Letture: Atti degli Apostoli 2,1-11 / Salmo 103 / Galati 5,16-25
Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.
Dal Vangelo secondo Giovanni (15,26-27.16,12-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
Sabato 18 | 18.30 | + Sangiorgi G. Battista |
Domenica 19 | 10.30
18.30 |
+ Alfonso, Alma, Maria e don Orfeo
Secondo le intenzioni di Maria Teresa |
Lunedì 20 | 18.30 | + Ines |
Martedì 21 | 8.00 | + Antonio |
Mercoledì 22 | ||
Giovedì 23 | ||
Venerdì 24 | 8.00 | + Dovadola Monica, Ivano, Silverio e Ruffini Armanda |
Sabato 25 | ||
Domenica 26 | 10.30
18.30 |
+ Berardi Francesco, Maria, Demo e Luigi
+ Toffanello Teresina |
Orario Confessioni Venerdì ore 10.00 – 11.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 17.15 – 18.15 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
Anno : B
Maggio 2024 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 19
Pentecoste |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
Lunedì 20
B.V. Maria Madre della Chiesa |
S. Messa ad orario feriale
Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. Ore 21.15 (canonica) : Caritas parrocchiale |
Martedì 21 | S. Messa ad orario feriale
Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
Mercoledì 22
S. Rida da Cascia |
S. Messa ad orario feriale.
(Dalle ore 9.00 alle 12.00 e dopo la S. Messa delle ore 18.30) benedizione delle rose nella memoria di S. Rita Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. Ore 21.00 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo” |
Giovedì 23 | Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
Venerdì 24 | Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario
Ore 20.30 (S. Paolo) : Processione con l’immagine della B. V. della Consolazione nel quartiere Bolognano. (vedi sotto) |
Sabato 25 | Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio.
Ore 19.30 (oratorio) : Incontro giovani famiglie |
Domenica 26
Ss.ma Trinità |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo)
Ore 15.00 (oratorio) : Intrattenimento con merenda a cui sono particolarmente invitati i “Giovani di una volta”. Ore 17.50 (S. Paolo) : S. Rosario del mese di maggio. |
Visita alle famiglie con benedizione
(dalle ore 15.00)
Lunedì 20 : C.so V. Veneto, via dei Lombardi,
p.za Mazzini, p.za Matteotti
La processione nel quartiere Bolognano
Partenza dalla Chiesa di S. Paolo, corso V. Veneto, p.za U. Ricci, via Martiri della Libertà, via Padre Costa, via Decorati al Valor Civile, via Fratelli Cervi, via Berardi, via Moro, via A. De Gasperi, (breve sosta davanti alla Caserma dei Carabinieri), via Togliatti, via Padre Costa, via Pertini, via Gramsci, via Risorgimento, p.za Marmirolo, via Ricci Signorini fino alla Chiesa di S. Paolo.
Alla scuola di Gesù : | ||||||
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato | |
Gv 19,25-34 | Mc 9,30-37 | Mc 9,38-40 | Mc 9,41-50 | Mc 10,1-12 | Mc 10, 13-16 |
Vivere il mistero – Nella sensibilità del quarto Vangelo la «verità» non si identifica con la logica supponente così cara al pensiero greco. Essa è sinonimo del più grande «amore» con il quale il Cristo ci ha amato sino alla fine e oltre ogni fine. Il Padre riversa dentro di noi il suo Spirito perché ci renda capaci di portare il «peso» di questa infinita ricerca di intimità che diventa radice di ogni autentica forma di solidarietà. Temprati da questo fuoco, sospinti da questa brezza, iniziamo e proseguiamo il nostro cammino di conversione, di crescita interiore, con la pazienza di chi conosce i propri limiti, ma con la perseveranza di chi ha già sperimentato la forza e la costanza di una presenza che mai si assenta. Come ricordava Gregorio Magno, il desiderio si amplia con il suo protrarsi perché l’attesa invece di spegnere non fa che approfondire il desiderio e la passione interiore di portare a compimento i piccoli passi di conversione che ogni giorno cerchiamo di compiere. Questo ci viene assicurato solennemente dalla Parola di Gesù il quale ci rassicura: «lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità». Ma è lo stesso Signore Gesù che, con misericordia materna, ci consola del fatto che egli conosce la debolezza delle nostre spalle tanto da sapere quanto e come non siamo «capaci di portarne il peso» La Chiesa, come pure ciascuno di noi, quali membra vive di un unico corpo ci troviamo sempre nella condizione degli apostoli. Dopo la risurrezione e l’ascensione i discepoli nel Cenacolo «insieme» diventano capaci di portare e di annunciare l’esperienza vissuta con il Signore Gesù. Efrem Siro, con la sua consueta penetrazione poetica, non esita a immaginare il collegio degli apostoli «come fiaccole pronte in attesa di essere illuminate dallo Spirito Santo per illuminare con il loro insegnamento l’intera creazione». Sprofondandosi nella contemplazione del mistero della Pentecoste nella sua omelia per questa luminosa solennità, il diacono Efrem ci aiuta a leggere l’icona di questa festa – in cui gli apostoli sono ordinatamente seduti in semicerchio – quale grembo che attende di essere fecondato e come «agricoltori che portano la semente nella falda del loro mantello in attesa di ricevere l’ordine di seminare». Non solo, li descrive anche «come marinai la cui barca è legata al porto del Figlio e che attendono di ricevere la brezza dello Spirito». Nella nostra esperienza quotidiana tutti noi sappiamo che senza il fuoco e senza il calore nulla può essere trasformato e nessun alimento può essere cotto. Se questo vale per le cose che la natura ci offre e che noi amiamo trasformare per rendere più nutrienti e gustose, vale altresì anche per noi stessi, per la nostra vita fatta di emozioni e sentimenti che «si oppongono a vicenda» (Gal 5,17). La Pentecoste è una trasformazione che implica tutta la persona e la rifonda in se stessa e in relazione con gli altri. L’apostolo Paolo lo esplicita in modo forte: «Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» (Gal 5,24-25). Con il dono pieno dello Spirito – secondo la promessa del Risorto – il fiore della Pasqua matura nel frutto della Pentecoste. Il suo profumo di gioia è percepibile come il primo covone che il popolo di Israele presentava al Tempio; come la Legge ormai scritta nei cuori del cui dono sul Sinai si fa oggi memoria nella Sinagoga e in virtù della quale ogni uomo è libero e restituito alla sua originale regalità al pari e secondo l’icona di Davide di cui i pii israeliti ricordano sempre oggi la nascita. Con la nostra disponibilità facciamo in modo che lo Spirito rinnovi la speranza e ci ridoni pienezza di vita. [p. M. D. Semeraro]
Spazi per la liturgia- La sede del celebrante (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
Il paragrafo delle Premesse del Messale dedicato specificatamente alla sede del celebrante viene introdotto proprio da un’affermazione preoccupata di darne una definizione attraverso la funzione che essa esercita: con la sua collocazione e fattura, la sede deve esprimere e manifestare niente più che «il compito che egli (il celebrante) ha di presiedere l’assemblea e di guidare la preghiera» (OGMR, n. 310). La natura e la forma della sede nell’aula ecclesiale, perciò, è precisamente in funzione della presidenza liturgica. Colui che, in forza dell’Ordine sacro, presiede l’assemblea è anche colui che insegna e offre il sacrificio, è colui che parla e agisce in nome di Cristo e con la sua autorità, perché – come ha sottolineato il Concilio – in colui che tiene la presidenza nella sinassi liturgica e nella preghiera è presente Gesù stesso (cf. SC 7). La sede, in se stessa, diventa un’icona di questa presenza di Cristo. Si tratta di una presenza diversa da quella manifestata dall’altare, dall’ambone e nei fedeli radunati nel suo nome, di cui fa parte pure colui che presiede. Infatti, la sede deve designare il presidente della celebrazione non solo come capo ma anche come parte integrante dell’assemblea che tutta intera celebra i misteri della salvezza. La Nota pastorale dei Vescovi italiani sull’adeguamento liturgico delle chiese ci offre un’efficace sintesi: «La sede è il luogo liturgico che esprime il ministero di colui che guida l’assemblea e presiede la celebrazione nella persona di Cristo, Capo e Pastore, e nella persona della Chiesa, suo Corpo». Torna, infine, alla mente quanto sant’Agostino ricordava ai suoi fedeli: «per voi io sono vescovo, con voi sono cristiano» (Sermo 340, 1): in colui che presiede si manifesta tanto il carattere ministeriale di Cristo Capo, ricevuto nell’ordinazione sacerdotale, quanto il carattere sacerdotale comune a tutti i battezzati, e quindi anche del presbitero. Ecco allora che il primo cambiamento della riforma liturgica lo notiamo subito nella nuova denominazione, che viene a sostituirne una divenuta evidentemente inadeguata alla sua natura: non si può e non si deve più parlare di «trono», perché la sua funzione primaria non è quella di rendere onore o di esaltare una dignità o autorità, come appunto avviene nei cerimoniali civili o nobiliari, ma piuttosto di «sede» o di «seggio» per la presidenza liturgica oppure di «cattedra», riservata questa esclusivamente al vescovo nella sua diocesi. Inoltre, per entrambi, cioè per la sede del vescovo e del presbitero, la rinuncia al trono è soprattutto nel «come» viene realizzata e si presenta: «si eviti ogni forma di trono» (OGMR, 310). (2 continua)