Letture: Deuteronomio 6,2-6 / Salmo 17 / Ebrei 7,23-28
Ti amo, Signore, mia forza.
Dal Vangelo secondo Marco (12,28b-34)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Parola del Signore.
VITA ECCLESIALE
Sabato 02 | 8.00
10.00 15.00 18.00 |
+ Elisa, Vincenzo e deff. fam. Biancoli e Penazzi (S. Paolo)
+ fam. Foschini, Capucci, Rabeggiani, Farolfi e Pacilli + Dovadola Ivano e Ruffini Armanda (Santuario) Per tutti i defunti (Santuario) + Preda Maria Teresa (S. Paolo) |
Domenica 03 | 10.00
18.00 |
Pro populo
+ Facchini Franca e Lanzoni Marta |
Lunedì 04 | 9.30
18.00 |
Per i defunti di tutte le guerre
+ Carmela, Vincenzo, Leonina e Giuseppe |
Martedì 05 | 8.00 | + Luigi Rizzi (detto Carlo) |
Mercoledì 06 | ||
Giovedì 07 | 18.00 | + Stefano Gattucci (anniv.) |
Venerdì 08 | ||
Sabato 09 | ||
Domenica 10 | 10.30 | + Amadei Angelo e Carlo, Brandolini Irene e Fabbri Adamo |
Orario Confessioni Venerdì ore 10.00 – 11.00 (don Pietro)
Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 16.45 – 17.45 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00
Festivo : ore 10.30, 18.00
Tutti i giorni (fino a Sabato) ore 16.55 S. Rosario
ore 17.30 Via Crucis
Anno : B
Novembre 2024 |
LA VITA DELLA COMUNITA’
Domenica 03
XXXI del T.O. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo)
Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti) |
Lunedì 04 | Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti) |
Martedì 05 | Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti) |
Mercoledì 06 | Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti)
Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro San Paolo” |
Giovedì 07 | Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti) |
Venerdì 08 | Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti) |
Sabato 09
Dedic. basilica Lateranense |
Ore 7.30 (S. Paolo) : Partenza in processione verso il Santuario della B.V. della Consolazione recitando il S. Rosario.
Ore 8.00 (Santuario) : Celebrazione della S. Messa Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti) |
Domenica 10
Dedicazione della chiesa di S. Paolo. |
447mo anniversario della Dedicazione della chiesa di S. Paolo
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo) Ore 11.00 (Piancaldoli) : Ritrovo annuale degli aderenti alla “Associazione don Orfeo” con S. Messa e assemblea. |
1 – Da Domenica 27 ottobre è tornata l’ora solare . Fare attenzione ai cambi di orario delle celebrazioni liturgiche (S. Messa vespertina e S. Rosario anticipati di mezz’ora).
1- In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di mola.
Alla scuola di Gesù : | |||||||||||
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato | ||||||
Lc 14,12-14 | Lc 14,15-24 | Lc 14,25-33 | Lc 15,1-10 | Lc 16,1-8a | Gv 2,13+-22 |
Vivere il mistero – Al tempo di Gesù, i rabbini si ponevano la domanda su quale fosse il comandamento più grande e il mondo rabbinico era orientato verso il comandamento dell’amore di Dio, così come veniva recitato nella preghiera quotidiana dello Shemàch (Dt 6,2-6): «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dia con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do ti stiano fissi nel cuore» Meno interessante era il comando dell’amore dell’ebreo verso gli altri ebrei: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore» (Lv 19,18). Per gli stranieri, che vivevano insieme agli ebrei, il comandamento era quasi dimenticato perché gli «stranieri» erano i dominatori romani: «Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,34). Gesù colloca al primo posto, come fondamento dell’agire morale, il comandamento dell’amore verso Dio, il prossimo e se stessi e lo fa diventare anche primo fondamento del culto. Sul comandamento dell’amore ci sono alcuni fraintendimenti che vanno chiariti. Il primo è quello di pensare che il comandamento dell’amore-agàpe riguardi solo la reazione che il credente deve avere con Dio e con il prossimo. Non è così. Non si può, infatti, dimenticare che l’amore cristiano ha tre destinatari: Dio, il prossimo e se stessi. Mancando un sano amore verso se stessi non si è capaci di amare veramente il prossimo perché uno dipende dall’altro («Amerai il tuo prossimo come te stesso»). Se poi, si riflette, si comprende che l’amore ha una sorgente unica: l’io più profondo dell’uomo. Questo significa che i tre destinatari non sono disgiungibili. Non si può amare Dio e non amare gli altri o se stessi. Non si può amare il prossimo senza amare Dio e se stessi. Il secondo fraintendimento da chiarire è l’apparente opposizione tra amare se stessi e rinnegarsi, come Gesù aveva detto (Mc 8,34 «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»). Quando Gesù chiede al proprio discepolo di rinnegarsi, intende dire che il discepolo non deve pensare alla propria realizzazione secondo la logica degli uomini. Deve rinnegarsi, secondo la logica degli uomini. Ciò implica l’amarsi secondo Dio. Per riuscire ad amarsi secondo Dio, il discepolo è chiamato a imitare Cristo e imparare ad amarsi come Cristo ha saputo amare se stesso. Gesù Cristo ha amato se stesso, accogliendo fino in fondo la volontà del Padre. Il terzo fraintendimento nasce dal fatto che l’amore del prossimo è pensato come un comandamento che nasce solo e unicamente dalla buona volontà del credente. Anche in questo campo bisogna essere prudenti. Gesù inserisce il comandamento in un contesto di preghiera. Il primo comandamento enunciato dal Maestro non è altro che la citazione dello Shemàch la preghiera quotidiana del pio ebreo (Dt 4,6-7). Lo scriba, associando l’amore di Dio e del prossimo, afferma che l’amore è superiore agli atti sacrificati di culto. Gesù riprenderà il tema: prima il dialogo con il fratello, poi viene la presentazione dell’offerta (cf. Mt 5). «Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia li il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono»). Certamente amore e preghiera sono due cose diverse, ma nel pensiero neotestamentario sono profondamente congiunti. (don Renato de Zan)
Spazi per la liturgia- Uno spazio felice (seconda parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
Il rito si conclude con un’ultima orazione presidenziale a scelta tra sette formulari, la benedizione e il congedo dell’assemblea. Certamente questa modalità sacramentale costituisce la novità rituale più importante dell’intero Rituale, che non trova alcun appoggio nella tradizione liturgica ma si tratta di un vero e proprio arricchimento. L’innovazione, comunque, appare ibrida e comporta solamente la prima parte dell’Ordo, cioè quella di una preparazione comunitaria immediata, e quella finale, con il ringraziamento comune e la benedizione, ma non del vero centro della celebrazione, ovvero quello della riconciliazione: infatti, ogni penitente, dopo la confessione segreta e individuale, deve ricevere individualmente e in privato anche l’assoluzione. Vi è dunque una ricaduta nella forma privatistica del sacramento, o forse una mancanza di coraggio, sminuendo quella celebrazione che avrebbe dovuto manifestare «più chiaramente la natura ecclesiale della penitenza» (RP 22). Per di più, questa seconda forma risulta troppo lunga e non raramente rimane inconclusa, nel senso che la celebrazione non termina quasi mai con il momento finale di lode e ringraziamento comune, ma ognuno lo compie privatamente e, poi, riservatamente si congeda. L’ultima forma sacramentale della Penitenza, la terza, porta il titolo di Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione generale (RP 60-63 e 64-66 per il rito abbreviato in caso d’urgenza o in pericolo di morte). È probabilmente la celebrazione del sacramento che rende – o dovrebbe rendere – ancora più visibile la dimensione ecclesiale del cammino di conversione, di penitenza e di riconciliazione. Pure qui ci troviamo di fronte a una coraggiosa riforma del Rito della Penitenza, perché, per questa terza modalità sacramentale, è prevista l’assoluzione in forma collettiva a più penitenti senza che sia preceduta dalla confessione individuale. Una novità attesa da molte parti ma allo stesso tempo o molto contrastata, o non adottata da tutte le Conferenze Episcopali, oppure quasi mai consentita dai vescovi nelle proprie diocesi. La severa disciplina con cui è accompagnata, cioè di ricorrere appena possibile alla confessione auricolare dei peccati gravi prima di ricevere nuovamente tale assoluzione e comunque entro un anno, e il carattere di eccezionalità di cui è rivestita, oltre al «pericolo di morte» è permessa solo per una situazione di «grave necessità», fanno di questa terza formula sicuramente quella più sofferta e poco utilizzata, in quanto poco realizzabile. Dal punto di vista rituale, questa terza forma celebrativa non si discosta dalla precedente se non nella parte centrale. (5 – continua)