Letture: Giosué 24,1-2a.15-17.18b / Salmo 33 / Efesini 5,21-32
Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Dal Vangelo secondo Giovanni (6,60-69)
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
Sabato 24 | 18.30 | + Dovadola Monica, Iano, Silverio e Ruffini Armanda
25° di Matrimonio di: Lupo Ubaldo Di Caterina Maria Grazia |
Domenica 25 | 10.30 | + Marconi Ademara e deff. fam. Ghetti e Valenti
+ don Orfeo |
Lunedì 26 | 18.30 | + Morini Giada |
Martedì 27 | ||
Mercoledì 28 | ||
Giovedì 29 | 18.30 | + Montesi Natale |
Venerdì 30 | ||
Sabato 31 | 18.30 | + Antonio |
Domenica 01 | 10.30 | + Aldo Stanghellini e Dosi Luisa |
Orario Confessioni Venerdì ore 10.00 – 11.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 17.15 – 18.15 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni ore 17.50 S. Rosario (escluso venerdì)
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
Anno : B
Agosto – Settembre 2024 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 25
XXI del T.O. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo) |
Giovedì 29
Martirio di S. Giovanni B. |
S. Messa ad orario feriale. |
Venerdì 30 | Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario |
Domenica 01
XXII del T.O. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo) |
La festa della Ripresa (ovvero un invito alla partecipazione)
Continua la preparazione alla festa :
Giovedì 29 agosto, all’oratorio, a partire dalle ore 20.45 e sabato 31 agosto dalle 8.00 in poi… si continua con la preparazione delle strutture.
Chi può è invitato a dare il proprio contributo.
Sabato 7 settembre alle ore 19 inizia la “Festa della Ripresa”
Tutti gli appuntamenti della festa sono riportati nel volantino a parte.
1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.
Alla scuola di Gesù : | |||||||||||
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato | ||||||
Mt 23,13-22 | Mt 23,23-26 | Mt 23,27-32 | Mc 6,.17-29 | Mt 25,1-13 | Mt 25,14-30 |
Vivere il mistero – Con questa domenica termina la lettura del capitolo sesto di Giovanni. La riflessione del Maestro ruota attorno a una domanda: «Questo vi scandalizza?». Il discorso sapienziale sul pane di vita poteva anche essere accolto, ma la sensibilità degli Ebrei è rimasta «scioccata» quando Gesù ha affrontato il tema del mangiare la sua carne e bere e il suo sangue. Nella sua predicazione, il Maestro più volte ha proposto degli insegnamenti che hanno lasciato moltissime perplessità. Afferma che la vedova al tempio ha dato un obolo superiore a tutti gli oboli dati dai ricchi: erano solo più o meno 20 centesimi di euro («ln verità io vi dico: questa vedova, cosi povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri» (Mc 12,43). Dice con chiarezza che non è l’uomo per il sabato, ma il sabato per l’uomo («Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato»: (Mc 2,27). Propone se stesso come modello assoluto per imparare l’umiltà e la mitezza («Imparate da me, che sono mite e umile di cuore»: (Mt 11,29). Propone ancora se stesso come modello del comandamento supremo dell’amore («Come io ho amato voi, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri»: Gv 13,34). Presenta un samaritano come modello di prossimo («Va’ e anche tu fa’ così»: Lc 10,37). Proclama santo un ladro condannato a morte («ln verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso»: Lc23,43). Gli esempi si possono moltiplicare, ma il criterio è sempre uno: Gesù ha portato agli uomini la «bella novità» (euanghélion). L’ultima parte della discussione tra Gesù e i Giudei sul pane di vita viene identificata dall’esegesi in Gv 6,59-66 e la confessione di Pietro in Gv 6,67-71. La liturgia ha scelto di proclamare Gv 6,60-69, ponendo in evidenza l’antitesi tra i molti discepoli che non accettavano la parola «dura» di Gesù («Questa parola è dura» è un’espressione unica nella Bibbia) e i Dodici, rappresentati da Pietro, che accoglievano – pur con fatica (cf. Gv 6,61: «Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: “Questo vi scandalizza?”») – tutta la persona del Maestro e il suo insegnamento. Il testo evangelico è scandito dal rifiuto di «molti dei discepoli» (Gv 6,60), da una riflessione centrale (Gv 8,61-65), dall’abbandono di «molti dei discepoli» (Gv 6,66) e dalla provocazione di Gesù che ottiene come risposta l’atto di fede dei Dodici per bocca di Pietro (Gv 6,67-69). Due sono i punti focali: la riflessione centrale e la confessione di Pietro. Nella riflessione centrale Gesù prepara i suoi alle realtà di fede che possono destare incomprensione: Gesù ascenderà in cielo e lo Spirito di verità verrà su di loro. Per accogliere queste verità «scioccanti», è necessario credere. Al di fuori della fede non si possono né capire né cogliere. Al di fuori della fede ci può essere solo il tradimento (abbandonando il Maestro e tradendo se stessi). La confessione di Pietro è commovente. Con estrema chiarezza Gesù invita anche i Dodici ad andarsene, se ritengono che sia giusto così. La risposta di Pietro evidenzia che solo Gesù ha parole di vita eterna e in Lui opera la potenza divina della vita («tu sei il Santo di Dio»). (don Renato De Zan)
Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
In alcuni formulari del Confiteor recitati dal penitente, infatti, si trova un preciso inciso che richiama il suo orientamento verso l’altare. Inoltre, il penitente insieme al sacerdote si prostrava per terra di fronte all’altare per recitare i salmi penitenziali in modo da favorire ed esprimere la contrizione e prepararsi alla confessione dei peccati. Ciò conferma che la celebrazione sacramentale non solo doveva compiersi in chiesa ma che doveva avvenire anche coram sancto altari, davanti a un altare, probabilmente non più l’altare maggiore, ma uno di quelli situati nelle cappelle laterali con il ministro all’interno e separato da cancelli dal penitente. La terza fase della prassi sacramentale della penitenza comincia a formarsi dall’XI secolo ed è la cosiddetta penitenza privata. Questa volta però il termine «privata» indica ancora di più una dimensione puramente «privatistica» e «intimistica» della celebrazione del sacramento, e che d’ora in poi sarà comunemente e semplicemente chiamata confessione. Già nel secolo precedente si erano poste le condizioni per una nuova e ulteriore disciplina soprattutto con la decisa affermazione della prassi di una «confessione» privata e, soprattutto, con l’introduzione del momento della riconciliazione del penitente prima delle opere penitenziali, cioè semplicemente dopo l’accettazione di una leggera soddisfazione. L’atto della confessione dei peccati, di fatto, diventava il momento preponderante dell’intero sacramento ed era considerato come una nuova equivalenza per la soddisfazione, ora posticipata all’assoluzione. Per ricevere subito il perdono, dunque, era sufficiente la vergogna che ne derivava dall’accusa, il rossore che l’esprimeva, il senso di umiliazione che i penitenti erano condotti a provare anche attraverso le domande, le parole e le preghiere del sacerdote. Altri elementi, poi, concorrono al formarsi e diffondersi di questa nuova prassi. Il «ministero sacerdotale» diventa esclusivo nella celebrazione: solo il vescovo e il sacerdote potranno, d’ora in poi, (diversamente da alcune pratiche del passato) ascoltare le confessioni, imporre la penitenza, dare l’assoluzione e dunque rimettere i peccati, accompagnare con la preghiera e l’esempio di vita il cammino di conversione e riconciliazione dei fedeli. Il Concilio Lateranense IV (1215) prescrive a ogni fedele di confessarsi almeno una volta all’anno, come di comunicarsi almeno a Pasqua, e di farlo solo dal proprio curato; al confessore chiede di non violare il segreto e di interrogare diligentemente il penitente dei propri peccati (cf. Denzinger 812-814). Il Concilio Fiorentino (1439), facendo accettare agli Armeni un decreto sulla fede e sulla pratica sacramentale, a proposito della riconciliazione ratifica e rende magistero ufficiale della Chiesa cattolica i risultati della teologia scolastica, allora predominante. Gli atti del penitente (contrizione, confessione orale, soddisfazione che gli viene prevalentemente con l’orazione, il digiuno e l’elemosina) sono la «quasi materia» del sacramento e le parole di assoluzione, solo individuale, ne sono la «forma»; «ministro» è il sacerdote munito della debita facoltà; «effetto» del sacramento è l’assoluzione dei peccati (cf. Denzinger 1323). [8 continua]