Letture: Atti degli Apostoli 13,14.43-52 / Salmo 99 / Apocalisse 7,9.14b-17
Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
Dal Vangelo secondo Giovanni (10,27-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
Sabato 10 |
18.30 |
+ Bartolini Cristina |
Domenica 11 |
18.30 |
+ Liverani Paolo |
Lunedì 12 |
18.30 |
+ Giuseppe e Domenico |
Martedì 13 |
8.00 |
Per Ilaria e famiglia (viventi) |
Mercoledì 14 |
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Giovedì 15 |
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Venerdì 16 |
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Sabato 17 |
18.30 |
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Domenica 18 |
18.30 |
+ Sangiorgi Gian Battista |
Orario Confessioni Venerdì ore 10.00 – 11.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 16.45 – 17.45 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni [escluso venerdì] ore 17.50 S. Rosario
Lunedì, martedì, mercoledì e giovedì ore 20.30 S. Rosario
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
N.B. Tutte le celebrazioni si possono seguire anche nel sito internet della parrocchia
Il catechismo in parrocchia resta sospeso fino a nuove disposizioni
Il catechismo in parrocchia resta sospeso fino a nuove disposizioni
Anno : C Maggio 2025 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 11 IV di Pasqua |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo) Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa di Seconda Comunione. Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
Lunedì 12 |
Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio |
Martedì 13 B.V. Maria di Fatima |
S. Messa ad orario feriale Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio |
Mercoledì 14 S. Mattia Ap. |
S. Messa ad orario feriale Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio Ore 21.00 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo” |
Giovedì 15 |
Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di Maggio |
Venerdì 16 |
Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario del mese di maggio. Ore 20.30 (S. Paolo) : Processione con l’immagine della B. V. della Consolazione nel quartiere Fruges. (vedi sotto) |
Sabato 17 |
Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
Domenica 18 V di Pasqua |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo) Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
La processione nel quartiere Fruges
Via Mameli, via IV novembre, via Ricci, via Argine S. Paolo, via XI maggio, via S.Giacomo, v. le Martiri della Libertà, via Baffé e Foletti, p.le Falcone, (sosta), poi via Baffè e Foletti, v.le Martiri della Libertà, via Tiglio, via S. Giacomo, via Mameli.
Alla scuola di Gesù : |
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Lunedì |
Martedì |
Mercoledì |
Giovedì |
Venerdì |
Sabato |
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Gv 10,1-10 |
Gv 10,22-30 |
Gv 15,9-17 |
Gv 13,16-20 |
Gv 14,1-6 |
Gv 14,7-14 |
Vivere il mistero – Durante la Veglia pasquale abbiamo ancora una volta – come ogni anno – letto il racconto della prova di Abramo cui il Signore chiede di offrire in olocausto il proprio figlio. Il testo ebraico è costruito su una simpatica quanto drammatica ambiguità poiché lo stesso termine – tal’ja (che indica l’agnello) – rischia di indicare anche il figlio. Così al cuore del tempo pasquale il mistero del Figlio e dell’Agnello ci vengono riproposti magnificamente dalla liturgia. Nel breve Vangelo di questa domenica colui che, indirettamente (nei versetti che leggiamo quest’anno) si considera pastore, sa di avere delle pecore che ne ascoltano la voce e lo «seguono» (Gv 10,27). Quando parla di se stesso, in realtà, Gesù lo fa riferendosi in modo forte a quel Padre che in un solo versetto viene evocato per ben tre volte: «Il Padre mio che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strappare dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). In questa unità di comunione sostanziale sta il fondamento di quel cammino verso l’unità e la condivisione di un medesimo respiro cui è chiamata tutta l’umanità nella misura in cui si lascia guidare come suo «pastore» (Ap 7,17) da colui che si è fatto amorevolmente «Agnello». Ancora una volta la liturgia crea una magnifica corrispondenza: se per tre volte nel Vangelo viene evocato il Padre, per tre volte, nella prima lettura si parla dell’Agnello. Questo Agnello è, esattamente, quel Figlio che ci apre a una comunione e relazione con Dio definitivamente riscattata da ogni ombra di paure e di servitù per aprirci allo spirito della figliolanza in cui ci sentiamo e siamo veramente liberi. La visione del veggente di Patmos diventa così un’iniezione di speranza: «Vidi: ecco una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello» (7,9).
Spesso nell’Apocalisse troviamo piuttosto l’attitudine dello stare prostrati in adorazione, qui invece l’attitudine è quella che indica la libertà e la dignità che, proprio in virtù del mistero pasquale di Cristo Signore, ci rende vittoriosi su ogni forma di paura e di diminuzione di dignità: «avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani». A questo punto potremmo riprendere quella che si potrebbe intendere come un’acclamazione nel ritmo narrativo della prima lettura: «Si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero» (At 13,48). Verrebbe da chiedersi in che cosa «credettero?» Dovremmo chiederci in che cosa noi stessi crediamo e forse la risposta è che il senso profondo della nostra fede in Cristo, morto e risorto, è sentirci sempre di più veramente figli del Padre tanto da lasciarci portare nella sua «mano» (Gv 10,29) con una fiducia e un’allegrezza impareggiabili. Il Signore Gesù non si lamenta delle sue pecore. Al contrario, né è profondamente felice. Il legame tra il pastore e le pecore non è solo di conoscenza, ma di un tipo di conoscenza che sfocia nell’amore. Proprio questo amore rende Gesù fiero delle sue pecore e sicuro del fatto che esse apprezzeranno il dono di «vita eterna» (10,28), dono che non è altro che la gioia di stare insieme e di rimanere vicini. Il bel pastore non ha dubbi, proprio come nessun dubbio attraversa il cuore dell’innamorato: «Nessuno le strapperà dalla mia mano». Dopo aver fatto memoria dei grandi pastori che preparano l’Avvento del Cristo-Pastore – Abele, Abramo, Giacobbe, Mosé, Davide… – Basilio di Seleucia conclude dicendo: «Ma guardiamo ora il nostro pastore, Cristo; guardiamo il suo amore per gli uomini e la sua mansuetudine nel condurli ai pascoli. Gioisce delle pecore che lo circondano e cerca quelle che si smarriscono. Né monti, né foreste gli sono di ostacolo; corre nella valle dell’ombra per giungere al luogo dove si trova la pecora smarrita. Fu visto negli inferi per dare il segnale del ritorno; per questa via si prepara a stringere amicizia con le pecore. Ora, ama Cristo chi accoglie con attenzione le sue parole» (Basilio di Seleucia, Discorsi,26,2). Ancora oggi il Signore Risorto dà il segnale del ritorno a casa come il pastore che, con il suo fischio e i suoi versi, invita le greggi a rientrare nelle stalle e negli ovili, dopo una lunga giornata di pascolo, per riposare e dare il frutto quotidiano del latte. È il Signore Gesù che posa ciascuno di noi nella grande mano di Dio dopo averci portato amorevolmente sulle sue spalle di buon pastore e facendoci così ritrovare la strada perduta della fiducia, della gioia, della speranza… in una parola della figliolanza proprio nel turbine della «grande tribolazione» (Ap 7,14). L’esperienza che siamo chiamati a fare riposando nella grande e dolce mano del Padre è l’esperienza di ritrovare la propria sicurezza nell’intimità di un abbraccio che ci restituisce a noi stessi. L’Apocalisse ci ricorda che, in questo nostro ritorno a casa, potremo sperimentare, dopo la gioia di essere stati nutriti e custoditi, anche quella di essere consolati: «Sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap7,17). Questa consolazione è il sigillo e il segno della nostra relazione con il Signore. Nella prima lettura viene evocato un momento difficile della relazione tra i discepoli e la loro comunità di origine, eppure alla fine troviamo che: «i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo» (At 13,52). In questa domenica, che segna lo zenit del tempo pasquale, vogliamo lasciarci accarezzare e consolare dalla mano e dallo sguardo di Cristo pastore per superare ogni timore ed andare oltre ogni ansia… persino quella di volere essere delle buone pecore. Ci basti poter contare sull’intoccabile bontà di quel pastore che non ha esitato a dare la sua stessa vita per noi e che ogni giorno non solo ci guida, ma pure ci accarezza con la sua mano forte ed amorevole. (p. Michael Davide Semeraro)