Letture: Esodo 22,20-26 / Salmo 17 / 1Tessalonicesi 1,5c-10
Ti amo, Signore, mia forza.
Dal Vangelo secondo Matteo (22,34-40)
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Parola del Signore.
Vivere il mistero– Al testo biblico di Mt 22,34-40 la liturgia aggiunge il solito incipit («In quel tempo»), sopprimendo l’originale «Allora». Ciò isola il brano da quello che lo precede, cioè l’episodio riguardante la risurrezione dei morti (la donna sposa di sette mariti) e l’episodio delle tasse a Cesare. Nel Vangelo di Matteo il testo di Mt 22,34-40 fa parte di una serie di diatribe che Gesù ha con i rappresentanti del giudaismo di allora. Il testo presuppone un’informazione: per molti rabbini del tempo di Gesù non c’era alcuna differenza tra i comandamenti. Tutti erano uguali e tutti dovevano essere rispettati allo stesso modo. La domanda dei farisei è presentata come una «tentazione» («metterlo alla prova», in greco peiràzo). Chiedergli «Qual è il più grande comandamento della legge?» equivaleva a chiedergli: da che parte stai, dalla parte dei sadducei (sicuramente no) o dalla parte dei farisei? La risposta di Gesù avrebbe svelato di quale corrente rabbinica il Maestro facesse parte. Se avesse risposto che non c’è un comandamento maggiore di un altro, avrebbe svelato le sue simpatie filo-farisaiche. Per i farisei, infatti, era considerato un oltraggio gerarchizzare i comandamenti in quanto tutti i comandamenti (più di seicento) avevano pari forza vincolante, pari dignità, pari valore. Se avesse dato una risposta positiva, Gesù si sarebbe posto sul filo di demarcazione tra ebraismo ed eresia. Dipendeva dall’articolazione della risposta. Gesù articolò la risposta citando due testi dell’Antico Testamento e fornendo due giudizi. Il primo testo è l’inizio dello Shemà (Dt 6,4) e il secondo è la conclusione del comandamento che proibisce la vendetta tra ebrei (Lv 19,18). Le due considerazioni riguardano la valutazione del secondo comandamento e i due comandamenti annunciati. Il secondo comandamento è «simile» al primo e, quindi, inseparabile dal primo: non si può amare Dio senza amare il prossimo e se stessi. Dalla fede, dunque, e dalla preghiera trae radici il comandamento dell’amore, non dalla nuda volontà. Il fondamento dell’amore cristiano trae la sua forza dall’imitazione di Cristo («Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri»: Gv 13,34). (Don Renato De Zan)
VITA ECCLESIALE
Sabato 28 |
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Domenica 29 |
10.30 18.00 |
+ Angelo, Carlo, Adamo e Irene + Montesi Natale |
Lunedì 30 |
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Martedì 31 |
8.00 18.00 |
+ Piccolo Biagio e fam. , Costanzo Antonio e fam. + Benfenati Anselmo + Sangiorgi Gian Battista, Giacomo, Vittorina, Maria e Raimondo |
Mercoledì 01 |
10.30 |
+ Francesco Marconi e deff. della famiglia |
Giovedì 02 |
8.00 10.00 15.00 |
+ Vincenzo, Elisa e deff. fam. Biancoli e Penazzi Deff. fam. Foschini, Capucci, Farolfi, Rabeggiani e Pacilli + Dovadola Ivano e Ruffini Armanda + Angela ed Ettore Mongardi e figli, Piera, Desiderio ed Emilio Tutti i defunti |
Venerdì 03 |
8.00 |
+ Facchini Franca e Lanzoni Marta |
Sabato 04 |
9.30 18.00 |
Per i caduti di tutte le guerre + Vincenzo Guida e Rocco Maria Carmela, Giuseppe e Vincenzo |
Domenica 05 |
Orario Confessioni Sabato ore 11.00 – 12.00 (don Pietro)
ore 16.45 – 17.45 (don Pietro)
N.B. Concordare con don Pietro eventuali esigenze.
Orario SS. Messe Feriale: Martedì e Venerdì ore 8.00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato ore 18.00
Festivo : ore 10.30, 18.00
Tutti i giorni ore 17.25 S. Rosario
(anticipato alle 16.55 [prima della Via Crucis] )
LA VITA DELLA COMUNITA’
Anno : A Ottobre – Novembre 2023 |
Domenica 29 XXX del T. Ord. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (in S. Paolo) Ore 16.00 (Circolo massese) : Festa degli anziani preparata dalla Caritas parrocchiale Ore 17.00 (oratorio) : “October fest” Quartieri in festa |
Martedì 31 |
Ore 20.30 (canonica) : Prove del “Coro S. Paolo” |
Mercoledì 01 Tutti i Santi |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (S. Paolo) Ore 20.30 (S. Paolo) : S. Rosario intero per tutti i defunti |
Giovedì 02 Commemorazione fedeli defunti |
Ss. Messe alle ore 8.00 e 18.00 (S. Paolo) e Ore 10.00 (Santuario) Ore 15.00 (Santuario) : S. Messa (segue benedizione alle tombe) |
Venerdì 03 |
Primo venerdì del mese – Comunione agli impediti Ore 8.45 – 12.00 (S. Paolo) : Adorazione Eucaristica Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti) |
Sabato 04 |
Primo sabato del mese Ore 7.30 (S. Paolo) : Partenza in processione verso il Santuario della B.V. della Consolazione recitando il S. Rosario. Ore 8.00 (Santuario) : Celebrazione della S. Messa Ore 9.30 (S. Paolo) : S. Messa per i caduti di tutte le guerre Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti) |
Domenica 05 XXXI del T.Ord. |
Ss. Messe alle ore 10.30 e 18.00 (in S. Paolo) Ore 17.30 (S. Paolo) : Via Crucis (ottavario dei defunti) |
1 – Mercoledì 1 novembre dalle ore 17.00 all’oratorio si svolge la “Festa dei Santi”.
(vedi programma a parte)
Attenzione. Da domenica 29 ottobre torna l’ora solare, pertanto le celebrazioni pomeridiane del S. Rosario e della S. Messa vespertina sono anticipate di mezz’ora
A – In sacrestia sono sempre disponibili le marmellate delle monache clarisse di Imola che rappresentano un modo per sostenere nel bisogno materiale una comunità che instancabilmente prega per tutti noi.
Alla scuola di Gesù : |
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Lunedì |
Martedì |
Mercoledì |
Giovedì |
Venerdì |
Sabato |
Lc 13,10-17 |
Lc 13,18-21 |
Mt 5,1-12a |
Mt 25,31-46 |
Lc 14,1-6 |
Lc 14,1.7-11 |
Spazi per la liturgia- Il Tabernacolo (prima parte) [continuazione] (di don D. Ravelli)
Nella storia della liturgia in 0ccidente, diversamente da quanto è accaduto per le Chiese orientali, si ebbe uno sviluppo continuo e progressivo del culto eucaristico fuori della Messa attraverso particolari forme rituali. Sino al secolo XI si mantenne la prassi di conservare, quasi in forma privata, nelle case dei fedeli e nelle sacrestie delle chiese le specie eucaristiche rimaste dopo la celebrazione, senza però che la venerazione ad esse riservata assumesse pratiche e rituali specifici. La situazione cominciò a subire un notevole cambiamento dal secolo XI, quando cioè si estese ovunque l’uso di conservare l’Eucaristia all’interno delle chiese e nel contempo si accrebbero verso di essa particolari segni rituali di onore e adorazione, come genuflessioni, incensazioni, accensione di lampade. ln breve tempo si venne a creare una sempre più precisa e abbondante ritualità, al punto tale da costituire, già nel secolo successivo, un vero e proprio «culto eucaristico» fuori della Messa. Il punto di svolta di questa evoluzione, avvenuta tra l’XI e XII secolo, coincide anche nella riflessione teologica con quella che allora fu detta questione della «presenza reale» di Cristo nell’Eucaristia, questione che alcuni secoli più tardi riemerse con il sorgere della controversia protestante. Mentre le incerte e negative posizioni di Berengario nell’XI secolo rimasero tutto sommato confinate nelle scuole teologiche, dividendole principalmente nel modo di intendere la presenza reale nell’Eucaristia, nel XVI secolo la controversia eucaristica assunse subito un carattere eretico perché implicava la negazione tanto del sacrificio di Cristo nella Messa quanto del perdurare della sua presenza reale nel Sacramento dopo la celebrazione. Le conseguenze furono diverse ma entrambe dirette a spostare l’attenzione dalla celebrazione all’adorazione, e quindi dall’altare al tabernacolo. Dalla lotta berengariana, quasi come reazione, si sviluppò verso l’Eucaristia una devozione fortemente «sensibile», cioè non ci si accontentava di percepire con la fede la realtà del corpo di Cristo, ma di esso si cercava un’esperienza sensibile, con quell’avidità del concreto e del tangibile tipica della cultura medioevale: sia nella Messa, sia nelle esposizioni eucaristiche e nelle processioni che nascono in questo tempo, si cerca, soprattutto nel «vedere» l’ostia, la presenza reale di Cristo, intesa come vera presenza fisica. Sebbene la forte ondata devozionale del tempo, nella quale non è assente una buona dose di esagerazione e superstizione, coinvolga tanto la Messa quanto le altre manifestazioni eucaristiche, senza creare ancora una vera divisione tra Messa e adorazione, tra altare e tabernacolo, le specie eucaristiche cominciano a diventare un «oggetto sacro» di culto quasi a sé stante, il «Corpo del Signore», per cui alla Messa non si fa la comunione ma vi si assiste, molto spesso solo materialmente, per vedere il miracolo eucaristico che si compie e per godere dei suoi frutti, pure qui più fisici che spirituali (longevità, guarigione, protezione, immunità da mali vari, ecc.), grazie che si possono ottenere ugualmente nel culto di adorazione fuori della celebrazione. Alle tesi di Lutero, che più di negare direttamente la presenza reale di Cristo negava fermamente la verità del sacrificio eucaristico e il perdurare della presenza reale dopo la comunione, la reazione teologica fu assai più decisa e ratificata dal Concilio di Trento in due sessioni, nella XIII sul «sacramento» dell’Eucaristia, in quanto si riceve, e nella XXII sul «sacrificio» della Messa, in quanto si offre. Le parole più entusiastiche del Concilio non vanno però all’Eucaristia come sacrificio e come partecipazione a esso con la comunione, ma al culto di adorazione del Sacramento. Nella pratica liturgica tale riflessione portò questa volta a un allontanamento sempre più marcato tra celebrazione e adorazione: la Messa portava primariamente all’adorazione e non tanto alla comunione, che del resto era fissata come obbligatoria solo una volta all’anno e quindi quasi mai prevista nel rito per i fedeli; la riserva eucaristica era infatti vista più in funzione dell’esposizione piuttosto che servire da comunione fuori della Messa, salvo il caso del Viatico. L’altare, in questo modo, ha perso la propria centralità nell’edificio liturgico per lasciare il posto al tabernacolo. Il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II ha riportato l’altare al centro della chiesa, la celebrazione eucaristica nel cuore del culto cristiano, in cui la partecipazione piena, consapevole e attiva dell’assemblea mostrasse ancora che la liturgia è «fonte e culmine» del la vita della Chiesa. [3 continua]