Letture: 1Samuele 1,20-22.24-28 / Salmo 83 / 1Giovanni 3,1-2.21-24-10
Beato chi abita nella tua casa, Signore.
Dal Vangelo secondo Luca (2,41-52)
Dal Vangelo secondo Luca (2,41-52)
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
Sabato 28 |
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Domenica 29 |
10.30 |
+ Montesi Natale Def. fam. Franchini |
Lunedì 30 |
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Martedì 31 |
18.00 |
+Proni Domenico Per Vita (vivente) |
Mercoledì 01 |
18.00 |
+ Lullo Onofrio, Carolina e Domenico |
Giovedì 02 |
18.00 |
+ Preda Maria Teresa |
Venerdì 03 |
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Sabato 04 |
18.00 |
+ Ruffini Armanda, Dovadola Ivano, Monica, Silverio e per Dovadola Maria Teresa (vivente) |
Domenica 05 |
10.30 18.00 |
40° di Matrimonio di: Leta Pino Vilardo Maria Rosa Rizzi Luigi (detto Carlo) |
Orario Confessioni Venerdì ore 10.00 – 11.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 16.45 – 17.45 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00
Festivo : ore 10.30, 18.00
Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
Anno : C Dicembre – Gennaio 2025 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 29 Santa Famiglia |
UNICA S: MESSA ore 10.30 (S. Paolo) Ore 17.00 (S. Maria in Regola) : Inizio Apertura Anno Giubilare in diocesi. In pellegrinaggio si parte dalla chiesa percorrendo il centro storico di Imola per raggiungere la cattedrale dove sarà intronizzata la Croce giubilare. Ore 18.00 (Cattedrale) : Celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Mons. Giovanni Mosciatti e concelebrata da tutti i presbiteri della diocesi. |
Martedì 31 |
Unica S. Messa prefestiva ore 18.00 (No alle 8.00) Ore 23.00 (C.E. Maria Immacolata : Adorazione Eucaristica |
Mercoledì 01 Maria SS.ma Madre di Dio |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo) Ore 18.00 (S. Paolo) : S. Messa Solenne e canto del “Te Deum” di ringraziamento per l’anno trascorso |
Venerdì 03 Ss.mo Nome di Gesù |
Primo venerdì del mese – Comunione agli impediti Ore 8.45 – 12.00 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione eucaristica e S. Rosario. |
Sabato 04 |
Ore 7.30 (S. Paolo) : Partenza in processione verso il Santuario della B.V. della Consolazione recitando il S. Rosario. Ore 8.00 (Santuario) : Celebrazione della S. Messa |
Domenica 05 II dopo Natale |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo) |
1- Lunedì 6 gennaio
Festa parrocchiale della famiglia
Ore 10.30 (S. Paolo)– S. Messa
Ore 16.00 (oratorio) Festa con la tombola per le famiglie
1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di Imola.
1IMPORTANTE-
Domenica 29 dicembre
NON sarà celebrata la S. Messa delle ore 18.00
Alla scuola di Gesù : |
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Lunedì |
Martedì |
Mercoledì |
Giovedì |
Venerdì |
Sabato |
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Lc 2,36-40 |
Gv 1,1-18 |
Lc 2,16-21 |
Gv 1,19-28 |
Gv 1,29-34 |
Gv 1,35-42 |
Vivere il mistero – La contemplazione del mistero della famiglia di Gesù è un vero annuncio di gioia e di salvezza. La famiglia di Nàzaret è, infatti, così particolare perché segnata da una solitudine che sta alla base di una vera vita di comunione. Ciò che contempliamo nella famiglia di Nàzaret non è la mancanza dei sentimenti così necessari a ogni esperienza di famiglia non solo nei confronti dei figli, ma prima tutto tra i genitori. L’esperienza della famiglia in cui il Verbo fatto carne diventa un figlio della nostra umanità, ci fa percepire come i sentimenti più forti devono essere levigati dal rispetto assoluto per il cammino dell’altro in cui le parole, in realtà, sono rare. Di Giuseppe non ci viene tramandata una sola parola, neppure nel momento del ritrovamento di Gesù nel Tempio quando Maria riesce a confessare al figlio quanto erano stati «angosciati» (Lc 2,48). La risposta non suona certo un balsamo, anzi sembra quasi un pizzico di sale che trasforma quello che poteva sembrare un incidente in uno stile: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (2,49). Le prime parole di Gesù sono una domanda e non una risposta, né un’affermazione. Non conosciamo nulla dei primi balbettii del bambino Gesù mentre impara a camminare, a mangiare, a giocare. Non sappiamo quali siano state le prime parole pronunciate dal piccolo Gesù mentre è in braccio a sua madre o mentre gattona dietro a suo padre nella bottega di Nàzaret. Quando finalmente Gesù prende la parola su domanda esplicita di sua madre, sembra che siano i suoi genitori a dover dare una risposta e non il contrario. Così la prima paro[a uscita dalla bocca di Gesù che conosciamo sembra essere una sorta di protesta contro ogni angoscia che esprime la paura di perdere e di smarrire l’amore. Alla richiesta di comprensione dal cuore della madre: «Figlio, perché ci hai fatto questo?» (2,48), il Signore Gesù reagisce in modo inatteso che chiede una fiducia assoluta nel suo mistero di figlio di Dio. 0gni mistero è più grande del sentimento che genera o con cui lo circondiamo e questo vale in ogni relazione che non può mai ridursi alle nostre relazioni. La conclusione del testo suona come un primo piano dell’attitudine e dello stile propri del Signore Gesù il quale «scese dunque con Loro e venne a Nàzaret e stava Loro sottomesso» (2, 51). Nondimeno il Vangelo ci ricorda che la sottomissione non può generare relazioni sane se non passa attraverso una chiara presa di distanza. Questo il giovane Gesù lo fa quando prende una certa distanza dai suoi genitori e «rimase a Gerusalemme» (2,45). La famiglia che accoglie il Verbo è un luogo in cui si sanno accogliere le inevitabili separazioni che sono il necessario preludio alle necessarie identificazioni con la propria missione che fa tutt’uno con il mistero della propria persona. […]Quando il Vangelo ci parla di ciò che noi chiamiamo la «santa famiglia», ci racconta l’avventura umana di persone ricordate con il loro nome, il loro compito a servizio della vita dell’altro, la loro storia non sempre facile e non riconducibile ai soliti schemi. Se guardiamo l’icona della Natività siamo rapiti dalla solitudine e dalla pensosità che vi si respira, ma non manca certo la gioia sottile di chi sa che può contare sull’altro anche quando l’amore si fa separazione, differenza, fatica a capire i cammini imprevisti e le svolte inattese. Le nostre famiglie, come pure le nostre comunità di vario genere e grado, non sono mai un quadretto da appendere alla parete o da postare sui socialnetwork. Le nostre relazioni umane e persino le nostre umane solitudini hanno una loro dignità e una loro segreta e talora incomprensibile bellezza. La cosa più bella che questi giorni natalizi ci possono annunciare non è di sentire la diversità eccellente della famiglia in cui Gesù è cresciuto, ma il fatto che sia una condivisione di vita come le nostre: con tante domande e poche risposte. Pertanto una cosa può darci sempre la speranza di ritrovarci, la possibilità che ci è donata di poterci ritrovare – tutti e così come siamo messi – attorno a Gesù (cf. Mc 3,34) per essere la sua famiglia anche quando non ne avessimo più una. (don MichaelDavide Semeraro)
Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
Quando la sede viene utilizzata dal celebrante, nella seconda e terza forma rituale, contribuisce a mettere in più chiara luce la primaria natura ecclesiale e comunitaria del sacramento: «È sempre un atto della Chiesa la celebrazione di questo sacramento: con esso, la Chiesa proclama la sua fede, rende grazie a Dio per la libertà con cui Cristo ci ha liberati, offre la sua vita come sacrificio spirituale a lode della gloria di Dio e intanto affretta il passo incontro a Cristo Signore» (RP , Premesse n. 7) . L’ambone per la proclamazione della parola di Dio è un altro polo liturgico interessato alla celebrazione del sacramento, tanto nella forma individuale quanto in quella comunitaria. La Liturgia della Parola è il contesto celebrativo delle due forme comunitarie del Rito per la riconciliazione di più penitenti nel quale sono inserite la confessione e l’assoluzione, individuale o generale. Ma la lettura della sacra Scrittura è un elemento essenziale anche nella prima modalità rituale, quella più individuale, inserita all’inizio del rito stesso e fatta dal sacerdote o dal penitente, oppure almeno come preparazione al sacramento se non è possibile nel corso dello stesso (cf RP 17). Il principio e la motivazione vengono così formulate ancora nelle Premesse al Rito: «Il sacramento della Penitenza deve prendere l’avvio dall’ascolto della parola di Dio, perché proprio con la sua parola Dio chiama a penitenza, e porta alla vera conversione del cuore» (RP 24). «È infatti la parola di Dio che illumina il fedele a conoscere i suoi peccati, lo chiama alla conversione e gli infonde fiducia nella misericordia di Dio» (RP 17). Alla luce di queste importanti coordinate spaziali e simboliche, possiamo allora comprendere le quattro soluzioni proposte dal secondo documento della CEI per individuare i luoghi più adatti alla celebrazione del sacramento e alla collocazione delle sedi penitenziali stabili nell’aula liturgica, in particolare per gli edifici più antichi (cf AC 32). (13– continua)