Letture: Genesi 18,1-10a / Salmo 14 / Colossesi 1,24-28
Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.
Dal Vangelo secondo Luca (10,38-42)
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
| Sabato 19 | ||
| Domenica 20 | 10.30 | + Francesco Marconi (VII° Anniv.) |
| Lunedì 21 | 18.30 | + Cg. Mussino e Giacometti, Franca e Francesco |
| Martedì 22 | 8.00 | + Adriano Castelli e Giovanna Cicognani
+ Nicoletti Francesco + Piccolo Biagio e Librandi Antonietta e deff. fam. Minardi Rosa e Costanzo Antonio |
| Mercoledì 23 | 18.30 | + Zuccarino Giovanni (X° anniv.) |
| Giovedì 24 | 18.30 | + don Felice Marchi
+ Conti Paolo |
| Venerdì 25 | ||
| Sabato 26 | ||
| Domenica 27 |
Orario Confessioni Venerdì ore 10.00 – 11.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 17.15 – 18.15 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni [escluso venerdì] ore 17.55 S. Rosario
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
LA VITA DELLA COMUNITA’
| Domenica 20
XVI del T. Ord |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo). |
| Martedì 22
S. Maria Maddalena |
S. Messa ad orario feriale |
| Mercoledì 23
S. Apollinare |
S. Messa ad orario feriale |
| Venerdì 25
S. Giacomo ap. |
S. Messa ad orario feriale
Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario. |
| Domenica 27
XVII del T. Ord. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo) |
1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.
| Alla scuola di Gesù : | |||||||||||
| Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato | ||||||
| Mt 12,38-42 | Gv 20,1-2.11–18 | Gv 10,11-18 | Mt 13,10-17 | Mt 20,20-28 | Mt 13,16-17 | ||||||
Vivere il mistero – L’episodio di Marta e di Maria, conosciutissimo nel mondo cristiano occidentale come l’episodio che fonda la vita religiosa attiva (Marta) e quella contemplativa (Maria), va rivisto e approfondito meglio. Se fosse corretta questa lettura, ci sarebbe una contraddizione con la conclusione della parabola del buon samaritano, dove l’azione (vita attiva) viene comandata da Gesù: «Va’ e anche tu fa’ cosi» (Lc 10,37). Nel trattato Pirqé Abot, Rabbi Yosé ben Yohanan di Gerusalemme diceva: «Non parlare troppo con le donne… Ogni volta che si parla troppo con una donna ci si attira la sfortuna». Questa mentalità piuttosto radicata ai tempi di Gesù (ricordate la meraviglia dei discepoli che trovarono Gesù al pozzo di Sicar, mentre stava parlando con la samaritana?) può spiegare il fatto che nel mondo ebraico non esistesse il discepolato femminile. Gesù, invece, accetta che ci siano donne accanto a sé e ai discepoli. Andando radicalmente contro la mentalità del suo tempo, Gesù sceglie di avere non solo discepoli, ma anche discepole. San Paolo spiegherà il motivo: «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Il discepolato femminile voluto da Gesù è alluso nell’episodio di Marta e di Maria (Lc 10,38-42). Esiste nel testo un’espressione che sembra avere un valore poetico: «Maria, sedutasi ai piedi di Gesù (in greco pròs toùs pòdas tou kiriou = «presso i piedi del Signore), ascoltava la sua parola». L’espressione «presso i piedi del Signore, è una espressione tecnica per indicare il discepolato. […] Maria, dunque, aveva scelto di essere discepola di Gesù ricevendone la piena approvazione. Da qui la comprensione dell’espressione di Gesù circa Maria che ha scelto la parte migliore. In questo quadro generale si colloca il tema dell’accoglienza (Marta e Maria accolgono Gesù), ampiamente illustrato e anticipato dall’episodio di Mamre, dove Abramo accoglie tre uomini, rivelatisi poi come Dio e i suoi angeli (cf. prima lettura: Gen 18,1-10a). Il tocco del salmo responsoriale appare come risposta al tema. Colui che sa accogliere è accolto da Dio nella tenda divina. In breve: il discepolo sa accogliere Dio e il prossimo, perché l’accoglienza è un elemento essenziale del discepolato. Solo dopo prende vita il servizio (Marta), Gesù conferma questo dato: «Di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». […] I grandi temi del testo evangelico sono diversi. I più importanti potrebbero essere: l’ascolto della Parola (Maria e Gesù), l’ascolto della Parola come radice di ogni servizio (Marta e Gesù), il discepolato femminile (Maria è ai piedi di Gesù), l’accoglienza (Marta e Maria nei confronti di Gesù), l’amore del prossimo in rapporto a come il prossimo desidera essere amato (Gesù approva l’accoglienza di Maria) e non a come il soggetto attivo vuole amare (Marta ama Gesù a modo suo, senza chiedersi se in quel momento Gesù gradiva), la confidenza amicale che porta a correggere la persona amica dentro alla logica di un amore e di una stima intatti (Gesù corregge Marta). Diversamente dal mondo greco, Israele non ha mai conosciuto l’ideale della contemplazione. L’ideale per il mondo biblico consisteva nell’ascoltare la Parola e poi metterla in pratica. Gesù ritiene che soffermarsi sulla sua Parola sia la cosa essenziale. Per questo motivo il Maestro addita a Marta l’esempio di Maria. Perché l’azione del cristiano sia autentica ed efficace, deve avere come fondamento la Parola. Nel doppio fine della petizione della Colletta propria si trovano i temi preferiti dalla liturgia. Nella petizione e nel primo scopo troviamo: «Donaci un cuore umile e mite per ascoltare la parola del tuo Figlio che risuona ancora nella Chiesa, radunata nel suo nome». Nel secondo scopo si dice: «E per accoglierlo e servirlo come ospite nella persona dei nostri fratelli». Il richiamo a Mt 25,40 è chiarissimo: «ln verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Il tema articolato è scandito in tre tappe: ascolto della Parola, accoglienza e servizio dei fratelli. (don Renato De Zan)
Spazi per la liturgia- Dentro il Mistero [continuazione] (di Jesus Castellano Rivera)
Il Catechismo si domanda ancora: Quando celebrare? Risponde ricordando i tempi liturgici della celebrazione: il tempo e l’anno liturgico, la domenica, il ritmo quotidiano della liturgia delle ore. Finalmente alla domanda: Dove celebrare? Risponde illustrando il senso stesso dei luoghi della celebrazione: il tempio, l’altare, il tabernacolo, l’ambone, il battistero… Il momento mistagogico fondamentale è quindi la celebrazione stessa, il contatto vivo con il mistero, l’esperienza personale e comunitaria di questo dono divino. Ma a scanso di equivoci, miraggi o delusioni nel campo dell’esperienza liturgica, bisognerà notare alcune cose. Prima di tutto che non siamo noi a dettare le leggi o a determinare le forme e i gradi della percezione esperienziale. Si tratta, lo abbiamo sottolineato, di un dono gratuito. È Dio il primo mistagogo, per Cristo, nel suo Spirito. ln seconda istanza, anche se è importante la risposta del singolo e della comunità all’azione santificante, la liturgia evidenzia che è Dio colui che agisce o provoca l’esperienza in noi, essendo lui il mistagogo, e non siamo noi a fare di lui, anche se egli entra in comunione con noi attraverso i segni sacramentali. Egli è il soggetto che offre a noi la sua divina parola, la sua grazia che è comunione di vita, ed accoglie le nostre risposte. Ma è lui che sovranamente fissa le norme e le regole del suo autodonarsi a noi nel mistero liturgico. Da noi attende accoglienza piena e risposta perseverante. Come terza accezione la mistagogia liturgica è la lenta assimilazione dei contenuti del mistero, il passaggio graduale dalla liturgia alla vita, la progressiva presa di possesso da parte di Cristo del nostro essere e del nostro agire, in un impegno reiterato di vivere in conformità con quanto abbiamo celebrato, affinché avvenga quella auspicata osmosi tra celebrazione ed esperienza cristiana, in modo da vivere quanto abbiamo celebrato e reinserire nella celebrazione la propria esistenza cristiana. Salvaguardata l’oggettività del dono, è chiaro che Dio rimane libero di donare una più grande intensità alla sua comunicazione sacramentale, come può accadere sia per il dono gratuito che egli vuole fare, sia anche per l’intensità della vita teologale di coloro che partecipano alla liturgia. (9– continua)