Letture: 2Cronache 36,14-16.19-23 / Salmo 136 / Efesini 2,4-10
Signore, tu hai parole di vita eterna.
Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.
Dal Vangelo secondo Giovanni (3,14-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
Sabato 09 | 18.00 | + Berardi Francesco, Maria, Demo e Luigi |
Domenica 10 | 10.30
18.00 |
+ Vrenna Giuseppe e Scicchitano Teresa
+ Gagliardi Bruno e Resta Albertina + Mazzanti Antonio e per Monia (vivente) + Pia Mazzetti (anniv.) |
Lunedì 11 | ||
Martedì 12 | ||
Mercoledì 13 | 18.00 | + Monesi Gino |
Giovedì 14 | ||
Venerdì 15 | 20.30 | + Alfonso, Alma, Maria e don Orfeo |
Sabato 16 | 18.00 | + Mazzotti Angelo e Sangiorgi Maria Luisa e deff. fam. Mazzotti e Sangiorgi e Capucci Armando
+ Donata, Dino e Francesco |
Domenica 17 | 10.30 | + Sangiorgi Tomaso
+ Berardi Francesco, Maria, Demo e Luigi |
Orario Confessioni Venerdì ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 16.45 – 17.45 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì ore 8.00 Venerdì ore 2030
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00
Festivo : ore 10.30, 18.00
Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario (escluso venerdì e domenica)
Venerdì ore 17.00 Via Crucis
ore 17.30 Adorazione eucaristica e S. Rosario
Domenica ore 16.55 S. Rosario
ore 17.30 Via Crucis
Anno : B
Marzo 2024 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 10
IV di Quaresima. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)
Ore 10.30 (S. Paolo) : S. Messa durante la quale verrà conferito il mandato ai componenti del Consiglio Pastorale Parrocchiale Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis |
Lunedì 11 | Ore 20.45 (canonica) : Consiglio Pastorale Parrocchiale |
Mercoledì 13 | Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo” |
Giovedì 14 | Ore 20.45 (oratorio) : 2°Incontro fidanzati in preparazione al matrimonio. |
Venerdì 15
Astinenza |
Non c’è la S. Messa alle ore 8.00)
Ore 17.00 (S. Paolo) : Via Crucis Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario Ore 20.30 (S. Paolo) : 5a Stazione Quaresimale (Unica S. Messa in S. Paolo) |
Sabato 16 | Ore 16.15 (S. Paolo) : Particolare momento di riflessione in preparazione alla settimana santa |
Domenica 17
V di Quaresima |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)
Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis |
A – In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di Imola, a sostegno della loro comunità che ci ricorda tutti nella preghiera.
Visita alle famiglie con benedizione
11 mar. – 15 mar.
(dalle ore 15.00)
16 marzo
(mattino)
Lunedì 11 : Via Marchetti (pari)
Martedì 12 : Via Marchetti (dispari)
Mercoledì 13 : Vicolo Caponnetto
Giovedì 14 : Via Dini e Salvalai (dispari), Via Rossa
Venerdì 15 : Via Turati
Sabato 16 : Via della Libertà
Alla scuola di Gesù : | ||||||
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato | |
Gv 4,43-54 | Gv 5,1-16 | Gv 5,17-30 | Gv 5,31-47 | Gv 7,1-2.10. 25-30 | Gv 7,40-53 |
Vivere il mistero – L’evangelista Giovanni ci accompagna ancora e in un certo modo ci guida nel nostro cammino di conversione. Ormai oltre la metà del nostro cammino quaresimale, la liturgia ci mette direttamente sotto il mistero della croce per evitare di rallentare il passo verso la Pasqua. La liturgia orientale prevede, proprio a metà della Quaresima, una grande commemorazione della croce per aiutare i fedeli a essere ancora più generosi nel loro cammino ascetico. ln ogni modo a 0gnuno di noi si rivolge direttamente e personalmente la parola che il Signore Gesù rivolge «di notte» (Gv 3,2) a Nicodemo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (3,14-15). Potremmo definire questa domenica come «la domenica della fede». Infatti, il Signore Gesù al rabbi Nicodemo che vorrebbe disquisire «teologicamente», risponde riportandolo all’essenza e al fondamento di ogni possibile discorso teologico che si basa su questa realtà: «Dio, infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (3,16-17). In questa domenica la croce sembra sbarrarci la strada perché come Nicodemo decidiamo di fare un passo in più non solo nella conoscenza, ma nell’adesione. La condizione per procedere nel nostro cammino di conversione è accettare di lasciare che la «luce» disturbi le tenebre che sono in noi a cui siamo talora motto più affezionati di quanto siamo disposti ad ammettere. Il Signore continua a farsi vicino in ogni piega delta storia così che possiamo contemplare il suo amore premuroso in ogni scintilla di bene e in ogni grande dolore che segna e attraversa i cuori umani. Non siamo soli, il Signore ci è accanto con la sua sollecitudine che è balsamo per i nostri cuori, condivisione solidale del nostro dolore. Mentre Nicodemo cerca nella notte del suo smarrimento interiore alcune ragioni, il Signore Gesù gli chiede – e lo chiede a noi con lui – di fare un passo in più «verso la luce» (Gv 3,21). È come se fossimo invitati a fare un bilancio provvisorio del nostro cammino, tanto da chiederci in che misura i passi del nostro cuore stanno salendo «verso» Gerusalemme ove sarà «innalzato il Figlio dell’uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. (3,14-15) a condizione che accettiamo non solo di guardare verso di lui, ma di lasciarci guardare da lui. Lo sguardo del Crocifisso è più ardente di quello del serpente ed è capace di mettere a nudo la verità delle nostre disposizioni e delle nostre scelte diventando «giudizio» (3,19) a cui è impossibile, oltreché inutile, volersi sottrarre: «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce». Eppure, sembra proprio che lo sfondo di questa tenebra, che si radica nella fatica del nostro cuore ad accogliere il «giudizio» di Dio su tutto ciò che in noi contrasta con il suo disegno di amore e di benevolenza, sembra evidenziare ancora di più e ancora meglio «La straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù» (Ef 2,7). La croce è piantata al cuore della storia come un’antenna – una sorta di parabola spirituale – che permette di riprendere i contatti tra il cielo e la terra, tra Dio e l’uomo, tra ciascuno di noi e il Creatore e questo «per grazia» (2,5). Metà del cammino quaresimale è già atte nostre spalle e la croce già si staglia all’orizzonte del nostro esodo rinnovato non come l’ultima stazione di un viaggio disperato, ma come la porta che apre a un oltre che ci viene donato ed esige la nostra generosa accoglienza e il nostro audace coinvolgimento. (d. Renato De Zan)
Spazi per la liturgia- La sede del celebrante (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
Proprio rifacendosi al modello architettonico romano, e ancora prima persiano, dell’edificio basilicale ora adattato al culto cristiano, l’abside si prestò perfettamente ad accogliere a ridosso della parete semicircolare il seggio riservato al vescovo e, ai suoi lati, i banchi per i presbiteri e gli altri ministri, costituendo un vero e proprio «presbiterio» cioè una zona riservata ai presbiteri’. Sopra a esso, nel catino absidale, spesso si poteva ammirare l’immagine del Pantocrator, il Cristo glorioso seduto su un trono in mezzo agli apostoli e santi che tiene in una mano il libro e con l’altra esprime il gesto allocutorio, oppure quella dell’etimasìa, cioè la rappresentazione di un trono vuoto, alludendo alla presenza invisibile del Risorto, a volte con sopra il libro sacro oppure sormontato da una croce gemmata. La cattedra episcopale nelle antiche basiliche (IV-VI secolo), e poi anche nelle costruzioni successive, non era più mobile e di legno ma fissa e quasi sempre di pietra o marmo, arricchita con decorazioni o sculture o mosaici, adorna di drappi e rialzata da tre o più gradini affinché fosse visibile da tutti i fedeli radunati nella navata. In questa disposizione, dove l’abside è occupata dalla sede vescovile e dal presbiterio, l’altare era posto verso la navata principale, al centro del transetto o sotto la cupola in uno spazio proprio, mentre l’ambone era collocato il più delle volte da un lato all’inizio della stessa navata: clero e fedeli laici, dunque, erano rivolti entrambi verso i due più importanti poli della sinassi, specialmente eucaristica, vale a dire l’altare e l’ambone. Dalla presenza di questo seggio presidenziale del vescovo, chiamato da subito cathedra, prese il nome la chiesa centrale e più importante della città o di un territorio, detta appunto la cattedrale. La cattedra episcopale, quindi, non svolgeva solamente una funzione liturgica ma rappresentava il luogo e la sede da cui il vescovo esercitava il compito proprio di insegnare, presiedere e guidare la comunità a lui affidata. Le cattedre degli Apostoli e dei primi Vescovi, poi, venivano conservate con una particolare devozione, diventando simbolo permanente di una autorità e di un magistero superiore’. Eusebio, vescovo di Cesarea (+ 339), ricorda infatti che si venerava a Gerusalemme la cattedra di san Giacomo e ad Alessandria quella di san Marco (cf. Storia Ecclesiastica VII, 19; II, 16). (3 continua)