 28

Ore 20.30 (Cattedrale) : S. Messa in suffragio di papa Francesco

Ore 20.45 (canonica) : Caritas parrocchiale

Martedì 29

S. Caterina da Siena

S. Messa ad orario feriale

Giovedì 01

S. Giuseppe lav.

Pellegrinaggio parrocchiale mariano ad Assisi

NON c’è la S. Messa in S. Paolo

Venerdì 02

Primo venerdì del mese – Comunione agli impediti

Ore 8.45 – 12.00 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica.

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario del mese di maggio.

Ore 20.30 (S. Paolo) : Processione con l’immagine della B. V. della Consolazione nel quartiere S. Paolo. (vedi sotto)

Sabato 03

Ss. Filippo e Giacomo ap.

(Nel pomeriggio) : Ritiro per i fanciulli che si preparano al sacramento della Prima Comunione

Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio.

Domenica 04

III dopo Pasqua

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.15 (oratorio) : Corteo dei comunicandi dall’oratorio alla Chiesa di S. Paolo.

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa di Prima Comunione dei bambini del III anno di catechismo.

Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio.

La processione nel quartiere S. Paolo

Via XIII aprile, piazza Mazzini, via Garibaldi, via Piave, via Bagnarolo fino al n° 1 (sosta con benedizione), via Bagnarolo, via Piave, via Bonvicini, via Monte Grappa, piazza Costa, via Roli

Alla scuola di Gesù :

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Gv 3,1-8

Mt 11,25-30

Gv 3,16-21

Mt 13,54-58

Gv 6,1-15

Gv 14,6-14

 

Vivere il mistero – Attorno alla ritrovata presenza del Risorto viene risanata la nostra fede sempre un po’ malata, debole, fragile: guariti nella profondità del nostro cuore «incredulo» veniamo restituiti e reintegrati nella comunità di fede. La figura di «Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo» (Gv 20,24) racchiude ed è simbolo di una dimensione che tutti noi portiamo dentro e che potremmo definire la «sindrome del gemello». Questo vivere continuamente all’«ombra» (At 5,15) dell’altro che caratterizza il vissuto dei gemelli i quali non sanno che cosa sia vivere senza l’altro avendone condiviso da sempre persino lo stretto ambito del seno materno. Ma fa parte della «sindrome del gemello» anche il bisogno – talora sofferto – di avere una vita propria, realmente autonoma senza comunque poter rinunciare a questo legame con l’altro, costitutivo della propria personalità. Possiamo dire che la figura dell’apostolo Tommaso abita il nostro immaginario discepolare quasi per farci sentire meno soli nella nostra fatica a credere. Questo apostolo ci diventa particolarmente caro quando ci sembra troppo arduo ricominciare a credere nonostante la delusione e il rammarico. Tommaso diventa per ciascun discepolo un compagno di viaggio con cui ci si sente a proprio agio. Con questo apostolo cisi sente più alla pari tanto che possiamo considerarlo come il «Didimo-gemello» di ciascuno di noi. La sua capacità di manifestare fino in fondo il proprio disappunto fino a dichiarare apertamente la sua mancanza di fiducia ci fa sentire meno strani nel nostro bisogno di protesta che talora ci spinge persino a impuntarci: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco io non credo» (Gv 20,26). Fare memoria del modo di Tommaso di vivere il dramma pasquale ci permette di fare spazio alla parte di noi che crede con fatica e fatica a credere senza perdere la fede. Poiché la fede, passata e purificata nel crogiolo del mistero pasquale, è radicalmente provata dall’esperienza del fallimento di ogni immaginazione messianica. Solo così può diventare una fede di relazione personale: «Mio Signore e mio Dio!» (20,28). Tutta la forza di questa professione post-pasquale sta nell’aggettivo possessivo che diventa, come già per Maria di Magdala nel giardino della tomba vuota, un aggettivo di intimità. 0gni esperienza di intimità obbliga sempre a fare i conti con la ricchezza e la povertà di una relazione. Il voler vedere di Tommaso è una scuola di fede piuttosto che un segno di incredulità. Le garanzie che Tommaso richiede e le condizioni che mette alla sua adesione personale a quanto gli altri discepoli gli raccontano, riguardano se stesso e lo riguardano in prima persona. Da buon ebreo Tommaso ha un così grande rispetto per Dio da non poter concedere la sua adesione di fede a chicchessia e in qualsivoglia condizione. Così pure ha rispetto di se stesso per timore e amore del Creatore. La fede non solo non è contraria alle esigenze dell’intelligenza, ma esige l’uso e lo sviluppo della ragione. Come spiega mons. Bouchez: «La fede non è pura irrazionalità. Salto nel vuoto e nell’assurdo, slancio di una coscienza cieca, movimento puramente affettivo, fiducia disordinata, “fideismo” come si direbbe oggi». Tommaso ci ricorda che la fede non è adesione a una notizia credibile per l’autorità di chi ce la trasmette – oggi potrebbero essere i mass media di ogni genere – ma è un rischio personale. Si tratta di un’adesione che passa per una revisione generosa delle proprie posizioni e una rilettura onesta delle proprie ferite nella relazione con se stessi, con gli altri, con Dio. Il contatto diretto e intimo con le piaghe del Risorto non ci crocifiggono nel complesso di colpa. Il tocco che il Crocifisso vivente ci dona di sperimentare, risuscita in noi una nuova possibile forma di relazione personale. […] Questo venire di Gesù, nella discreta potenza della sua risurrezione, sembra un modo per rassicurarsi che l’amore, la comunione e la discepolare complicità dei discepoli, non solo si ristabilisca, ma quasi venga rafforzata e approfondita. La conclusione del Vangelo di questa domenica può diventare per noi una sorta di mappa spirituale per verificare l’efficacia del mistero pasquale nella nostra vita: «Gesù in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (20,30-31). Abbiamo bisogno di «stare insieme», (At 5,12) per poter fare esperienza della visita del Risorto che ci incontra in modo del tutto personale, diventando non solo «mio Signore e mio Dio» (20,28), ma «mio fratello gemello» senza il quale la mia vita non esiste come vita di relazione, di condivisione e di amore. (p. Sandro Carotta)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (terza parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Ma tutto ciò, se anche ben concepito e organizzato, non è ancora sufficiente. Pure «la miglior catechesi, che sappia evangelizzare tutte le ricchezze del sacramento, è indispensabile, ma non basta; molte scoperte, e forse le più profonde e durevoli, potranno venire alla luce solo facendo partecipare attivamente i fedeli a celebrazioni veramente centrate su valori essenziali, preparate di volta in volta e adatte alle varie categorie e situazioni, secondo le indicazioni contenute nel RP. Qui lo studio e la preparazione di celebrazioni veramente esemplari sono determinanti per tutto il programma di rinnovamento». Concludendo, ritorna la domanda: confessionale «» o confessionale «no»? Possiamo allora rispondere convintamente: confessionale «anche», per un solo luogo della celebrazione, la chiesa, ma con spazi liturgici molteplici, complementari e dinamici. Tuttavia, bisogna ricordare, che non serve a nulla adoperarci solamente a mantenere o eliminare il vecchio confessionale oppure a trovare altre soluzioni più moderne e adeguate, se prima non si cambia, come singoli e come Chiesa, il modo di intendere, di celebrare e di vivere il sacramento dell’amore e della misericordia di Dio. (7– fine)