Editoriale “Il Nostro S.Paolo” – ottobre 2023
Don Pietro Parroco
Tra non molti giorni vivremo le intense giornate della solennità di tutti i Santi e la commemorazione dei fedeli defunti. Quale occasione preziosa come questa per riflettere sulla nostra vita. Nella costituzione “Gaudium et spes” del concilio Vaticano secondo troviamo queste parole: “Il germe dell’eternità che (l’uomo) porta in sè irriducibile com’è alla sola materia, insorge contro la morte” (paragrafo 18) Questo “germe dell’eternità” non riguarda tanto la promessa fatta all’uomo da Dio di accedere, risorgendo con il Salvatore, alla gloria eterna del Regno, bensì invece di un vero e proprio “seme” principio attivo e fecondo, destinato a sbocciare, crescere e maturare in noi. Nella stessa costituzione si dice inoltre “…Quei valori, quali la dignità dell’uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre il Regno eterno ed universale che è regno di verità , di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace.” Quindi la nostra operosità in questa terra contribuisce a far maturare quel “regno eterno ed universale” che verrà consegnato dal Cristo al Padre di cui la Chiesa nel tempo ne è garante. Noi siamo chiamati ad essere “lievito” che fermenta la massa. I padri della chiesa a tal proposito scrivevano chiamando le nostre ceneri “polvere immortale e un seme di eternità (Giovanni Crisostomo e Basilio il grande) e Tertulliano: “la terra riceve i nostri corpi solo in deposito che ella non li consuma che per riprodurli”, che “non li ricopre che per serbarli al gran giorno della immortalità”. Cristo, come noi, nacque, morì e risorse; tutta la storia del Cristianesimo è un intreccio complesso di mortalità, immortalità, eternità, di questo appartenere al mondo senza essere del mondo, di questa vicenda nel tempo tuttavia e fuori del tempo e come recita il libro della Sapienza: “Si entra nella vita e se ne esce alla stessa maniera. Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito della sapienza. Cari fratelli e sorelle nel Signore, viviamo queste giornate con questi pensieri nel cuore, li dove Dio ha seminato l’eternità, perché nelle nostre opere buone sappiamo leggere i frutti di questo seme ora cresciuto e che ci porteremo con noi dopo aver concluso l’esperienza terrena.