Letture: Isaia 63,16b-17.19b / Salmo 79 / 1Corinzi 1,3-9
Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Parola del Signore.
Vivere il mistero– Vigilate! È la parola di Gesù con cui iniziamo questo tempo di Avvento. È l’ultima parola che Gesù lascia ai suoi discepoli e a tutti nel Vangelo di Marco nell’imminenza dei racconti della passione (Mc 13,37), prima del suo ingresso a Gerusalemme. È questa la parola che Gesù affida ai suoi discepoli per il tempo che essi dovranno vivere durante i «giorni duri» della sua passione (Mc 14,34.37.38), ma anche per tutto il tempo «dell’assenza dello sposo» dalla sua Pasqua fino al suo ritorno. «Vigilate» non è quindi una parola da conservare gelosamente perché torni utile in un lontano futuro ma è una parola che accompagna ogni passo della vita dei discepoli che camminano dietro il loro Maestro nel difficile tempo della passione e nel difficile tempo dell’assenza dello sposo, che è anche tempo dell’incontro, della perseveranza e della fedeltà. Questo grido di Gesù, che apre il tempo di Avvento, non è affermazione di una semplice assenza, ma indizio di una presenza nascosta nelle sere, nelle notti, all’aurora, nelle mattine dei giorni dell’uomo. Una presenza che può diventare incontro – appunto Avvento! – perché «ora- ci dice la liturgia dell’Avvento – egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ognitempo… perché lo accogliamo!». È l’annuncio di questa prima parola d’Avvento, che è anche l’ultima parola lasciata da Gesù ai suoi discepoli. Parola che crea incontri nel tempo dell’assenza, parola che annuncia: «Dio non è là, “egli viene”, atteso fino all’ultimo giorno, sorprendendo sempre i desideri che lo annunciano» (Mrchel De Certau). Ma in tutto questo noi non siamo i soli protagonisti. L’attesa non è unicamente uno sforzo umano. Isaia ci dice che la venuta di Dio va invocata: è un dono da ricevere che si fonda sulla fedeltà di un Dio che è Padre. (continua in ultima pagina)
VITA ECCLESIALE
Sabato 02 |
18.00 |
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Domenica 03 |
10.30 18.00 |
+ Alma. Alfonso, Maria e don Orfeo + Nicola Gorilla, Ivone Marinon, Ismini Mingardo e Maria Vittoria Orrù |
Lunedì 04 |
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Martedì 05 |
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Mercoledì 06 |
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Giovedì 07 |
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Venerdì 08 |
10.30 18.00 |
+ Ravaglia Domenico e Costa Paolina + Sasdelli Giustina e Franti Goffredo + Benfenati Maria in Brignani + Alberti Dantre, Irma e Vilma + Federica Borghi Per Gaia e Giovanni (viventi) |
Sabato 09 |
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Domenica 10 |
10.30 18.00 |
+ Angelo Mazzotti, Sangiorgi Maria Luisa, defunti delle famiglie Mazzotti e Sangiorgi e Capucci Armando + Carmelo Bertucci |
Orario Confessioni Venerdì ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 16.45 – 17.45 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00
Festivo : ore 10.30, 18.00
Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (ore 16.55 nei giorni della Novena)
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e Novena
N.B. Tutte le celebrazioni si possono seguire anche nel sito internet della parrocchia
Il catechismo in parrocchia è ripreso ad inizio ottobre.
Il catechismo in parrocchia resta sospeso fino a nuove disposizioni
Il catechismo in parrocchia resta sospeso fino a nuove disposizioni
Anno : B Dicembre 2023 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 03 I di Avvento |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo) Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa. – I bambini del catechismo accendono la prima candela di avvento. Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata |
Lunedì 04 |
Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata |
Martedì 05 |
Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata |
Mercoledì 06 |
Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata. Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo” |
Giovedì 07 |
Ore 17.30 (S. Paolo) : Novena dell’Immacolata. Ore 20.00 (oratorio) : Inizio adorazione eucaristica notturna che si protrae fino alle ore 7.00 del mattino. (Nel cartellone all’ingresso della chiesa si può dare la propria disponibilità riportando il proprio nome a fronte del tempo che si ritiene di poter disporre per l’adorazione). |
Venerdì 08 Immacolata Concezione |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo) Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa animata dai gruppi giovanili A.C. e AGESCI. Al termine, in piazza Matteotti, rito di affidamento della città al Cuore Immacolato di Maria |
Domenica 10 II di Avvento |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo) Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa. – I bambini del catechismo accendono la seconda candela di avvento. |
A – In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di Imola, a sostegno della loro comunità che ci ricorda tutti nella preghiera.
Importante –
Lunedì 11 dicembre Don Pietro celebra il 40° anniversario di Ordinazione sacerdotale che ricorderà nella S. Messa delle ore 10.30 di domenica 10 p.v.
Alla scuola di Gesù : |
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Lunedì |
Martedì |
Mercoledì |
Giovedì |
Venerdì |
Sabato |
Mt 8,5-11 |
Lc 10,21-24 |
Mt 15,29-37a |
Mt 7,21.24-27 |
Lc 1,26-38 |
Mt 9,35-38-10,1.6-8 |
(dalla prima pagina)
L’apostolo Paolo, d’altro canto, ci ricorda che solo il Signore ci può rendere «saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo». L’impegno della vigilanza nasce dal dono della fedeltà di Dio che è nostro padre, che non abbandona chi confida in lui. Solo se Dio squarcia i cieli – «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» – noi potremo essere vigilanti, per poterlo incontrare «alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino» nella passione del mondo, fino all’incontro con il Signore che viene! (padre M. Ferrari)
Spazi per la liturgia- Il Tabernacolo (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
Di fronte agli interventi di molti Sinodi per contenere e limitare il moltiplicarsi delle forme di pietà popolare verso l’Eucaristia, che spesso rasentavano la superstizione e l’esagerazione, le edicole divenivano una sorta di compromesso capace di contenere e insieme di soddisfare il mai sazio desiderio dei fedeli di vedere l’ostia consacrata, trasformando in questo modo il luogo della riserva eucaristica in una specie di esposizione permanente del Santissimo Sacramento. Dal principio del XVI secolo in poi, praticamente da pochi decenni prima del Concilio di Trento a quello del Vaticano II, è invalso l’uso di porre e fissare il tabernacolo sull’altare maggiore. Benché l’uso di collocare la riserva eucaristica sopra l’altare – come abbiamo annotato poco sopra – sia iniziato già alla fine del X secolo, non pare che tale prassi si fosse molto diffusa; lo stesso Durando nel descrivere il propiziatorio attesta che esso esisteva soltanto «in quibusdam ecclesiis». Promotori di un vero movimento per fare della mensa la sede stabile del tabernacolo furono due vescovi italiani: Matteo Giberti, vescovo di Verona (1524-1543), e Carlo Borromeo, vescovo di Milano (1563-1584). Il vescovo veronense quando costruì nella sua cattedrale un nuovo altare maggiore vi collocò al centro il tabernacolo e raccomandò di fare altrettanto in tutte le chiese della sua diocesi. Il tabernacolo doveva essere di legno oppure di un altro solido materiale, fissato stabilmente sull’altare, chiuso con una sicura serratura per evitare furti sacrileghi. L’esempio del Giberti, che godeva di un personale e grande prestigio, trovò presto una favorevole accoglienza in molte diocesi, specialmente in Italia, e prima fra tutte quella di Milano. San Carlo, infatti, dispose che nel Duomo la custodia eucaristica, fino ad allora conservata nella sacrestia, fosse collocata sopra l’altare maggiore e lui rese obbligatorio questo uso in tutta la diocesi. Sotto l’ispirazione milanese questi tabernacoli posti sopra l’altare, sempre più colossali ma senza baldacchino come nel Duomo di Milano, si moltiplicarono nel XVII secolo. L’iniziativa fu accolta favorevolmente anche nella Curia romana, tanto che il Rituale Romanum, promulgato nel 1614 da Paolo V, incoraggiò questa prassi che si diffuse rapidamente: «in tabernaculo inamovibili in media parte altaris posito et clave obserato» (Tit. V, Cap. I, n. 5). Tuttavia, nelle chiese cattedrali o di una certa importanza si trattava non dell’altare maggiore ma quello di qualche cappella absidale o laterale. Fuori d’Italia, questa sistemazione del tabernacolo sopra l’altare non trovò immediatamente larga diffusione, perché mancava una vera e propria normativa generale che ne imponesse l’obbligo, e solamente verso la metà del secolo XVIII divenne prassi universale, quando Benedetto XIV poteva appunto dichiararla, nella Costituzione Accepimus del 1746, «vigens disciplina». Occorrerà tuttavia attendere fino al 1863 per trovare un Decreto della Congregazione dei Riti che vietava ogni altra forma di custodia. Il barocco, poi, favorì questo modo di intendere e costruire il tabernacolo: esso viene fissato sopra l’altare maggiore, riccamente realizzato a forma di tempio o di chiesa, inserito in una vera e propria struttura architettonica, fatta di colonnine, marmi colorati e bronzi, e sviluppata al punto tale che l’altare stesso scompare in una grandiosa e sovrastante scenografia che esalti la presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Con una tale sistemazione, la riserva eucaristica viene ora concepita principalmente in funzione dell’adorazione. L’altare, a sua volta, perde la propria centralità e si presenta come una mensola allungata che fa da piedistallo portante per sostenere il tabernacolo inserito in una struttura-trono monumentale. [8 continua]