Natale 2021: tornare bambini per accoglierLo Bambino

Editoriale Il Nostro S.Paolo dicembre 2021

don Pietro Marchetti, parroco

Noi viviamo in una nazione dove si diventa sempre più anziani e dove ci sono  sempre meno bambini, non solo nei numeri anagrafici, ma anche nel cuore. Per questo Dio ci chiede di “tornare bambini”  e di accoglierLo Bambino.

Tornare bambini: loro non si stancano mai di cercare, non smettono di sperare, hanno lo sguardo limpido del cielo, vasto e profondo come l’oceano. Per loro la realtà è sempre “scoperta” e “meraviglia”, l’avventura è il modo di stare al mondo, il gioco è festa quotidiana di libertà, la fiducia è il segreto della loro energia. Non parlo di un bambino perfetto: lo siamo stati tutti e sappiamo dei nostri egoismi, dei capricci, dell’agire istintivo, piccoli peccati che hanno segnato la nostra vita. I bambini sono piccoli, indifesi, bisognosi di tutto, eppure sempre aperti alla vita, alle cose, agli altri, sempre con le porte e le finestre spalancate sul mondo senza muri. Quell’essere creatura, quell’essere figlio gli basta perché il bimbo è felice di esserlo e non chiede altro che amare ed essere amato. Solo Gesù indica questa strada “Se non ritornerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli “ (Mt.18,3).

La salvezza passa attraverso i bambini per la loro fiducia totale che è consegnare la propria vita nelle mani e nel cuore e nella mente della loro mamma e del loro papà. La salvezza passa per quell’attesa piena di speranza che segna il tempo della crescita; la salvezza passa attraverso il loro sguardo pieno di stupore e meraviglia rispetto a se stessi, agli altri e al mondo. La salvezza passa attraverso la sete di conoscenza: una curiosità fatta di domande a partire da quella decisiva: la domanda di bene, di bello e di vero che è l’impronta del Creatore nelle loro  anime. La salvezza passa attraverso la libertà dei bambini che è lo spazio e il tempo del gioco, la possibilità di creare mondi fantastici in cui ritrovano se stessi e gli altri. Solo l’orgoglio dell’uomo lo ha portato a pensare di poter passare da figlio a creatore: il peccato originale è il rifiuto del dono più grande: essere figli. Per questo avviene l’impensabile: Dio si fa figlio. Accogliere quindi Gesù nel Natale, vuol dire ritrovare il nostro essere figli, in quel bambino  che ci ricorda di non smettere mai di essere bambini. E se anche non lo siamo più anagraficamente, chiediamo al Signore di poterlo essere nel cuore, conservando quello stupore per il bello, il buono e il vero. Auguri di un Buon e Santo Natale, quel Gesù che nasce a Betlemme sotto Augusto, non è una favola, è storia, ma a differenza di tutte le altre storie, Egli si fa Salvezza: oggi come allora quel Bambino nasce per noi.    

E auguri di un Buon Anno 2022. 

Don Pietro parroco.

Santa PASQUA: più forte della morte è l’AMORE

don Pietro Marchetti, parroco

“Colui che conosce il mistero della Resurrezione conosce il senso delle cose, conosce il fine per il quale Dio fin da principio creò tutto” (S. Massimo il confessore).

Poniamoci un semplice domanda: perché Gesù è risorto da morte?

Potremmo rispondere: perché era Figlio di Dio. La risposta è vera, ma parziale; oppure che la resurrezione è il miracolo dei miracoli; anche questa è vera, ma insufficiente.

Nell’Antico Testamento la morte è indicata come il segno per eccellenza della fragilità umana, ma ciascuno porta dentro di sé il “senso dell’eterno” (Qoelet capitolo 3 versetto 11). Ogni essere umano trova senso nella misura in cui sa vivere dei gesti che restano nel tempo: ma tutto passa, se tutto finisce con la morte, che senso ha la nostra esistenza?

Qui entra in gioco la riflessione umanissima che ogni uomo e ogni donna fanno da sempre e in tutte le culture: vivere è amare. Quando diciamo a qualcuno “Ti amo” ciò equivale ad affermare: “Io voglio che tu viva per sempre”: la nostra vita trova senso solo nell’esperienza dell’amare e dell’essere amati, e tutti siamo alla ricerca di un amore con i tratti di eternità. Nel Cantico dei Cantici, l’amato dice all’amata: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore come sigillo sul tuo braccio perché forte come la morte è l’amore, tenace come l’inferno è lo slancio amoroso. Le sue vampe sono fiamme di fuoco, una fiamma del Signore” (Cantico dei Cantici cap. 8, versetti 6 e 7). Tenendo presente tale orizzonte allora ci domandiamo: perché Gesù è risorto da morte?

Leggendo nei Vangeli e nel Nuovo Testamento possiamo concludere che Gesù è risorto perché la sua vita è stata AGAPE, è stata amore vissuto per gli altri e per Dio fino all’estremo: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine” (Vangelo di Giovanni capitolo 13 versetto 1), quindi Gesù è stato risuscitato da Dio in risposta alla vita che ha vissuto, al suo modo di vivere nell’amore fino all’estremo; possiamo così dire che è stato il suo amore più forte della morte. Quindi se Gesù è stato l’amore, come poteva essere contenuto nella tomba? Dio risuscitando Gesù ha così dichiarato che Lui ha manifestato nell’amore tutto quello che Dio voleva far conoscere di sé all’uomo.

E’ significativo poi che Gesù sia apparso alle donne e ai discepoli, non trasfigurato, come sul monte Tabor, ma nelle vesti di un giardiniere, di un viandante, di un pescatore, cioè si è manifestato nello stesso modo con cui aveva vissuto la sua esistenza terrena nella quale aveva raccontato la possibilità dell’amore. Gli Apostoli poi racconteranno come davvero Dio in Gesù ha espresso quella forza dell’amore che è più forte della morte.

Quindi l’unico prezzo che il cristianesimo ci richiede per essere vissuto e compreso in profondità è quello dell’amore. Siamo chiamati ad immergerci nell’amore di Dio, quell’amore di cui regola e forma è l’amore di Cristo che ha speso giorno dopo giorno la sua vita per gli altri: in questo modo la nostra vita potrà avere un senso, una direzione, un sapore. Ecco perché quando siamo incapaci di sperare nella resurrezione, è perché in verità non crediamo che l’amore possa avere l’ultima parola: credere e sperare, la resurrezione è una questione d’amore, perché solo l’amore ha provocato la resurrezione di Gesù.

Più forte della morte è stato l’amore vissuto da Gesù Cristo: è questo che noi cristiani dovremmo annunciare, con umiltà e discrezione, a tutti gli uomini e le donne. Un cammino, nel quale si parta dal presupposto che l’amore è in grado di combattere la morte, fino a vincerla, certamente può interessare anche i non credenti; in questo modo la resurrezione di Gesù può parlare a tutti i nostri fratelli e sorelle inumanità.

Buona Pasqua a tutti.

Il numero completo del Bostro S.Paolo n 3 – maggio 2019

Vacanza sì…, ma non dello Spirito

Vacanza sì…, ma non dello Spirito

di don Alberto Baraccani, parroco di Fruges

Dire “tempo ordinario” potrebbe far pensare a un tempo di secondo ordine, meno importante. Non è così. E’ vero, si tratta di un periodo, questo, in cui si è portati a vivere in clima di riposo, di vacanze, di ferie…quindi, di meno impegno.
Pensare così è rischioso, poiché si “manda in vacanza” anche l’anima, con i suoi vari momenti di preghiera, di meditazione e di caritativa.
Questo periodo (o tempo) ordinario, composto di 34 settimane è destinato a tenere viva (specialmente nelle domeniche) la contemplazione amorosa e fedele della Chiesa “sposa” di Cristo che dirige tutta la sua Fede e il suo Amore al Signore risorto e asceso in cielo.
Il ciclo ordinario rappresenta la più antica celebrazione della Pasqua del Signore ed è anteriore alla formazione dei cicli “Quaresima – Pasqua” e “Avvento – Natale”.
La Domenica è, e rimane sempre, giorno della Pasqua, giorno fatto dal Signore.
Giorno di festa, che celebra l’incontro con il Risorto presente e vivo tra coloro che sono “convocati” nel suo nome, giorno al quale deve essere riservato sempre un particolare clima di gioia.
Allora sia lontana da noi la tentazione di prendere periodi più o meno lunghi di “ferie dello Spirito”. Anzi facciamo il possibile perché, in questo tempo di ferie o di vacanza, sia offerta all’anima la possibilità di ascolto più attento e silenzioso della Parola.
Continuino i momenti di Adorazione eucaristica. Sia curata la recita del Santo Rosario, ecc.
E’ vero che viviamo in un mondo in cui si è portati a far tutto di corsa… Allora questo sia un tempo di quiete, di respiro, oltre che fisico, anche spirituale, magari contemplando le bellezze del creato, per dire con S. Francesco e il nostro caro Papa nella sua ultima enciclica “Laudato sì mi Signore!”.

 

Editoriale da “il Nostro S.Paolo” di giugno 2015

Quaresima: tempo di grazia per la formazione del cuore

di don Pietro Marchetti, parroco

Con il mercoledì delle ceneri, i credenti , sacerdoti e laici, sono invitati dal Signore ad entrare in questo “tempo di Grazia” che è la Quaresima. Papa Francesco nel suo messaggio ci invita a viverlo come “un percorso di formazione del cuore” nel quale Dio si fa dono a ciascuno di noi prima ancora che noi ci facciamo dono ai fratelli “Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo (Prima Lettera di Giovanni cap. 4 versetto 19). Questo tempo di grazia ci possa condurre ad “avere un cuore misericordioso” , che “non significa avere un cuore debole”, ma invece chi vuole essere misericordioso “ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle.” Per cui ogni giorno innalziamo al Signore l’invocazione “Rendi il nostro cuore simile al Tuo”. Ma questa formazione del cuore, dove ci deve portare ? La meta ce la propone Papa Francesco: vincere l’indifferenza a partire da quella che è nel nostro cuore, per vincere quella presente nella nostra comunità e nella chiesa tutta. Il primo cuore che deve essere rinnovato è il nostro: “siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire”. Prima di tutto possiamo iniziare a pregare per queste situazioni, poi aiutare con gesti di carità, mostrando così interesse verso gli altri e le loro sofferenze che sono per noi un richiamo alla conversione, perché ci ricordano la fragilità della nostra vita e la nostra dipendenza dal Signore e dai fratelli. Iniziamo allora un percorso che ci apre ai fratelli, a partire da quelli della nostra comunità parrocchiale e della nostra città di Massa Lombarda. Un percorso che intende costruire la comunione tra di noi, vincendo l’indifferenza l’uno verso l’altro e non limitando i nostri rapporti a un fatto di utilità (cercare le persone solo quando abbiamo bisogno), imparando ad avere più stima gli uni degli altri, gioendo per quello che i nostri amici fanno per il bene della nostra comunità ed evitando ogni giudizio, critica, mormorazione o lamentela, aprendo di più il nostro cuore ai fratelli e sorelle che sono nella sofferenza, nel dolore e nella solitudine, vincendo con le opere di carità la terribile tentazione dell’indifferenza.
Non chiudiamoci dentro le mura della nostra comunità parrocchiale, ma apriamoci con gioia all’accoglienza delle tante persone che vengono a far parte della nostra comunità massese, e anche di quelli che partono (non solo i defunti….), facendo attenzione a ciò che accade sul nostro territorio, per essere solidali con chi è colpito dalla sventura e condividendo la gioia per i lieti eventi. Ogni giorno domandiamoci “dov’è tuo fratello ?” (Genesi cap. 4 versetto 9).
La nostra comunità parrocchiale divenga in questo tempo di Quaresima un “isola di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza”, come scrive Papa Francesco.
Cari massesi, entriamo in questo tempo di Quaresima facendoci lavare i piedi da Gesù, altrimenti non possiamo avere parte con Lui, e non solo i piedi, ma anche la testa e tutto il corpo. Lasciamoci allora lavare da Gesù ascoltandolo nella sua Parola ricevendolo con i sacramenti, soprattutto l’Eucarestia, affinché diventiamo un unico corpo, nel quale, quando un membro soffre, tutti soffrono con lui e quando un membro gioisce tutti gioiscono con lui. Buon percorso a tutti, davvero questo cammino ri-formi il nostro cuore.
Ricordiamoci che in parrocchia abbiamo due box-doccia…non lasciamoli inutilizzati, anche perché la bolletta dell’acqua della Misericordia, l’ha già pagata GESU’…..

(editoriale dal n.1 de Il Nostro S.Paolo, febbraio 2015)