Programma dal 7 al 15 dicembre 2024

Letture: Genesi 3,9-15.20 / Salmo 97 / Efesini 1,3-6.11-12

 

Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38)

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie.

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 07

18.00

+ Anna, Ivo e Pietro Marri

+ Federica Borghi

per Nicola

Domenica 08

10.30

18.00

+ Resta Paolo, Luigi e Maria

+ Ravaglia Domenico e Costa Paolina

+ Benfenati Maria in Brignani

Per Gaia e Giovanni (viventi)

Lunedì 09

   

Martedì 10

   

Mercoledì 11

   

Giovedì 12

   

Venerdì 13

10.30

18.00

+ Antonio

+ Luisi Giovanni e Orlacchio Angelina, Faccani Alessandro e Stefano

+ Francesco (anniversario)

Sabato 14

   

Domenica 15

10.30

+ Mazzotti Angelo, Sangiorgi Maria Luisa e deff. fam. Mazzotti e Sangiorgi e Capucci Armando

+ Mondini Alfredo, Luigi e Giulia

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : C

Dicembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 08

Immacolata Concezione

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa animata dai gruppi giovanili

A.C. e AGESCI. – – I bambini del catechismo accendono la seconda candela di avvento.

Al termine, in piazza Matteotti, rito di affidamento della città al Cuore Immacolato di Maria.

Mercoledì 11

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”

Venerdì 13

S. Lucia

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e S. Rosario

Ore 20.30 (Conselice) : Incontro di riflessione e preghiera organizzato dal vicariato e guidato da don Samuele Nannuzzi in preparazione al Giubileo 2025.

Domenica 15

III di Avvento

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa. – I bambini del catechismo accendono la Terza candela di avvento.

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :

 

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

 

Lc 5,17-26

Mt 18,12-14

Mt 11,28-30

Mt 11,11-15

Mt 11,16-19

Mt 17,10-13

Vivere il mistero – La solennità dell’Immacolata Concezione che segna, ogni anno, il nostro cammino di preparazione al Natale trova nell’Avvento il suo contesto più naturale. La contemplazione del mistero della grazia, così come si rivela nella vita di Maria, è fonte di speranza per tutta la Chiesa e per ciascun credente, per ogni uomo e per ogni donna: fondamento della storia è il disegno di salvezza per ogni creatura che sta al cuore di Dio Creatore. La promessa che viene fatta proprio nel momento in cui l’umanità si distrae profondamente dal più prezioso dei doni che è la comunione con Dio, il Signore non esita ad annunciare – sin da subito – la possibilità di vincere ogni forma di male: «Ti schiaccerà la testa» (Gen 3,15). Celebrare l’Immacolata Concezione della Madre di Dio, di Maria di Nazareth, non è cosa facile. Soprattutto non dobbiamo vergognarci di sentire e manifestare un certo imbarazzo e quasi una sorta di «antipatia» per una persona che rischia di non condividere con noi la cosa che sentiamo più pesante e per questo non marginale nella vita: il nostro peccato! Ma il centro del mistero che celebriamo non è l’assenza di peccato – che resta pur fondamentale – ma la presenza di una chiamata a svolgere un ruolo nella storia e nella storia della salvezza che cambia la vita sin dalla radice. La colletta dell’Eucaristia ci fa pregare così: «O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previsione della morte di Lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato…». Oggi la nostra attenzione è tutta rivolta al prodigio di una creatura come noi che è segnata sin dal primo momento di vita – a partire dal suo concepimento – da quello che è il suo ruolo nella storia della salvezza: essere la Madre del Signore crocifisso e risorto! Potremmo fare molte acrobazie per spiegare questo mistero della nostra fede, per questo ci sono i manuali di teologia. In realtà forse ci serve motto di più stupirci di questo modo di fare di Dio che non vale solo per Maria ma per tutti: «Ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci ad essere per lui figli» (Ef 1,4). Prima della nostra stessa esperienza di vita, prima ancora e ben oltre tutti gli incidenti e le ombre che accompagnano la nostra esistenza vi è – intensissimo! – questo sguardo di Dio su di noi, questo suo desiderio che fa dell’Altissimo un «Dio per noi» (Rm 8,51). Maria di Nazareth a cui – in un giorno qualunque della sua vita – un angelo portò il grande annuncio: «Ecco concepirai un figlio» (Lc 1,31), risplende come stella polare per indicarci come «Dio Padre del nostro Signore Gesù Cristo» (Ef 1,3). Il Creatore ci ha pensati per qualcosa di preciso e di bello nel suo grande progetto non solo «della creazione del mondo» (Ef 1,4) ma, pure, della sua ri-creazione attraverso il lavoro di trasformazione del mondo a cui ciascuno è chiamato a collaborare. II primo passo per collaborare come Maria al disegno di salvezza universale del Padre è di lasciarci conquistare da quell’amore di Dio che è capace di ricreare in ciascuno di noi la bellezza originale senza negare la storia, ma trasfigurandola radicalmente. Maria si lasciò conquistare dal pensiero di Dio su di lei con una docilità che la rese talmente trasparente alla grazia da esserne totalmente ripiena e compenetrata. Ben diversa forse è la nostra storia! Eppure una festa come quella di oggi, lungi dal renderci la Madre del Signore lontana ed estranea ce la renda più vicina e più compagna: ognuno di noi è stato pensato per…! Lasciamo che il pensiero di Dio ci renda secondo «il pensiero di Cristo» (1 Cor 2,16). Con questo profondo sentimento continuiamo ad attenderlo con crescente e sempre più ardente desiderio. (don MichaelDavide Semeraro)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Essere direzionati all’altare rievoca al penitente la volontà del Padre misericordioso della parabola, che è corso incontro al figlio perduto e che, dopo averlo abbracciato e accolto, ordina ai servi che venga rivestito dell’abito più bello e che sia preparato per lui un ricco banchetto e si faccia festa (cf. Lc 15,2O-23). «Segno» di questo perdono ricevuto è appunto «la rinnovata e più frequente partecipazione alla mensa del Signore, nella gioia grande del convito che la Chiesa di Dio imbandisce per festeggiare il ritorno del figlio lontano» (RP, Premesse n. 6d). Il luogo della celebrazione sacramentale della Penitenza quindi, è specificatamente l’aula eucaristica. Oltre a sottolineare la dimensione comunitaria ed ecclesiale della Penitenza, dal momento che la sua celebrazione avviene nel medesimo luogo dell’Eucaristia e, ancora meglio, nella forma comunitaria, nel contesto celebrativo di un’assemblea riunita, l’orientamento simbolico all’altare, sul quale Cristo è anche sacerdote e vittima dice pure lo stretto legame che il sacramento del perdono ha con la celebrazione eucaristica: «Nel sacrificio della Messa sottolineano proprio le Premesse del nuovo Rito viene ripresentata ln passione di Cristo il suo corpo dato per noi e il suo sangue per noi sparso in remissione dei peccati, nuovamente vengono offerti dalla Chiesa a Dio per la salvezza del mondo intero. Nell’Eucaristia infatti il Cristo è presente e viene offerto come “sacrificio di riconciliazione”, e perché il suo santo Spirito “ci riunisca in un solo corpo”» (RP 2). Il fonte battesimale, memoria del nostro battesimo, ci ricorda a sua volta che, incorporati in Cristo, nella sua morte e risurrezione, siamo stati in lui una prima volta riconciliati col Padre, e per Lui siamo diventati figli di Dio. Infatti la Chiesa professa la sua fede in «un solo Battesimo, per il perdono dei peccati». Il peccato personale, poi, ci ha posti di nuovo in uno stato di rifiuto di questa condizione filiale. (10– continua)

Programma dal 30 novembre al 8 dicembre 2024

Letture: Geremia 33,14-16 / Salmo 24 / 1Tessalonicesi 3,12-4,2

A te, Signore, innalzo l’anima mia, in te confido.

 

Dal Vangelo secondo Luca (21,25-28.34-36)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.

Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 30 18.00 + Orioli Franco (anniversario)
Domenica 01 10.30 + Alma, Alfonso, Maria e don Orfeo+ Quinto e Teresa Randi
Lunedì 02 18.00 + Preda Maria Teresa
Martedì 03 8.00 + Nicola Gorilla, Teone Marinon,Vittoria Orru, Ismini Mingardo
Mercoledì 04
Giovedì 05 18.00 + Luigi Rizzi (detto Carlo)
Venerdì 06
Sabato 07 18.00 + Anna, Ivo e Pietro Marri+ Federica Borghi
Domenica 08 10.3018.00 + Resta Paolo, Luigi e Maria+ Ravaglia Domenico e Costa Paolina

+ Benfenati Maria in Brignani

Per Gaia e Giovanni (viventi)

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (ore 16.55 nei giorni della Novena)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e Novena

 

Anno : CDicembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 01I di Avvento Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa. – I bambini del catechismo accendono la prima candela di avvento.

Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata

Lunedì 02 Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata
Martedì 03 Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata
Mercoledì 04 Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’ImmacolataOre 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”
Giovedì 05 Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata
Venerdì 06 Primo venerdì del mese – Comunione agli impediti Ore 8.45-12.00 (s. Paolo) : Adorazione Eucaristica

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e Novena dell’Immacolata

Sabato 07 Ore 7.30 (S. Paolo) : Partenza in processione verso il Santuario della B.V. della Consolazione recitando il S. Rosario.Ore 8.00 (Santuario) : Celebrazione della S. Messa

Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata

Ore 20.00 (oratorio) : Inizio adorazione eucaristica notturna che si protrae fino alle ore 7.00 del mattino seguente.

(Nel cartellone all’ingresso della chiesa si può dare la propria disponibilità riportando il proprio nome a fronte del tempo che si ritiene di poter disporre per l’adorazione).

Domenica 08Immacolata Concezione Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa animata dai gruppi giovanili

A.C. e AGESCI. – – I bambini del catechismo accendono la seconda candela di avvento.

Al termine, in piazza Matteotti, rito di affidamento della città al Cuore Immacolato di Maria.

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Mt 8,5-11 Lc 10,21-24 Mt 15,29-37 Mt 7,21.24-27 Mt 9,27-31 Mt 9,35-38-10,1.6-8

Vivere il mistero – Nei testi che la liturgia ci offre all’inizio di un nuovo Avvento non c’è traccia alcuna di sdolcinatura natalizia. Al contrario, siamo messi quasi brutalmente di fronte alla vita come un dramma da accogliere e da affrontare con una buona misura di consapevolezza e di audacia. Mentre le luminarie illuminano le strade delle nostre città e i frontoni altezzosi dei nuovi templi che sono i centri commerciali, la liturgia ci richiama all’essenziale. La Parola di Dio ci scuote da ogni possibile stordimento per renderci massimamente vigilanti. E’ lo stesso Signore Gesù a prendersi cura del germoglio di speranza che germoglia nel nostro cuore. Il Vangelo di questa domenica per farci capire cosa sia importante all’inizio di ogni slancio spirituale, ci porta spiritualmente ai tempi della fine. In tal modo viene messo a nudo tutto il dramma del nostro vivere nel tempo: un continuo alternarsi e, più precisamente, altalenarsi tra speranza e angoscia: «Gli uomini moriranno per la paura… risollevatevi e alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,26.28).  Tempo di attesa quello dell’Avvento, ma, forse ancora di più, scuola dell’attesa come stile di vita: e cosa c’è di più bello e di più difficile, di più esaltante e di più angosciante che aspettare? Cosa c’è di più umano che vegliare nell’attesa di qualcuno o di qualcosa? Potremmo dire che accanto all’homo sapiens, all’homo faber… l’uomo possa essere caratterizzato come homo vigilans: «Vegliate in ogni momento pregando» (Lc 21,36) invita il Signore Gesù nel Vangelo. Ma cosa può mantenere accesa la lampada della vigilanza se non il desiderio? Ed ecco che dentro ciascuno di noi respira e spera un homo desiderans. Sembra proprio che il Signore abbia scelto questa componente specifica dell’umano per farne la cifra e il luogo privilegiato della sua relazione con gli uomini: il desiderio, l’attesa che ci rende, per natura, protesi, slanciati e non legati al laccio di quelle «dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita» (Lc 21,34). Questi lacci ci rendono pesanti e statici costringendoci a vivere allo stretto e senza grandi orizzonti. Al contrario, come esseri viventi in crescita verso la pienezza della propria umanità siamo continuamente chiamati a vivere protesi verso Colui che viene a rivelarci la verità di noi stessi. Per cogliere e accogliere questo dono di pienezza, il primo passo è quello della consapevolezza: siamo poveri in quanto non abbiamo già quello che desideriamo ma sempre e solo lo aspettiamo. I testi della preghiera che accompagnano le liturgie di questo tempo di Avvento, ci ricordano la vocazione a essere beati accettando di far parte dell’innumerevole schiera di «poveri in attesa», di pellegrini in cammino, di persone in divenire e sempre protese oltre se stesse. L’augurio dell’Apostolo ci tocca profondamente: «Il Signore vi faccia crescere» (1 Ts 3,12). Certo crescere nell’amore per «rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità» (3,13). Questo cammino di santità non significa altro che crescere e dilatare in noi il desiderio che, come dice Gregorio Magno, «cresce con il protrarsi». Allora non ci resta che seguire l’esempio dei poveri di tutti i tempi e di tutte le contrade della terra e, preso il bastone del pellegrino, metterci in viaggio. Di certo siamo consapevoli dei rischi, ma consci pure delle opportunità di ogni viaggio dell’anima. I momenti difficili e persino catastrofici possono trasformarsi in una componente dell’ordinaria crescita insita nel mistero della vita. Tutto ciò richiede una dignità e un’audacia senza pari: stare in piedi e non lasciarsi piegare. Come ricordava Simone WeiI parlando della perseveranza, questa virtù «designa un uomo che attende senza muoversi a dispetto di tutti i colpi con cui si cerca di smuoverlo». Per vedere le stelle, bisogna osare abbandonare la città e le luci della ribalta, assumersi il rischio di una certa solitudine: scopriremo allora che l’oscurità è popolata e potremo perfino scorgervi degli «angeli», dei volti radiosi senza orchestra e senza piume. Per scorgere tutto questo non possiamo certo dormire sonni tranquilli tra i cuscini piumosi della nostra superficialità. (don MichaelDavide Semeraro)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Per questo motivo nel documento dei vescovi italiani leggiamo che «ln buona visibilità della “sede confessionale” denominata anche ” confessionale” diventa un richiamo costante alla misericordia del Signore, che, nel segno sacramentale, riconcilia a sé il discepolo che si converte, comunicandogli la sua pace e riaggregandolo al popolo di Dio» (AC 30) e, inoltre, «i segni che li identificano devono mettere in evidenza, per quanto possibile, l’aspetto positivo del sacramento, richiamando il clima spirituale di festa evocato dalla parabola del padre misericordioso» (AC 31). La stessa nota pastorale del 1996, ribadendo quanto già evidenziato da quella del 1993 (cf. PNC 12), sottolinea l’esigenza della contestualità: «l luoghi della celebrazione della Penitenza devono far parte integrante dell’organismo architettonico e liturgico, essere facilmente percepibili e bene armonizzati spazialmente» (AC 31). L’esigenza di contestualità ci richiama che lo spazio proprio riservato alla celebrazione del sacramento ha una particolare corrispondenza con gli altri luoghi liturgici cioè con «le altri grandi presenze simboliche permanenti: l’altare, l’ambone, il battistero e il fonte battesimale […], la custodia eucaristica e la sede del presidente» (PNC 7). Innanzitutto, la lunga storia della disciplina penitenziale ci ha fatto conoscere il rapporto profondo di questo sacramento con quelli dell’Eucaristia e del Battesimo e, di conseguenza, del proprio polo celebrativo in stretta relazione con quello dell’altare e del battistero. «La sede propria della riconciliazione», ci ricorda opportunamente il Pontificale, «converge verso l’altare, come al centro ideale». L’Eucaristia, infatti, è il punto finale e di arrivo di ogni cammino di conversione: la piena riconciliazione è celebrare insieme ai fratelli la pasqua di Cristo. (9– continua)

Programma dal 22 novembre al 1 dicembre 2024

Letture: Deuteronomio 7,13-14 / Salmo 92 / Apocalisse 1,5-8

Dal Vangelo secondo Giovanni (18,33b-37)

Il Signore regna, si riveste di splendore.

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».

Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».

Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 23 18.00 + Emma e Dante+ Maria, Ana, Joia e Delvis
Domenica 24 10.3018.00 + Malucelli Deremo e Luciana+ Bresadola Luciana e Torquato e don Francesco

+ Dovadola Monica, Ivano, Silverio, Franco e Ruffini Armanda

+ Liverani Paolo

Lunedì 25 18.00 Deff. fam. Franchini
Martedì 26 8.00 + Dante Folli
Mercoledì 27 18.00 Vivi e defunti fam. Dovadola Ivano e secondo le intenzioni di Maria Teresa
Giovedì 28 18.00 S. Messa di Ringraziamento
Venerdì 29 8.00 Per Vita (vivente)+ Montesi Natale
Sabato 30 18.00 + Orioli Franco (anniversario)
Domenica 01 10.30 + Alma, Alfonso, Maria e don Orfeo

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (ore 16.55 nei giorni della Novena)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e Novena

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 24N.S. Gesù Cristo

Re dell’Universo

Festa parrocchiale del RingraziamentoSs. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa animata dai lavoratori

dei campi

Ore 15.00 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”.

Mercoledì 27 Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”
Venerdì 29 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e Novena dell’Immacolata
Sabato 30S. Andrea Ap. S. Messa ad orario ferialeOre 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata
Domenica 01I di Avvento Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa. – I bambini del catechismo accendono la prima candela di avvento.

Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

2- Sono in vendita, con incarico alla Caritas, i biglietti della lotteria preparata dal “Banco alimentare” finalizzata a recuperare risorse per i poveri.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 21,1-4 Lc 21,5-11 Lc 21,12-19 Lc 21,20-28 Lc 21,29-33 Mt 4,18-22

Vivere il mistero – L’attuale solennità chiude l’anno liturgico. La comunità cristiana ha compiuto per un anno intero un percorso di fede in cui ha riflettuto, approfondito e celebrato il Mistero di Cristo. Al culmine del suo cammino, la comunità celebrante incontra Cristo, Re dell’universo. La riforma liturgica scaturita dal Concilio Vaticano II ha voluto collocare questa festa in chiusura di ogni anno liturgico per evidenziare il carattere universale ed escatologico (finale e definitivo) della regalità di Gesù. L’angolatura con cui la riforma liturgica vede la solennità di Cristo Re è alquanto diversa da quella con cui Pio XI aveva proposto tale celebrazione nel 1925. Agli inizi del secolo scorso si trattava di testimoniare l’autorità di Gesù sugli uomini e sulle istituzioni umane (nazionalismi e incipienti totalitarismi). Era una necessità ritornare allo spirito cristiano delle origini dove il titolo cristologico «Signore» serviva ai cristiani per essere liberi dall’asfissiante potere dell’impero. Allo stesso scopo doveva servire la celebrazione di Cristo, Re dell’universo. Oggi questa prospettiva è presente, ma la celebrazione va oltre (universalismo e sovranità ultima). Gesù è Re. Lo dice, con beffarda testimonianza, il cartiglio della croce. Lo testimonia in modo tragicamente serio Gesù stesso davanti a Pilato: «lo sono re». La sua sovranità non toglie il regno a nessuna autorità storica perché le supera tutte: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». La regalità di Gesù opera il iI dono più grande che l’uomo possa avere. Tale dono ha tre sfaccettature interdipendenti elargisce all’uomo il perdono dei peccati interdipendenti: Cristo elargisce all’uomo il perdono dei peccati (a causa del suo sangue versato per l’uomo), dona il superamento della morte (a causa della sua risurrezione) e offre la possibilità di dialogare con il Padre nel clima festoso della figliolanza (a causa del battesimo che incorpora in Cristo ogni battezzato e a causa del dono del sacerdozio fatto al suo popolo). Gesù, infatti, è venuto in questo mondo, è venuto «quaggiù», per testimoniare il mondo di Dio attraverso le proprie parole, le proprie azioni e la propria persona. Gesù è «il» testimone della verità e dell’esistenza di un mondo che «non è di quaggiù». C’è di più. Egli stesso è quella verità (cf. Gv 14,6: «lo sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me»). In Lui il regno di Dio si è fatto presenza nella storia dell’uomo. La regalità di Gesù è aperta e accogliente, tanto da abbracciare qualunque uomo perché il suo regno è universale (cf. la prima lettura: Dn 7,13-14). Abbraccia anche coloro che lo trafissero (seconda lettura: Ap 1,5-8). Questo dato esprime bene il concetto di regalità che non va confusa con una supremazia che esercita il potere (cf. la visione umana di «regno»; si tratti di regno politico, culturale, ideologico e quant’altro). A un mondo moderno, segnato dall’ateismo, dalla secolarizzazione e dall’indifferenza, la solennità cristiana di Cristo Re ripropone l’eterno quesito del senso dell’esistenza e del modo di gestirla. (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Il principale riferimento spaziale è dunque quello della chiesa (o dell’oratorio, da intendersi come luogo semipubblico, destinato al culto divino in favore di una comunità o di un gruppo di fedeli che lì si radunano, cf. CDC can. 1223) perché richiama la dimensione ecclesiale e comunitaria del sacramento, in piena conformità proprio alla tradizione antica, quando la prassi penitenziale canonica trovava nella chiesa, dove era convocata la comunità, i momenti sacramentali di un lungo itinerario di conversione e riconciliazione. D’altra parte, tutta la storia liturgica ci ha tramandato inalterato il principio che l’aula della chiesa sia il luogo proprio e più adeguato per celebrare il sacramento della Penitenza. Infatti, la chiesa-edificio, nella quale si riunisce la comunità cristiana per la preghiera e soprattutto per la celebrazione dell’Eucaristia è immagine speciale della Chiesa, pellegrina sulla terra e già beata in cielo, popolo santo, tempio di Dio edificato con pietre viventi. Nelle Premesse del Rituale, prima ancora di indicare i ministri propri della Penitenza e l’esercizio pastorale del loro ministero, viene ricordato che «tutta la Chiesa, in quanto popolo sacerdotale, è cointeressata e agisce, sia pur in modo diverso, nell’attuare l’opera di riconciliazione, che dal Signore le è stata affidata». E subito aggiunge: «Non solo, infatti, essa chiama i fedeli a penitenza mediante la predicazione della parola di Dio, ma intercede anche per i peccatori, e con la preghiera e sollecitudine materna aiuta e induce il penitente a riconoscere e confessare i suoi peccati, per ottenere da Dio, che solo può rimetterli, misericordia e perdono. La Chiesa stessa diventa strumento di conversione e di assoluzione del penitente, mediante il ministero affidato da Cristo agli Apostoli e ai loro successori» (RP 8). Ma più ancora, «nel sacramento della Penitenza, i fedeli ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui, e insieme si riconciliano con la Chiesa» (RP 4) e, «siccome il peccato di uno solo reca danno a tutti, […] così la penitenza ha sempre come effetto la riconciliazione anche con i fratelli» (RP 5). Così la dimensione ecclesiale e comunitaria del sacramento risulterà particolarmente evidente se, come luogo proprio della celebrazione, viene utilizzata la chiesa, icona e segno del Corpo mistico di Cristo. Ed è questo il motivo per cui la scelta di un luogo diverso da essa assume pure un evidente valore simbolico: deve esaltare la dignità del sacramento e rimanere una presenza che di- venti ammonimento del peccato, richiamo alla conversione e promessa del perdono e della riconciliazione. (8 – continua)

Programma dal 16 al 23 novembre 2024

Letture: Deuteronomio 12,1-3 / Salmo 15 / Ebrei 10,11-14.18

Proteggimi, o Dio, in te mi rifugio.

Dal Vangelo secondo Marco (13,24-32)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 16 18.00 + Dovadola Franco

+ Rossella

+ Mariangela Fontana

Domenica 17 10.30

18.00

+ Resta Maria e Antonio

+ Tozzola Angelo

Lunedì 18 18.00 + Renato Silvio
Martedì 19
Mercoledì 20 18.00 + Anna, Fausto e Achille
Giovedì 21 18.00 Vivi e defunti delle famiglie Dovadola e Ruffini e secondo le intenzioni di Maria Teresa

+ Antonio e Alide

+ Ranieri Giuseppe

Venerdì 22 8.00 + Parrottino Filomena, Maccaruso Vincenzo e defunti della famiglia
Sabato 23 18.00 + Emma e Dante
Domenica 24 10.30

18.00

+ Malucelli Deremo e Luciana

+ Dovadola Monica, Ivano, Silverio, Franco e Ruffini Armanda

+ Liverani Paolo

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 17

XXXIII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)
Lunedì 18 Ore 20.45 (canonica) : Caritas parrocchiale

Ore 20.45 (Salone della Collegiata) : Veglia di preghiera col nostro vescovo Mons. Giovanni Mosciatti nella giornata in ricordo delle vittime di abusi

Mercoledì 20 Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”

Ore 20.45 (S. Cassiano) : Incontro con il Card. Giuseppe Betori arcivescovo emerito di Firenze sul tema del Giubileo 2025

Giovedì 21

Presentazione della B. V. Maria

S. Messa ad orario feriale

Ore 20.00 (S. Maria in Fabriago) : S. Messa seguita alle ore 20.30 dal S. Rosario e alle ore 21.00 dall’Adorazione eucaristica di vicariato per le vocazioni.

Ore 20.30 (canonica) : Incontro catechisti

Venerdì 22 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e S. Rosario
Sabato 23 Ore 17.00 (S. Cassiano) : Ordinazione diaconale (permanente) di Giovanni Grassi, Vainer Gheduzzi e Andrea Turrini
Domenica 24

N. S. Gesù Cristo Re dell’universo

Festa parrocchiale del Ringraziamento

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa animata dai lavoratori

dei campi

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

2- Sono in vendita, con incarico alla Caritas, i biglietti della lotteria preparata dal “Banco alimentare” finalizzata a recuperare risorse per i poveri.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 18,35-43 Lc 19,1-10 Lc 19,11-28 Lc 19,41-44 Lc 19,45-48 Lc 20,27-40

Vivere il mistero – La conclusione dell’anno liturgico è prossima: questa è la I penultima domenica. Il Lezionario presenta la tematica classica, ormai cara alla tradizione cristiana, della parusia (= ritorno finale) di Gesù e della fine del mondo. Si tratta di un tema che fa da ponte tra la conclusione dell’anno liturgico e l’inizio di quello successivo. All’inizio dell’Avvento, infatti, ritroveremo lo stesso tema. Come la sua prima venuta (incarnazione) è stata per la salvezza, così la sua venuta ultima (parusia) sarà salvezza per i suoi discepoli (Mc13,24-32). Nella parusia Gesù comparirà come «Figlio dell’uomo». Questo titolo cristologico manifesta il ruolo di Gesù alla fine del mondo. Egli sarà il giudice dell’umanità. Allora i buoni risorgeranno per «la vita eterna» e gli altri per «la vergogna e per l’infamia eterna», (cf. prima lettura: Dn.12,1-3). Gli eletti saranno insieme con Cristo («Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo»). Quando accadrà questo? È la domanda dei discepoli di ogni luogo e tempo («Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?» Mc 13,4).  Dimenticando le parole di Gesù («Quanto pero a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre»),molti hanno tentato di stabilire il tempo. Già lo avevano fatto i millenaristi nel medioevo come lo hanno fatto alcune sette contemporanee oppure qualche preteso veggente moderno. Gesù aveva avvertito i suoi discepoli che ci sarebbe stata l’insipienza di voler a tutti i costi stabilire il tempo della fine: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: “Sono io” e:”Il tempo è prossimo”; non seguiteli» (Lc 21,7-8). L’insegnamento di Gesù dice che i cristiani non devono preoccuparsi della «data». Devono, piuttosto preoccuparsi, di essere pronti all’incontro con Colui che si annuncia come giudice. Il titolo cristologico «Figlio dell’uomo» («Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza»), infatti, sottolinea questa dimensione della figura del Signore. Ciò non deve impaurire i credenti perché il «giudice» compirà nei confronti dei suoi un gesto salvifico-redentivo. Nel mondo biblico, infatti, l’espressione «radunare gli eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo» indica un gesto divino atteso per secoli dal popolo ebraico. Si tratta della raccolta dei fedeli dispersi fuori dalla terra promessa a causa di invasioni e deportazioni (= castighi per i peccati del popolo). La raccolta dei fedeli indica il perdono divino, il ripristino dei rapporti tra il popolo di Dio e il suo Signore. Equivale a ritornare alle origini dell’alleanza, quando il popolo non era ancora diventato traditore del proprio Dio. Il giudizio di Dio – per i credenti – sarà un giudizio di salvezza. In altre parole, sarà l’incontro con un Dio che ha fatto di tutto perché l’uomo si salvi. Solo davanti all’ostinazione dell’uomo nel male, Dio – che non vuol violare la libertà umana – si ferma e si arrende. (don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Solo dopo una doverosa panoramica storico-liturgica sia sul rito sia sul luogo della celebrazione e, soprattutto, alla luce del nuovo Rituale riformato, è ora possibile provare a descrivere lo spazio liturgico per il sacramento della Penitenza o della Riconciliazione. A questo scopo, è infatti importante che non venga meno un principio fondamentale: il luogo e la sede della celebrazione devono essere adeguate al rito, e più precisamente alla pluralità di forme celebrative di un sacramento che nei secoli ha conosciuto un’indubbia e notevole evoluzione e che ha condizionato fortemente anche la sua ambientazione spaziale. Cercheremo così di non limitarci a una lettura dello spazio liturgico di tipo «statica», segnata da una preoccupazione primariamente giuridica di determinare con precisione «il» luogo, per privilegiarne invece una «dinamica», cioè una lettura che tenga in considerazione tutti «i» luoghi liturgici coinvolti nel percorso rituale del sacramento secondo la varietà delle sue tre forme celebrative. Inoltre, come per tutti i principali poli liturgici dell’aula, occorre considerarlo come uno spazio felice che si mostri, da una parte, ben «funzionale» alle dinamiche celebrative e, dall’altra, una bella icona del mistero celebrato, diventando un significativo luogo «simbolico». Infine, coordinate imprescindibili di riferimento per tali considerazioni rimangono sempre i documenti magisteriali: il nuovo Rito della Penitenza del Rituale Romano, il Pontificale Romano della Benedizione degli oli e Dedicazione della chiesa e dell’altare (del 1977 l’edizione tipica latina e del 1980 quella italiana), il Codice di Diritto Canonico del 1983 (=CDC) e, soprattutto, le due note pastorali della Conferenza Episcopale Italiana, firmate dalla Commissione Episcopale per la Liturgia e attualmente in vigore: una per La Progettazione di nuove chiese del 1993 (=PNC), l’altra per L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica del 1996 (=AC). Sia il Rituale sia il Pontificale non affrontano direttamente il tema del luogo della celebrazione: il secondo rimanda semplicemente al primo, il quale nelle Premesse indica, sotto il titoletto Luogo della celebrazione, che «il sacramento della Penitenza si celebra nel luogo e nella sede stabiliti dal diritto» (RP 12). È dunque il Codice a offrire inaspettatamente l’indicazione fondamentale più importante: «Il luogo proprio per ricevere le confessioni sacramentali è la chiesa o l’oratorio» (CDC can. 964 §1). Benché il testo risenta eccessivamente di una terminologia preconciliare («ricevere le confessioni sacramentali») e concretamente faccia riferimento solo alla prima delle tre forme del nuovo rituale, il suo merito è quello di affermare il dato tradizionalmente più rilevante: il luogo proprio della celebrazione è l’aula dell’assemblea liturgica e pertanto non può essere isolato da essa (cf. AC 31). (7 – continua)

Programma dal 9 al 17 novembre 2024

Letture: 1Re 8,22-23.27-30 / Salmo 94 / 1Corinzi 3,9c-11.16-17

Accostiamoci al Signore con canti di gioia.

Dal Vangelo secondo Matteo (16,13-19)

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.

E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.

A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 09 18.00 + Dovadola Franco
Domenica 10 10.30 + Amadei Angelo e Carlo, Brandolini Irene e Fabbri Adamo
Lunedì 11 18.00 Per Clara e Andrea (viventi)

+ Guerra Lea

Martedì 12 8.00 + Dovadola Franco
Mercoledì 13 18.00 + Santese Otello, Donato e Frascerra Anna
Giovedì 14 18.00 + Cappadonia Giuseppe
Venerdì 15
Sabato 16 18.00 + Dovadola Franco
Domenica 17 10.30

18.00

+ Resta Maria e Antonio

+ Tozzola Angelo

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 10

Dedicazione della chiesa di S. Paolo.

447mo anniversario della Dedicazione della chiesa di S. Paolo

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 11.00 (Piancaldoli) : Ritrovo annuale degli aderenti alla “Associazione don Orfeo” con S. Messa e assemblea.

Lunedì 11

S. Martino

S. Messa ad orario feriale
Mercoledì 13 Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”
Venerdì 15 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e S. Rosario
Domenica 17

XXXIII del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

2- Sono in vendita, con incarico alla Caritas, i biglietti della lotteria preparata dal “Banco alimentare” finalizzata a recuperare risorse per i poveri.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 17,1-6 Lc 17,7-10 Lc 17,11-19 Lc 17,20-25 Lc 17,26-37 Lc 18,1-8

La Dedicazione della chiesa – Alle origini dell’esperienza ecclesiale i cristiani non si radunavano in luoghi «speciali» per il culto. Negli Atti degli Apostoli leggiamo che essi frequentavano il tempio di Gerusalemme, seguendo la prassi celebrativa del culto ebraico (cf At 2,46; 3,1; 5,12.42; 21,26-30; 22,17). Pur non avendo interrotto la partecipazione ai momenti liturgici israelitici, da subito si realizza una celebrazione specificamente cristiana: la fractio panis (la frazione del pane, cioè l’attuale celebrazione eucaristica). Il luogo in cui si condivideva il pane eucaristico era la casa di un battezzato. Senz’altro veniva privilegiata una casa particolarmente capiente che potesse accogliere un buon numero di discepoli, com’era quella dove il giorno di Pentecoste «i fratelli radunati erano circa centoventi» (At 1,15). I cristiani organizzano queste riunioni per ascoltare l’insegnamento degli apostoli, vivere nella comunione fraterna, spezzare il pane e pregare (cf At 2,42). Per fare questo bastava una grande sala da pranzo, poiché l’oggetto principale della riunione era un pasto. E così a Gerusalemme per la casa di Maria, madre di Giovanni, detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera (cf At 12,12), quando Pietro era stato messo in prigione. A Troade, i cristiani si riunivano il primo giorno della settimana in una stanza al piano superiore per spezzare il pane (cf At 20,7-8). A Roma, Paolo saluta Prisca e Aquila e la comunità che si riunisce nella loro casa (Rm 16,3-5). A Laodicea, la comunità si raduna nella casa di Ninfa (cf Col 4,15); a Colossi, in quella di Filemone (cf Fm 2). Il fatto che i primi cristiani non avessero un luogo riservato in maniera esclusiva al culto è in linea con quanto è affermato nella Lettera a Diogneto (scritto di autore anonimo del II secolo): «l cristiani, infatti, non si distinguono dagli altri uomini per il loro paese, per la lingua, per gli abiti. Non abitano città che siano loro proprie, non si servono di un qualche dialetto straordinario, il loro stile di vita non ha nulla di singolare. (…) Si distribuiscono nelle città greche e barbare a seconda del lotto che gli è toccato; si conformano alle abitudini del luogo per ciò che riguarda gli abiti, gli alimenti, lo stile di vita. Adempiono a tutti i doveri di cittadini e ricoprono ogni incarico come stranieri. Ogni terra straniera è per loro patria e ogni patria una terra straniera. Si sposano come tutti, hanno dei bambini, ma non abbandonano i loro nascituri. Condividono la stessa tavola, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Passano la loro vita sulla terra ma sono cittadini del cielo». L’esperienza di fede come l’esperienza liturgica passano per la quotidianità degli eventi e dei luoghi. La casa è il luogo della «familiarità», luogo di condivisione. Ciò che conta è l’esperienza di fede del singolo e della comunità ecclesiale, a prescindere dai luoghi o contesti sociali in cui questa debba determinarsi. Come ricorda san Girolamo: parietes non faciunt christianos (non sono i muri a fare cristiani). Quando le prime comunità cominciarono a contare un numero sempre crescente di fedeli nacque l’esigenza di una casa da utilizzare esclusivamente per gli incontri comunitari. Sorgono così le «case della chiesa» (dove per chiesa si intende comunità dei battezzati). La domus ecclesiae è il primo luogo direttamente conducibile alle attuali chiese-edificio. Dalla domus ecclesiae deriva il termine chiesa per individuare il luogo di culto. La riforma liturgica ha rivalutato l’esperienza liturgica della chiesa primitiva, restituendo alle celebrazioni e al luogo in cui si realizzano una forte dimensione comunitaria. Oggi, senza nulla togliere al sentimento di ammirazione e di omaggio a Dio, si preferisce vedere nella chiesa la domus ecclesiae, la casa della comunità, e non tanto un monumento a Dio. (da “La Vita in Cristo e nella Chiesa” ottobre 2001)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Terminata l’omelia, o anche nel corso dell’omelia stessa, colui che presiede la celebrazione deve ricordare le disposizioni e le condizioni previste per ricevere l’assoluzione generale e poi proporre una soddisfazione che tutti dovranno compiere. Dopo il silenzio per l’esame di coscienza, invita i penitenti che vogliono ricevere l’assoluzione a inginocchiarsi o inchinarsi, indicando in questo modo o con un altro segno esplicito questa loro volontà, e a recitare insieme una formula di confessione generale (per es. il Confesso a Dio). Può seguire un canto adatto o una preghiera litanica che si conclude però sempre con il Padre nostro. Infine, il sacerdote impartisce l’assoluzione: tenendo le mani stese sui penitenti, recita una triplice invocazione, secondo lo schema trinitario, e poi la formula di assoluzione comune a tutti i tre riti ma in forma plurale: «E io vi assolvo… vostri peccati…» (RP 62). Il momento di ringraziamento e la conclusione del rito sono i medesimi della seconda forma celebrativa. Una parola merita l’introduzione, in appendice al rituale, delle celebrazioni penitenziali, di cui vengono proposti alcuni schemi a seconda dei tempi liturgici e delle diverse categorie di persone, come sussidi puramente indicativi (RP, Appendice II, pp. 117-152). Tali celebrazioni «sono assai utili, nella vita dei singoli e in quella della comunità, per ravvivare lo spirito e la virtù della penitenza, e per preparare una celebrazione più fruttuosa del sacramento» (p. 117, n. 1). La loro struttura è quella abitualmente in uso nelle celebrazioni della Parola di Dio e hanno infatti lo «scopo di ascoltare la proclamazione della parola di Dio, che invita alla conversione e al rinnovamento della vita, e annunzia la nostra liberazione dal peccato per mezzo della morte e risurrezione di Cristo» (RP 36). Pertanto, diventano utilissime per tutti i credenti nel continuo e progressivo cammino di conversione e di purificazione del cuore, perché ravvivano lo spirito di penitenza e l’impegno a ritornare o ad affinare la grazia del battesimo, fanno prendere coscienza dei propri peccati e dei loro effetti personali e sociali, annunciano la liberazione dal peccato per mezzo di Cristo, aiutano a prepararsi alla celebrazione sacramentale, accompagnano i catecumeni nel loro percorso di iniziazione. (6 – continua)

Programma dal 2 al 10 novembre 2024

Letture: Deuteronomio 6,2-6 / Salmo 17 / Ebrei 7,23-28

Ti amo, Signore, mia forza.

Dal Vangelo secondo Marco (12,28b-34)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».

Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Parola del Signore.

VITA ECCLESIALE

Sabato 02 8.00

10.00

15.00

18.00

+ Elisa, Vincenzo e deff. fam. Biancoli e Penazzi (S. Paolo)

+ fam. Foschini, Capucci, Rabeggiani, Farolfi e Pacilli

+ Dovadola Ivano e Ruffini Armanda (Santuario)

Per tutti i defunti (Santuario)

+ Preda Maria Teresa (S. Paolo)

Domenica 03 10.00

18.00

Pro populo

+ Facchini Franca e Lanzoni Marta

Lunedì 04 9.30

18.00

Per i defunti di tutte le guerre

+ Carmela, Vincenzo, Leonina e Giuseppe

Martedì 05 8.00 + Luigi Rizzi (detto Carlo)
Mercoledì 06
Giovedì 07 18.00 + Stefano Gattucci (anniv.)
Venerdì 08
Sabato 09
Domenica 10 10.30 + Amadei Angelo e Carlo, Brandolini Irene e Fabbri Adamo

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni (fino a Sabato) ore 16.55 S. Rosario

ore 17.30 Via Crucis

Anno : B

Novembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 03

XXXI del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)

Lunedì 04 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)
Martedì 05 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)
Mercoledì 06 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”

Giovedì 07 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)
Venerdì 08 Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)
Sabato 09

Dedic. basilica Lateranense

Ore 7.30 (S. Paolo) : Partenza in processione verso il Santuario della B.V. della Consolazione recitando il S. Rosario.

Ore 8.00 (Santuario) : Celebrazione della S. Messa

Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)

Domenica 10

Dedicazione della chiesa di S. Paolo.

447mo anniversario della Dedicazione della chiesa di S. Paolo

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 11.00 (Piancaldoli) : Ritrovo annuale degli aderenti alla “Associazione don Orfeo” con S. Messa e assemblea.

1 – Da Domenica 27 ottobre è tornata l’ora solare . Fare attenzione ai cambi di orario delle celebrazioni liturgiche (S. Messa vespertina e S. Rosario anticipati di mezz’ora).

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 14,12-14 Lc 14,15-24 Lc 14,25-33 Lc 15,1-10 Lc 16,1-8a Gv 2,13+-22

Vivere il mistero – Al tempo di Gesù, i rabbini si ponevano la domanda su quale fosse il comandamento più grande e il mondo rabbinico era orientato verso il comandamento dell’amore di Dio, così come veniva recitato nella preghiera quotidiana dello Shemàch (Dt 6,2-6): «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dia con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do ti stiano fissi nel cuore» Meno interessante era il comando dell’amore dell’ebreo verso gli altri ebrei: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore» (Lv 19,18). Per gli stranieri, che vivevano insieme agli ebrei, il comandamento era quasi dimenticato perché gli «stranieri» erano i dominatori romani: «Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,34). Gesù colloca al primo posto, come fondamento dell’agire morale, il comandamento dell’amore verso Dio, il prossimo e se stessi e lo fa diventare anche primo fondamento del culto. Sul comandamento dell’amore ci sono alcuni fraintendimenti che vanno chiariti. Il primo è quello di pensare che il comandamento dell’amore-agàpe riguardi solo la reazione che il credente deve avere con Dio e con il prossimo.  Non è così. Non si può, infatti, dimenticare che l’amore cristiano ha tre destinatari: Dio, il prossimo e se stessi. Mancando un sano amore verso se stessi non si è capaci di amare veramente il prossimo perché uno dipende dall’altro («Amerai il tuo prossimo come te stesso»). Se poi, si riflette, si comprende che l’amore ha una sorgente unica: l’io più profondo dell’uomo. Questo significa che i tre destinatari non sono disgiungibili. Non si può amare Dio e non amare gli altri o se stessi. Non si può amare il prossimo senza amare Dio e se stessi. Il secondo fraintendimento da chiarire è l’apparente opposizione tra amare se stessi e rinnegarsi, come Gesù aveva detto (Mc 8,34 «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»). Quando Gesù chiede al proprio discepolo di rinnegarsi, intende dire che il discepolo non deve pensare alla propria realizzazione secondo la logica degli uomini. Deve rinnegarsi, secondo la logica degli uomini. Ciò implica l’amarsi secondo Dio. Per riuscire ad amarsi secondo Dio, il discepolo è chiamato a imitare Cristo e imparare ad amarsi come Cristo ha saputo amare se stesso. Gesù Cristo ha amato se stesso, accogliendo fino in fondo la volontà del Padre. Il terzo fraintendimento nasce dal fatto che l’amore del prossimo è pensato come un comandamento che nasce solo e unicamente dalla buona volontà del credente. Anche in questo campo bisogna essere prudenti. Gesù inserisce il comandamento in un contesto di preghiera. Il primo comandamento enunciato dal Maestro non è altro che la citazione dello Shemàch la preghiera quotidiana del pio ebreo (Dt 4,6-7). Lo scriba, associando l’amore di Dio e del prossimo, afferma che l’amore è superiore agli atti sacrificati di culto. Gesù riprenderà il tema: prima il dialogo con il fratello, poi viene la presentazione dell’offerta (cf. Mt 5). «Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia li il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono»). Certamente amore e preghiera sono due cose diverse, ma nel pensiero neotestamentario sono profondamente congiunti. (don Renato de Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Il rito si conclude con un’ultima orazione presidenziale a scelta tra sette formulari, la benedizione e il congedo dell’assemblea. Certamente questa modalità sacramentale costituisce la novità rituale più importante dell’intero Rituale, che non trova alcun appoggio nella tradizione liturgica ma si tratta di un vero e proprio arricchimento. L’innovazione, comunque, appare ibrida e comporta solamente la prima parte dell’Ordo, cioè quella di una preparazione comunitaria immediata, e quella finale, con il ringraziamento comune e la benedizione, ma non del vero centro della celebrazione, ovvero quello della riconciliazione: infatti, ogni penitente, dopo la confessione segreta e individuale, deve ricevere individualmente e in privato anche l’assoluzione. Vi è dunque una ricaduta nella forma privatistica del sacramento, o forse una mancanza di coraggio, sminuendo quella celebrazione che avrebbe dovuto manifestare «più chiaramente la natura ecclesiale della penitenza» (RP 22). Per di più, questa seconda forma risulta troppo lunga e non raramente rimane inconclusa, nel senso che la celebrazione non termina quasi mai con il momento finale di lode e ringraziamento comune, ma ognuno lo compie privatamente e, poi, riservatamente si congeda. L’ultima forma sacramentale della Penitenza, la terza, porta il titolo di Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione generale (RP 60-63 e 64-66 per il rito abbreviato in caso d’urgenza o in pericolo di morte). È probabilmente la celebrazione del sacramento che rende – o dovrebbe rendere – ancora più visibile la dimensione ecclesiale del cammino di conversione, di penitenza e di riconciliazione. Pure qui ci troviamo di fronte a una coraggiosa riforma del Rito della Penitenza, perché, per questa terza modalità sacramentale, è prevista l’assoluzione in forma collettiva a più penitenti senza che sia preceduta dalla confessione individuale. Una novità attesa da molte parti ma allo stesso tempo o molto contrastata, o non adottata da tutte le Conferenze Episcopali, oppure quasi mai consentita dai vescovi nelle proprie diocesi. La severa disciplina con cui è accompagnata, cioè di ricorrere appena possibile alla confessione auricolare dei peccati gravi prima di ricevere nuovamente tale assoluzione e comunque entro un anno, e il carattere di eccezionalità di cui è rivestita, oltre al «pericolo di morte» è permessa solo per una situazione di «grave necessità», fanno di questa terza formula sicuramente quella più sofferta e poco utilizzata, in quanto poco realizzabile. Dal punto di vista rituale, questa terza forma celebrativa non si discosta dalla precedente se non nella parte centrale. (5 – continua)

Programma dal 26 ottobre al 3 novembre 2024

Letture: Geremia 31,7-9 / Salmo 125 / Ebrei 5,1-6

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Dal Vangelo secondo Marco (10,46-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».

Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».

Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.

Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 26

18.30

+ cg. Sabatino e Margherita, Primo e Vittorio

Domenica 27

10.30

18.00

+ Moroni Marcello

+ Settembrini Augusto e Ballardini Cesira

Lunedì 28

18.00

+ Cerfogli Elisa

Martedì 29

8.00

+ Montesi Natale

Mercoledì 30

   

Giovedì 31

18.00

+ Sangiorgi Gian Battista, Vittorina, Giacomo, Maria e Raimondo

Venerdì 01

   

Sabato 02

8.00

10.00

+ Elisa, Vincenzo e deff. fam. Biancoli e Penazzi (S. Paolo)

+ fam. Foschini, Capucci, Rabeggiani, Farolfi e Pacilli

+ Dovadola Ivano e Ruffini Armanda (Santuario)

Domenica 03

   

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

 

Anno : B

Ottobre – Novembre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 27

XXX del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 15.30 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”.

Ore 18.00 (oratorio) : “Octobeerfest” – Quartieri in festa

Lunedì 28

Ss. Simone e Giuda ap.

S. Messa ad orario feriale

Mercoledì 30

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”

Venerdì 01

Tutti i Santi

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario intero per tutti i defunti

Sabato 02

Commemorazione fedeli defunti

Ss. Messe alle ore 8.00 e 18.00 (S. Paolo) e

Ore 10.00 (Santuario)

Ore 15.00 (Santuario) : S. Messa (segue benedizione alle tombe)

Domenica 03

XXXI del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

1 – Da Domenica 27 ottobre torna l’ora solare . Fare attenzione ai cambi di orario delle celebrazioni liturgiche (S. Messa vespertina e S. Rosario anticipati di mezz’ora).

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :

 

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

 

Lc 6,12-19

Lc 13,18-21

Lc 13,22-30

Lc 13,31-35

Mt 5,1-12a

Mt 25,31-46

Vivere il mistero – Nel mondo ebraico dell’epoca di Gesù, la cecità era simbolo della mancanza di fede perché il cieco non poteva leggere la Torah e senza la conoscenza della Torah non ci poteva essere una fede come richiesta a un discepolo di Mosé. A Bartimeo Gesù non restituisce solo la vista, ma anche la capacità di credere. Questa è una delle chiavi principali per comprendere l’importanza della pericope di Bartimeo. Bartimeo è il modello della fatica cristiana nella fede. 0gni credente ha in sé la profonda aspirazione di poter incontrare il. Signore in modo proprio, personale, profondo. Ma il credente molto spesso è «cieco»: non riesce a scorgere negli avvenimenti del vissuto quotidiano la presenza di Dio nella sua vita (forse non è stato educato a questo?). Purtroppo come per Bartimeo, chi sta vicino al credente diventa spesso un impedimento al superamento di quella cecità («Molti lo rimproveravano perché tacesse»). Ma chi sta vicino può diventare anche un aiuto ad avvicinarsi al Signore («Chiamarono il cieco, dicendogli: ” Coraggio! Alzati, ti chiama!»). Al credente spetta una cosa precisa: perseverare («egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!»). La perseveranza nella ricerca dell’incontro con Gesù premia, sempre. Un padre del deserto fece uno scherzo non proprio del tutto simpatico a un giovane monaco che intendeva cercare Dio, ma non lo trovava. Il vecchio a tradimento immerse il capo del giovane nell’acqua di un pozzo.  Il giovane monaco si agitò, scalciò, si dimenò. Poi, ovviamente, il vecchio lasciò andare la presa e al giovane monaco ansimante disse: «5e cerchi 6esù Cristo come in questi momenti cercavi l’aria per vivere, lo troverai».

Secondo diversi specialisti, il testo di Mc 10,46-52 potrebbe essere uno dei testi più arcaici che si trovano nei Vangelo di Marco. L’Evangelista deve averlo ricevuto dalla tradizione (orale?) e inserito nel suo Vangelo senza troppi ritocchi. La tradizione è stata custodita da una comunità dove il cieco guarito era conosciuto (ha custodito il nome perché poteva indicare la persona a chi ne chiedesse la testimonianza). L’arcaicità è data dagli aramaismi presenti nel testo e assenti negli altri due Sinottici: il nome Bartimeo e l’appellativo Rabbunì. La liturgia ha soppresso l’inizio di Mc 10,46 («E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme...») e ha aggiunto l’incipit classico «ln quel tempo». Il risultato non è tra i più felici perché viene messo sotto traccia il cammino di Gesù verso Gerusalemme (e verso il compimento del mistero pasquale) e, di conseguenza, la sequela di Bartimeo guarito dietro a Gesù perde il suo significato originario. Letterariamente il testo si presenta come un’unità compatta dove i personaggi scandiscono il racconto: la figura del cieco (Mc 10,46-47), l’intervento dei molti (Mc 10,48-50), la guarigione operata da Gesù (Mc 10,51-52). Il quadro storico in cui avviene il miracolo è il pellegrinaggio annuale a Gerusalemme. La gente che faceva il pellegrinaggio era tenuta a fare l’elemosina ai poveri che si trovavano lungo la strada. Bartimeo è «seduto lungo la strada per approfittare della situazione. Sente che c’è Gesù di Nàzaret e lo chiama. La folla che circonda Gesù è, probabilmente, la folla dei pellegrini. Bartimeo è un indiscreto prepotente, disturba troppo e viene zittito. Si tratta di un gesto di allontanamento simile a quello degli Apostoli nei confronti dei bambini che volevano avvicinare Gesù (Mc 10,13-16): il «piccolo» (il senza valore, il povero, il peccatore, ecc.) non deve disturbare e, perciò, non deve incontrare Gesù. L’invocazione di Bartimeo («Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me») è contemporaneamente un atto di fede messianico e una preghiera salmica fatta da uno che è consapevole di essere peccatore («abbi pietà di me»: cf. Sal 51,3). Gesù chiama colui che non può vederlo, per mezzo di chi vede, la folla. Il simbolismo è chiaro: Gesù chiama per mezzo dei credenti (che alle volte sono ostacolo e non ponte verso Dio) coloro che non credono. I verbi adoperati dalla folla per chiamare Bartimeo sono gli stessi adoperati da Gesù per dare coraggio ai discepoli in pericolo («Coraggio»: cf. Mc 6,50), per indicare il comando di guarigione sui malati («Alzati»: cf . Mc 2,9.11; 3,3; 9,27) o quello di risurrezione per i morti («Alzati»»: cf, Mc 5,41). Bartimeo reagisce. Gettare via il mantello, che simboleggia nel mondo orientale lo status-sociale e la vita stessa dichi lo porta, equivale a gettar via l’umanità vecchia, la vecchia vita. La guarigione del cieco è molto di più della guarigione terapeutica: è segno di una salvezza donata (da Gesù) e accolta (dal cieco). La fede lo ha salvato. La guarigione che gli permette di vedere, perciò, indica – la lettura è sempre a livello redazionale – la nuova capacità dell’ex-cieco di vedere in Gesù non solo il «benefattore» (Figlio di Davide) capace di guarirlo, ma anche il Rabbunì (Maestro che vince la morte) da seguire per la «strada». (don Renato de Zan)

La Solennità di Tutti i Santi– Il 13 maggio del 609 papa Bonifacio IV, con il consenso dell’imperatore Foca, trasformava il tempio pagano del Pantheon (dedicato a tutti gli dei) in chiesa cristiana. Il Papa la consacrava, la innalzava al rango di basilica e la dedicava a Maria e a tutti i martiri (la dicitura latina esatta sarebbe: S. Maria ad Martyres). Per diverso tempo il 13 maggio fu la festa in cui i cristiani ricordavano tutte quelle persone che erano state rese simili a Cristo con il martirio. Cessate le persecuzioni (e l’era dei martiri) nasceva un nuovo tipo di santità: l’imitazione di Cristo nella pratica eroica delle virtù evangeliche. Tale santità venne chiamata «confessione» e i santi che la vivevano «confessori». Nell’835, la festa assunse nuove caratteristiche e nuova data. La festa era preceduta dal digiuno. La comunità incominciò a ricordare accanto ai martiri anche i confessori. La data passò dal 13 maggio al 1° novembre. I santi non sono superuomini, ma persone che realizzano la loro umanità seguendo la via indicata da Cristo e sintetizzata nelle beatitudini (Vangelo: Mt 5,1-12a) che la liturgia propone come lettura evangelica per la solennità. Tutti coloro che hanno scelto di essere discepoli di Cristo «saranno simili» a Dio perché lo vedranno così come Egli è (cf. seconda lettura, 1Gv 3,2). Essi sono una moltitudine immensa che nessuno ha potuto, può o potrà contare (cf. prima lettura: Ap 7,9). (don Renato de Zan)

Programma dal 19 al 27 ottobre 2024

Letture: Isaia 53,10-11 / Salmo 32 / Ebrei 4,14-16

Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

 

 

Dal Vangelo secondo Marco (10,35-45)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Parola del Signore.

 

VITA ECCLESIALE

Sabato 19

   

Domenica 20

10.30

18.30

+ Biancoli Angelo e Penazzi Elettra (Anniv.)

+ Guadagnini Viarda e Rustichelli Elisabetta

Per Luca e Matteo e genitori (viventi)

+ Ada, Silvana, Domenico e Aldo

Lunedì 21

18.30

+ Antonio

Martedì 22

8.00

Secondo le intenzioni di Maria Teresa

+ Pikul Kazimier e Koziot Rudolf Wiktoria

+ Maria e Massimiliano Dirani

Per Pierpaolo (vivente)

Mercoledì 23

18.30

Clara e Andrea (viventi)

Giovedì 24

18.30

+ Dovadola Ivano, Monica, Silverio e Ruffini Armanda

+ Filippo e Santina Modanesi

Venerdì 25

8.00

+ Massari Anna

Sabato 26

   

Domenica 27

10.30

18.00

+ Moroni Marcello

+ Settembrini Augusto e Ballardini Cesira

Orario Confessioni Venerdì ore 10.0011.00 (don Pietro)

Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 17.1518.15 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30

Festivo : ore 10.30, 18.30

Tutti i giorni ore 17.55 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : B

Ottobre 2024

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 20

XXIX del T.O.

Inizio anno catechistico

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)

Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa con conferimento del Sacramento della Cresima per ministero del nostro vescovo mons. Giovanni Mosciatti.

Lunedì 21

Ore 20.45 (canonica) : Caritas parrocchiale

Martedì 22

S. Giovanni

Paolo II papa

S. Messa ad orario feriale

Mercoledì 23

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo”

Giovedì 24

Dedicazione della Cattedrale di Imola

Ore 20.30 (S. Cassiano) : Solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Mons. Giovanni Mosciatti

Venerdì 25

Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario

Domenica 27

XXX del T.O.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)

Ore 15.30 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”.

Ore 18.00 (oratorio) : “October fest” – Quartieri in festa

1 – Da Martedì 01 ottobre (per tutto il mese) in S. Paolo ore 17.55 S. Rosario (celebrato in forma più solenne)

2 – Da Domenica 27 ottobre torna l’ora solare . Fare attenzione ai cambi di orario delle celebrazioni liturgiche (S. Messa vespertina e S. Rosario anticipati di mezz’ora).

1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.

Alla scuola di Gesù :

 

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

 

Lc 12,13-21

Lc 12,35-38

Lc 12,39-48

Lc 12,49-53

Lc 12,54-59

Lc 13,1-9

Vivere il mistero – Di norma si sente dire che esistono sentimenti buoni e sentimenti cattivi. E un po’difficile dimostrare la validità di quest’affermazione, dal momento che nessuno riesce a «crearsi» un sentimento. I sentimenti compaiono nell’animo della persona senza che questa li crei. I sentimenti non ci sono nemici, ma sono un’energia che ci viene data e come tale va gestita; l’importante è indirizzarli. Vuoi essere accanto a Cristo? «È superbia!». «È presunzione!». No! È un sentimento che ha solo bisogno di essere indirizzato. Sii «come Lui», condividendo tutto ciò che Lui ha vissuto (bere il suo calice, essere «battezzati» come Lui). Vuoi essere il primo e il migliore? Impara a donarti nel servizio. Questa, in sintesi, la risposta del Vangelo in Mc 10,35-45. Andiamo per ordine. Ci sono, infatti, due tematiche da affrontare: il servizio e l’autorità. Per quanto riguarda il servizio, è bene notare come in certi strati della comunità cristiana s’indulge con frequenza alle definizioni, come se la vita spirituale si potesse ridurre a una ricetta. Per non cadere in questo facile inganno di ridurre tutto a «ideologia», come i farisei, Gesù in più occasioni ha cercato proprio di evitare le definizioni. Il suo criterio era chiaro: il discepolo imita il Maestro. Nella sua predicazione, a più riprese, Gesù ha affermato questo punto. Amatevi come io vi ho amato. Imparate da me che sono mite e umile di cuore. Vi ho dato l’esempio affinché come ho fatto io facciate anche voi. Anche sul tema del servizio, il Signore è stato chiarissimo: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore (diàkonos), e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo (doùlos) di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». E il concetto di «servizio»… è servito. Le parole del Maestro implicano sia l’imitazione di Cristo sia la condivisione con Lui di tutto ciò che ha vissuto. Inoltre, il servizio va rivolto sia ai cristiani («vostro servitore») sia a tutti («servo di tutti»). Nel primo caso il tema del servizio viene imperniato attorno al nome greco diakonia che indica primariamente, ma non esclusivamente, il servizio umile a qualunque necessità materiale o spirituale dell’altro (cf. At 6). Nel secondo caso il tema del servizio viene imperniato attorno al nome greco doulèia che indica, primariamente, ma non esclusivamente, il servizio cultuale. Servire il non-cristiano, infatti, è anche testimonianza-annuncio della Parola. Per quanto riguarda il tema dell’autorità, Gesù ha espresso un criterio chiaro: tra i cristiani non deve vigere il criterio che presiede la società sociale e politica (criterio che non viene presentato in modo positivo!): «Tra voi però non è cosi». Il criterio dell’autorità cristiana, anche in questo caso, è essere «come Lui»: il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire! Gesù fa la distinzione moderna tra potere (katakurièuo: dominare/ katexusiàzo’, opprimere) e autorità (drakonéo: servire) e manifesta chiaramente la preferenza per chi è «autorità», non per chi «ha» l’autorità. La letteratura petrina riprenderà il concetto di Gesù in 1 Pt 5,3: «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni (katakurièuontes: è lo stesso verbo adoperato nel. Vangelo!) delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge». (don Renato de Zan)

Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

La novità più rilevante di questa forma, ma sicuramente la più disattesa nella prassi, è l’invito, dopo il momento iniziale del rito riservato all’accoglienza del penitente, a proclamare la Parola di Dio, con una lettura fatta dal sacerdote oppure dal penitente, che può anche anticiparla nella preparazione immediata alla celebrazione. Seguono la confessione dei peccati, le parole di ammonimento e di esortazione del sacerdote, la proposta di un esercizio penitenziale e la sua accettazione come soddisfazione delle colpe commesse e per l’emendamento della vita. Il penitente è poi invitato a manifestare la propria contrizione recitando una delle nove formule proposte, delle quali l’atto di dolore è certamente la più conosciuta. Il sacerdote, tenendo stese le mani, o almeno la mano destra, sul capo del penitente, lo assolve con una formula dichiarativa, divisa in due parti: la prima è a carattere anamnetico; la seconda riprende alla lettera la parte conclusiva dell’antica formula assolutoria «Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e della Spirito Santo». Il ministro, pronunciando la seconda parte della formula, traccia un segno di croce e il penitente si segna. Il rito si conclude con un rendimento di grazie, scelto tra i cinque proposti, e con il congedo del penitente. La seconda forma sacramentale offerta dal Rituale riformato è il Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale (RP 48-59). Si tratta della modalità celebrativa che nelle dichiarate intenzioni dovrebbe mettere in più chiara luce la dimensione ecclesiale e comunitaria della penitenza: nella e per mezzo della Chiesa il penitente è riconciliato con Dio e con i fratelli. La prima parte della celebrazione è una vera e propria Liturgia della Parola, con i riti inziali, la proclamazione della Parola di Dio, l’omelia, l’esame di coscienza in silenzio o guidato. La seconda parte è costituita dal «rito della riconciliazione». Si comincia recitando una formula per la confessione generale dei peccati, stando in ginocchio o inchinandosi; poi, in piedi, segue una preghiera litanica o un canto; alla fine si recita il Padre nostro, che non si deve mai tralasciare, e una preghiera del ministro. A questo punto i confessori si distribuiscono nei luoghi predisposti per accogliere la confessione, fare una conveniente esortazione, imporre la soddisfazione e impartire subito l’assoluzione senza l’atto di contrizione del penitente. Terminate le confessioni dei singoli penitenti, il sacerdote che presiede la celebrazioni attorniato dagli altri sacerdoti ritornati in presbiterio, invita tutti al rendimento di grazie con un salmo, un inno o una preghiera litanica. [4 – continua]