Letture: Siracide 35,15b-17.20-22a / Salmo 33 / 2 Timoteo 4,6-8.16-18
Il povero grida e il Signore lo ascolta.
Dal Vangelo secondo Luca (18,9-14)
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Parola del Signore
VITA ECCLESIALE
Sabato 22 | 18.30 | Secondo le intenzioni di Maria Teresa e per i malati
+ Adriano Castelli + Biancoli Angelo e Penazzi Elettra |
Domenica 23 | 10.30
18.30 |
+ Gagliardi Bruno e Resta Albertina
+ Amadei Angelo e Carlo, Brandolini Irene e Fabbri Adamo + Liverani Paola |
Lunedì 24 | 18.30 | + Dovadola Monica |
Martedì 25 | 8.00 | + Massari Anna |
Mercoledì 26 | 18.30 | Per le Anime del Purgatorio |
Giovedì 27 | 18.30 | + Dovadola Ivano, Monica, Silverio e Ruffini Armanda
+ Settembrini Augusto |
Venerdì 28 | 8.00 | + Luisi Giovanni, Orlacchio Angelina, Faccani Alessandro e Stefano |
Sabato 29 | 18.30 | + Montesi Natale |
Domenica 30 | 18.00 | + Liverani Paolo |
Orario Confessioni Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 17.15 – 18.15 (don Pietro)
Concordare con don Pietro eventuali esigenze rispettando rigorosamente le disposizioni di legge (distanziamento, mascherine ecc…)).
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.30
Festivo : ore 10.30, 18.30
Tutti i giorni (escluso il venerdì) ore 17.50 S. Rosario
Venerdì ore 17.30 Adorazione eucaristica
N.B. Tutte le celebrazioni sono aperte a tutti i fedeli e si possono seguire anche nel sito internet della parrocchia
LA VITA DELLA COMUNITA’
Anno : C
Ottobre 2022 |
Domenica 23
XXX del T. O. |
Giornata Missionaria Mondiale
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.30 (S. Paolo) Ore 17.00 (S. Cassiano) : Veglia missionaria e celebrazione (ore 18.00) della S. Messa |
Lunedì 24 | Ore 20.30 (S. Cassiano): Lectio Divina sui Cantieri di Betania |
Mercoledì 26 | Ore 20.45 (S. Paolo) : Prove del “Coro S. Paolo” |
Venerdì 28
Ss. Simone e Giuda apostoli |
S. Messa ad orario feriale
Ore 17.30 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica e S. Rosario |
Domenica 30
XXXI del T. O. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo) |
Gli orari e le celebrazioni delle festività dei Santi e fedeli defunti
Martedì 1 : Ss. Messe ore 10.30 e 18.00 (in S. Paolo)
Ore 20.30 (S. Paolo) S. Rosario intero per tutti i defunti
Mercoledì 2 : Ss. Messe ore 8.00 e 18.00 (in S. Paolo)
Ore 10.00 (Santuario
Ore 15.00 (Santuario) seguita dalla benedizione alle tombe.
Da Sabato 01 ottobre (per tutto il mese) in S. Paolo
ore 17.50 S. Rosario (celebrato in forma più solenne)
Attenzione. Da domenica 30 ottobre torna l’ora solare, pertanto le celebrazioni pomeridiane del S. Rosario e della S. Messa vespertina sono anticipate di mezz’ora
1 – In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di Imola che rappresentano un modo per sostenere nel bisogno materiale una comunità che instancabilmente prega per tutti noi.
Alla scuola di Gesù : | |||||
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato |
Lc 13,10-17 | Lc 13,18-21 | Lc 13,22-30 | Lc 13,31-35 | Lc 6,12-19 | Lc 14,1.7-11 |
Vivere il Mistero- La prima lettura descrive la preghiera in una maniera interessante e radicale, spiegando come Dio reagisce alle nostre orazioni e parlando di come funziona la preghiera stessa, come una forza quasi personificata. La seconda lettura è un brano di affettuosa confidenza in cui Paolo traccia, per il discepolo Timoteo, una stupenda sintesi della sua vita personale e apostolica. La vicinanza, che il Signore ha sempre mantenuto e manterrà con il suo apostolo, lo ha strappato «dalla bocca del leone» (2Tm 4,17) e gli sta preparando «la corona di giustizia» (v. 8). Il Vangelo presenta un’altra parabola sulla qualità della preghiera, mostrandola nell’impietoso confronto tra il fariseo e il pubblicano saliti al tempio per l’incontro con il Signore. L’odierna liturgia della Parola apre con alcuni versetti del Siracide, dedicati a come Dio vede la preghiera, che gli viene indirizzata, e i diversi personaggi degli oranti. Il Signore è un giudice che non fa preferenza di persone. L’imparzialità della sua giustizia, però, non si traduce nella freddezza distributiva di un «a tutti la stessa cosa». Per il Signore ai primi posti vengono «il povero», «l’oppresso», «l’orfano», «la vedova». Dio non è un personaggio freddo e formale, che applica la sua giustizia senza farsi condizionare dalla situazione delle persone. Le preghiere degli svantaggiati hanno per lui un rilievo speciale. Egli non fa preferenze proprio perché non rispetta le gerarchie mondane, create dalla cultura, ma, al contrario, le annulla e mette al primo posto i deboli. Egli non si formalizza interessandosi agli aspetti espressivi o stilistici, ma non trascura «la vedova, quando si sfoga nel lamento» (Sir 35,17). Lo sfogo, proprio perché viene dal cuore senza particolari mediazioni, sembra valere di più di una preghiera elegante, meditata, formulata con grazia, teologicamente equilibrata e perfetta. L’Evangelista offre già prima del racconto parabolico la chiave della sua interpretazione: «Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri». Il tema posto sul tavolo non è dunque semplicemente la preghiera, ma piuttosto la questione dei rapporti fra orazione, senso di sé e valutazione sugli altri. La varietà e la ricchezza delle cose che il fariseo può dire nella preghiera non serve molto. Probabilmente è vero che quest’uomo non è un ladro, un ingiusto, un adultero e che digiuna due volte alla settimana e paga le decime di tutto quello che possiede. Anche la sua forma di preghiera è tra le migliori: si tratta di un ringraziamento, che parte dalla riconoscenza per quanto ci circonda. Il pubblicano invece si affida alla supplica, che è la forma più immediata, spontanea e «naturale» di preghiera. Il verme, che sciupa i frutti di questa preghiera «perfetta», è l’atteggiamento altezzoso con cui il fariseo disprezza tutti gli altri, compreso il pubblicano che sta pregando nel tempio accanto a lui. In se stesso, invece, non trova nessuna negatività. Il pubblicano non guarda altri che se stesso e ricapitola tutto il suo atteggiamento nell’unica parola: «Pietà di me peccatore» (v. 13). I gesti mostrano la profondità del suo dire: non osa entrate troppo nel tempio, non alza gli occhi al cielo, si batte il petto incessantemente. La comparazione immaginata da Gesù, tra fariseo e pubblicano, mostra bene che l’elemento decisivo non è dato da tecniche speciali particolari di orazione o da sentimenti soggettivi, bensì dalla realtà dell’atteggiamento più intimo e profondo della persona orante. La preghiera non è fatta di tecniche, ma ha la sua forza nel vissuto reale della persona. Non è un caso che l’istruzione decisiva di Gesù per iniziare la preghiera sia «Quando vi mettete a, pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe». Non sono le parole scelte e non è l’autocomprensione superficiale a determinare la qualità della preghiera, ma soltanto la realtà di un’identità profonda. La presunzione potrebbe avere un effetto disastroso e distruttivo. L’ultima solenne affermazione di Gesù mostra l’importanza della preghiera che consiste nella sua possibilità di trasformare la persona: «Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato». La preghiera ha conferito al pubblicano la giustizia che, in quanto peccatore, certamente non aveva. In forza della sua preghiera, egli è diventato come Abramo che, guardando le stelle e pensando al numero dei suoi figli futuri, «credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia». Le parole conclusive – «Chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» – sono un drastico e sano ammonimento ad avere il coraggio di identificarci con il pubblicano, abbandonando un giudizio improduttivamente positivo su noi stessi e a prendere sul serio il rischio delle proprie incompiutezze. Solo una tale preghiera può acquisire una dirompente forza reale, capace di operare prodigi a vantaggio della nostra vera identità profonda. (don Ermenegildo Manicardi)