Letture: Atti degli Apostoli 9,26-31 / Salmo 21 / 1Giovanni 3,18-24
A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.
Dal Vangelo secondo Giovanni (15,1-8)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
Sabato 27 | 18.30 | + Dovadola Ivano, Monica, Silverio e Ruffini Armanda |
Domenica 28 | 18.30 | + Di Pasquale Liberale, Guarnotta Maria Gabriella e Lo Re Giuseppe |
Lunedì 29 | 18.30 | + Montesi Natale
+ don Orfeo |
Martedì 30 | 8.00 | + Pia e Francesco |
Mercoledì 01 | ||
Giovedì 02 | 18.30 | + Franca e cg. Mussino e Giacometti |
Venerdì 03 | 8.00 | + Becca Luigi |
Sabato 04 | 18.30 | + Ruffini Armanda (4° anniv.) |
Domenica 05 | 18.30 | + Mara Signani e famigliari vivi e defumti
+ Luigi Rizzi (detto Carlo) |
Orario Confessioni Venerdì ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 17.15 – 18.15 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni ore 17.55 S. Rosario (escluso venerdì)
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
Anno : B
Aprile – Maggio 2024 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 28
V di Pasqua |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo) |
Martedì 30 | Ore 20.45 (oratorio) : 6°Incontro fidanzati in preparazione al matrimonio. |
Mercoledì 01
S. Giuseppe lav. |
Pellegrinaggio parrocchiale mariano a Bolsena e Orvieto |
Giovedì 02 | Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
Venerdì 03
Ss. Filippo e Giacomo ap. |
Primo venerdì del mese – Comunione agli impediti
Ore 8.45 – 12.00 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica. Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario Ore 20.30 (S. Paolo) : Processione con l’immagine della B. V. della Consolazione nel quartiere S. Paolo. (vedi sotto) |
Sabato 04 | (Nel pomeriggio) : Ritiro per i fanciulli che si preparano al sacramento della Prima Comunione
Ore 17.55 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
Domenica 05
VI di Pasqua |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Ore 10.15 (oratorio) : Corteo dei comunicandi dall’oratorio alla Chiesa di S. Paolo. Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa di Prima Comunione dei bambini del III anno di catechismo. Ore 17.55 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
Visita alle famiglie con benedizione
29 apr, 02 mag
(dalle ore 15.00)
04 maggio (mattino)
Lunedì 29 : Viale Zaganelli
(pari) e (dispari dal n. 3 al n. 19)
Giovedì 02 : Viale Zaganelli (dispari dal n. 23 alla fine),
via Roma (dispari)
Sabato 04 : Via Roma (pari) (mattino)
La processione nel quartiere S. Paolo
Via XIII aprile, piazza Mazzini, via Garibaldi, via Piave, via Bagnarolo fino al n° 1 (sosta con benedizione), via Bagnarolo, via Piave, via Bonvicini, via Monte Grappa, piazza Costa, via Roli
Alla scuola di Gesù : | ||||||
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato | |
Mt 11,25-30 | Gv 14,27-31a | Mt 13,54-58 | Gv 15,9-11 | Gv 14,6-14 | Gv 15,18-21 |
Vivere il mistero – Una delle cose di cui sentiamo un bisogno impellente nella nostra vita è il conforto. Una parola che rimanda a qualcosa di difficile da spiegare, ma che pure sembra essere indispensabile e insostituibile per non cedere, soprattutto nei momenti più difficili dell’esistenza. Ciascuno a suo modo – dal neonato che urla per manifestare i suoi bisogni al morente che non ha più parola e che si fa solo sguardo – impetra dagli altri un po’di conforto. In realtà, è questo il modo per essere rassicurati di non rimanere isolati e di non essere abbandonati a se stessi. Nella prima lettura di questa domenica, che oramai volge verso la Pentecoste, assistiamo, nel giro di poche righe, a un passaggio che, se riguarda la vita dell’apostolo Paolo e degli altri credenti della comunità, tocca, in realtà, la vita di ciascuno di noi. Si passa da un primo sentimento che è quello della «paura di lui», a un senso di «pace» che permette a tutti di camminare «nel timore del Signore» e «con il conforto dello Spirito Santo». Mentre i giorni pasquali volgono alla pienezza della Pentecoste, ci viene ricordato come e quanto il dono dello Spirito è «conforto» a ogni senso di isolamento e a ogni percezione di abbandono. L’apostolo Giovanni non fa che confermare e, come sempre, approfondire ulteriormente questa rassicurazione interiore. Egli ci ricorda che, ben al di là e persino nelle pieghe più profonde dei nostri vissuti, «davanti a lui rassicureremo il nostro cuore», e che «egli rimane in noi», proprio attraverso il dono della presenza del suo Spirito che continua a lavorare dentro di noi per smantellare le invenzioni mostruose della «paura» e darci il «conforto». Riceviamo in dono la possibilità di riscoprire continuamente un senso di appartenenza reciproca che ci dà pace ed è capace di seminare sempre, non solo dentro di noi, ma anche attorno a noi. Ciò che permise finalmente a Paolo – così temuto – di «stare con loro» permette a ciascuno di noi di farsi compagno di strada e di speranza per i propri fratelli. L’opera interiore dello Spirito di conforto non è altro che l’estensione e la continua attualizzazione nella nostra concreta esistenza del dono pasquale di Cristo Signore. Egli, mentre la passione si avvicina e il tempo della separazione si fa imminente, sembra non avere nessun altro desiderio se non quello di rinsaldare i legami: «Rimanete in me e io in voi». Per farci percepire questo desiderio, il Signore ricorre a un esempio. «Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, cosi neanche voi se non rimanete in me». Pertanto il Signore Gesù non si accontenta di esprimere ancora una volta il suo desiderio di intimità e di comunione, ma chiarisce anche le condizioni perché questo possa realmente avvenire e durare: «lo sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla». Indubbiamente questa parola riguarda il nostro modo di relazione a Cristo Signore, ma vale per tutte le nostre relazioni. Infatti, il primo passo è accettare la preminenza dell’altro dandogli quella precedenza che è capace di rifondare continuamente le alleanze, persino quelle smarrite e quelle tradite, per essere conforto gli uni per gli altri. Ciò non è possibile senza la disponibilità a un vero e, talora, duro confronto che può provare non poco. Una vera Pasqua interiore. La partecipazione alla vita divina è un dono che non ci esime assolutamente dal dare il nostro libero assenso e la nostra consapevole risposta. Attraverso la parabola della vite siamo iniziati a una relazione che è attiva comunione e non certo una misticheggiante fusione. Il Signore ci chiede appassionatamente di «rimanere in» Lui, ma non dobbiamo mai confondere l’abbandono con la passività. Siamo invitati a rimanere ancorati al Risorto la cui presenza rende vivo e pulsante il nostro cuore tardo, lo dilata, lo spalanca e lo rende compassionevole e mite. [p. M. D. Semeraro]
Spazi per la liturgia- La sede del celebrante (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
La sede è il luogo liturgico che esprime il ministero di colui che guida l’assemblea e presiede la celebrazione sia «nella persona di Cristo», Capo e Pastore della sua Chiesa, sia «nella persona della Chiesa», Corpo Mistico di Cristo. Questa duplice dimensione del ministero della presidenza evidenzia in tale modo il duplice ruolo di Cristo, unico reale presidente della comunità radunata, e insieme quello del suo ministro ordinato che lo visibilizza. La sede liturgica, pertanto, «deve designare il presidente non solo come capo, ma anche come parte integrante dell’assemblea». Le Premesse del Messale, prima di soffermarsi sulle caratteristiche di questo luogo, si preoccupano di indicare la sua funzione liturgica che diventa il significato primo del suo simbolismo: «la sede del sacerdote celebrante deve mostrare il compito che egli ha di presiedere l’assemblea e di guidare la preghiera» (OGMR 310). La sede, indistintamente che sia la cattedra vescovile o il seggio presbiterale, è nell’aula ecclesiale un segno che rende manifesta, anche fuori dalla liturgia, la funzione esercitata in questo luogo dal celebrante insignito del potere derivatogli dall’Ordine sacro: presiedere l’assemblea riunita e dirigere la preghiera nella persona di Cristo. Il compito di colui che siede su questo seggio, dunque, è quello della presidenza liturgica: fratello tra i fratelli, è stato scelto a essere il riflesso e segno della presenza di Cristo, capo del corpo che è la Chiesa, di cui l’assemblea lì radunata ne è la manifestazione e di cui anche lui ne è parte viva”. Certamente la sede del celebrante non ha un’importanza e valenza simbolica, e di conseguenza iconologica, pari a quella dell’altare e dell’ambone, che sono nella chiesa i veri poli liturgici insieme al battistero con il fonte battesimale. Tuttavia, con l’altare e l’ambone costituisce nell’area del presbiterio i punti di costante riferimento della celebrazione eucaristica e di ogni sacramento: è l’atto del celebrare che coinvolge in unità questi tre «luoghi eminenti» e la sede ne diventa vero punto di unione, proprio perché si mostra come segno della presenza di Cristo, Capo e Pastore, nella persona di colui che vi siede per presiedere la preghiera comune e i sacramenti (cf. SC 7). Si potrebbe poi dire che la sede liturgica presiede anche quando è vuota perché, anche fuori dalla celebrazione, conserva la propria valenza di «segno». Questo è il motivo per cui non è sufficiente un qualsiasi seggio, semplicemente funzionale: la sua forma e arte, come la sua posizione preminente nell’aula liturgica, devono richiamare questa presenza in modo permanente, con quelle caratteristiche e qualità da elevarlo a essere un autentico luogo liturgico e simbolico, una parola visibile del mistero non visibile. (8 continua)