Programma dal 18 al 26 novembre 2023

Letture: Proverbi 31,10-13.19-20.30-31 / Salmo 127 / 1Tessalonicesi 5,1-6

Beato chi teme il Signore.

Dal Vangelo secondo Matteo (25,14-30)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:

«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.

Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.

Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.

Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.

Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Parola del Signore.

————————–

VITA ECCLESIALE

Sabato 18 18.00
  • Per una persona che chiede preghiere
Domenica 19 10.30

18.00

+ Alfonso, Alma, Maria e Peppino

+ Ranieri Giuseppe

+ Concetta, Maria, Antonio Fiore e fam- Montefusco

Lunedì 20 18.00 Secondo le intenzioni delle famiglie Capra e Lotrecchiano
Martedì 21 8.00 + Antonio, Alide, Emma e Dante

+ Parrottino Filomena, Vincenzo e figli defunti

Mercoledì 22 18.00 + Adriano castelli

+ Giuseppa

Giovedì 23 18.00 + Antonio
Venerdì 24 8.00 Dovadola Monica, Ivano, Silverio e Ruffini Armanda

+ Massari Anna

Sabato 25
Domenica 26 10.30

18.00

+ Deremo e Luciano

+ Marcello Moroni

Secondo le intenzioni di Maria Teresa e per i vivi e i defunti delle famiglie Dovadola e Ruffini

Orario Confessioni Sabato ore 11.0012.00 (don Pietro)

ore 16.4517.45 (don Pietro)

N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.

Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00

Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00

Festivo : ore 10.30, 18.00

Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (escluso venerdì)

Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario

Anno : A

Novembre 2023

LA VITA DELLA COMUNITA’

Domenica 19

XXXIII del T. Ord.

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (in S. Paolo)
Lunedì 20 Ore 20.45 (canonica) : Caritas parrocchiale
Martedì 21

Presentazione della B.V.Maria

S. Messa ad orario feriale
Mercoledì 22

S. Cecilia

S. Messa ad orario feriale

Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo”

Venerdì 24 Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e S. Rosario
Domenica 26

N. S. Gesù Cristo Re dell’universo

Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (in S. Paolo)

AIn sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di Imola, a sostegno della loro comunità che ci ricorda tutti nella preghiera.

Alla scuola di Gesù :
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Lc 18,35-43 Lc 19,1-10 Lc 19,11-28a Lc 19,41-44 Lc 19,45-48 Lc 20,27-40

Vivere il misteroLa liturgia in queste ultime domeniche proclama testi evangelici che toccano l’argomento delle cose ultime: «Al termine poi dell’Anno liturgico si sfocia con naturalezza nel tema escatologico, caratteristico delle ultime domeniche». Con la parabola dei talenti Vangelo, Gesù ritorna sullo stesso tema affrontato domenica scorsa con quello delle dieci vergini e invita a tradurre il «Vegliate» con l’impegno a operare, facendo maturare in crescita personale e in opere concrete il bene che Dio ha seminato nella persona. La parabola dei talenti (Mt 25,14-30) fa parte del discorso escatologico di Matteo (Mt.24,4-25,46). Mentre nella prima parte del discorso il Maestro intende parlare della fine del mondo (efficacemente rappresentata dalla prossima caduta di Gerusalemme), nella seconda Gesù intende spiegare il giudizio universale e i criteri divini che lo guidano. La parabola – che ha valore illustrativo – apre questa nuova tematica. Nel testo evangelico lungo ci sono espressioni che fanno pensare. Cosa voleva intendere Gesù quando dice: «Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha»? Un modo semplice di tradurre il concetto potrebbe essere il seguente: chi ha fede e ha vissuto secondo quanto la sua fede dettava, avrà il premio e l’avrà in abbondanza; a chi non si è mai interessato della fede… Gesù parla dell’inferno, quando dice: «E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti»? Certamente Gesù fa comprendere che esiste un atteggiamento dell’uomo che Dio approva e premia e un altro atteggiamento che Dio non approva, lasciando l’uomo al destino che egli stesso ha scelto. L’intenzione della liturgia, però, non è evidenziare queste due espressioni, ma piuttosto mettere in risalto il criterio della giustizia divina. Le parole del padrone sono identiche sia per chi ha riconsegnato quattro talenti, sia per chi ne ha riconsegnati dieci. Tutti e due hanno dato il massimo rispetto al loro punto di partenza. Ambedue hanno dato il doppio. Dio è giusto proprio perché adopera una «giustizia» adatta a ciascuno. Non c’è, dunque, la possibilità di «fare i furbi» con Dio. La giustizia proporzionale di Dio è fondamentale per comprendere come la parola «santità» vada compresa come una realtà alla quale tutti i cristiani sono chiamati. C’è, infine, da sottolineare come l’impostazione della parabola abbia una valenza profetica. Il padrone che se ne va e che ritorna «dopo molto tempo», è un personaggio che simbolizza il Signore Gesù che ascende al cielo e che ritorna alla fine del mondo come Figlio dell’Uomo, cioè come giudice degli uomini. (Don Renato De Zan)

Spazi per la liturgia- Il Tabernacolo (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)

Verso la fine del primo millennio comincia l’uso di porre la pisside eucaristica sopra l’altare, assieme alle reliquie dei santi. Così infatti ci ricorda Raterio, vescovo di Verona, quando nel 933 prescrive ai sacerdoti che sull’altare non si deve mettere niente, tranne le teche e le reliquie, o i quattro evangeli e i vasi o pissidi con il corpo e sangue del Signore per il viatico agli infermi. Spesso il contenitore dell’Eucaristia, di diversa forma o grandezza, veniva ricoperto di una seta a forma di tenda circolare, che poi darà il nome stesso di tabernacolo, cioè appunto «tenda» se detta in latino, o di conopeo, termine anch’esso che significa «tenda» se detta in greco. Ben presto pero la pisside, invece di essere coperta con la stoffa, verrà posta in una cassetta di legno, oppure di metallo, che molto spesso aveva il tetto piramidale e quasi sempre di modeste dimensioni e mobile: potremmo considerarlo il precursore del tabernacolo, come inteso oggi. Il Concilio Lateranense IV (1215) prescriverà che l’Eucaristia, come il crisma, fosse chiusa a chiave e ben sicura per timore che venisse sottratta e profanata. Guglielmo Durando, vescovo di Mende, negli ultimi anni del XIII secolo attesta che sopra la parte posteriore dell’altare, «super posteriori parte altaris», è collocata un’arca o «tabernacolo» in cui si custodisce la pisside con il Corpo di Cristo, nostra propiziazione (cf. Eb 9; Rm 3,25), e che viene chiamato propitiatorium, a imitazione del propiziatorio dell’Antico Testamento posto a coperchio dell’arca dell’Alleanza, considerata il luogo della presenza di Dio (cf. Es 25,17-22; Lv 16,2.14-15). Era questo un sistema di custodia assai diffuso anche in Italia nei secoli XIII-XIV. Altra consuetudine, a cominciare dall’XI secolo e diffusasi principalmente in Francia e in Inghilterra, meno in Italia, è quella di conservare l’Eucaristia in custodie a forma di colomba e sospese sopra l’altare. Come vaso simbolico era già in uso fin dal V secolo nei battisteri per contenere il crisma. Questa colomba eucaristica, di dimensioni pure qui modeste, recava sul dorso un coperchio a chiusura di un incavo, dentro il quale si poneva la pisside con le particole, e poggiava sopra un piatto appeso con catenelle alla cupola o alla volta del ciborio -quindi al cielo – oppure a lato dell’altare. Un velo bianco poteva coprire la colomba. [6 continua]

angelo

Amministratore del sito web parrocchiale.

Lascia un commento